MATA HARI A PALERMO : SPIA 0 DONNA TROPPO MOBILE?

MATA HARI A PALERMO : SPIA 0 DONNA TROPPO MOBILE? LUOGHICOMUM^ MATA HARI A PALERMO : SPIA 0 DONNA TROPPO MOBILE? Una tournée al Teatro Trianon «vista» da Sciascia GIORNALISTI, almeno nei primi decenni del secolo, collocati ai primissimi posti nella predisposizione al tradimento? Questo parrebbe emergere da discutibili valutazioni dei manuali del controspionaggio italiano che presagiva, per molti di essi, un possibile reclutamento da parte di qualche potenza straniera. E' interessante ripercorrere questo identikit dei potenziali traditori steso dai professionisti della sicurezza dell'epoca. Delinea una visione della realtà all'insegna del «mogli e buoi dai paesi tuoi». Fa emergere un mondo scandito da granitiche certezze; basta che una presenza sia stabile, o esplicitamente incasellabile in qualche ben definito copione sociale, e subito viene ritenuta sicura e affidabile. Al contralio ogni minuscola infrazione a questa marmo ciale, e subito viene ritenuta sicura escola infrazione a questa marmorea staticità - che impone di stare aggrappati ai luoghi nativi o di accettare come definitiva la propria collocazione sociale - suscita il massimo sospetto e scaglia ai vertici della lista delle spie potenziali. Lista dove i professionisti della stampa sono preceduti dalle sospette figure di «funzionari e rispettive famiglie residenti stabilmente all'estero per ragioni d'impiego». A queste presenze s'aggiungono, appena più sotto nella classifica della pericolosità, «coloro che si stabiliscono in un Paese estero con l'apparente plausibile motivo di studiare o di impratichirsi sul posto della lingua locale o di fare ricerche storiche o scientifiche» dove, «quell'apparente plausibile motivo» s'incastona, memorabile cammeo, nell'edificio della cultura del sospetto. Costruzione che, come una rete pazientemente tirata, avvolge a poco a poco ogni spicchio di realtà. In queste maghe finiscono ad esempio - marchiati anch'essi colpevolmente dal fatto di transitare spesso attraverso i confini di nazioni accostate - «le guide e i portatori alpini». Ma la gente che pratica i valichi di montagna nella predisposizione allo spionaggio è meno pericolosa di «preti e ascritti agli ordini monastici (uomini e donne)», gente che, poiché l'abito non fa il monaco, potrebbero secondo i cacciatori di spie prestarsi, nonostante le celesti attitudini, a chissà quali terrestri cospirazioni. Gli uomini del controspionaggio tengono d'occhio non solo coloro che si muovono tra i diversi Stati, ma, anche, le persone che dispiegano a livello professionale, e sociale, un'eccessiva mobilità (nei nostri anni forse parleremmo di «flessibihtà»). Spie potenziali sono dunque «coloro dei quali non risulta in modo ben chiaro la professione o che non hanno una posizione sociale ben determi- nata oppure che non si vede per quale scopo si trovino permanentemente fuori dal proprio Paese». E, ovviamente, nel mirino finiscono particolarmente le donne: specie quelle «che conducono vita molto agiata senza apparenti risorse e dimostrano grande passione per la vita di società e cercano di avere relazioni nelle classi più elevate e quelle dirigenti». Siamo arrivati - e non poteva essere diversamente date le premesse e il periodo in cui ci si muove - a Mata Hari. Vale a dire l'agente H21 ritenuta da ima corte marziale francese una spia al soldo dell'impero tedesco e quindi fucilata, il 15 ottobre 1917, da una squadra di fantaccini ai quali lei, la bella danzatrice che aveva incantato le platee di tutta Europa, manda l'ultimo bacio. Quella Mata Hari che l'Oxford English Dictionary continua a ritenere il «prototipo della spia seduttrice» strappa invece, nell'autorevole e non ancora tradotto in italiano Spy Book. The Encyclopedia of Espionage di Norman Polar e Thomas B. Alien, una sorta di assoluzione per non aver commesso il fatto. Vittima di una serie di equivoci e di pasticci in cui la nostra Margaretha Gertrud Zelle, vale a dire Mata Hari, è specialista sin da quando, lasciata l'Olanda dove è nata da madre giavanese sposata ad un bottegaio, raggiunge le Indie olandesi. Qui si sposa, mette al mondo due figli, divorzia (nel 1906), si dedica alla danza. Quando torna in Europa si spaccia per principessa orientale, incanta il pubblico di tutti i principali teatri proponendo danze che parrebbero derivare dal più antico e magico folklore della sua terra. Nonostante innegabili successi e concretissimi guadagni Mata Hari, che ormai viaggia verso i quarant'anni ma è sempre bellissima (come a quei tempi le signore non usavano ancora, a differenza di oggi, essere), comincia a conoscere qualche affanno che rende ancora più veloce il tourbillon con cui macina i suoi giorni. Un dinamismo che non può che inospettire gli occhiuti custodi della sicurezza nazionale dei Paesi che la donna attraversa avvolta in nuvole di pettegolezzi, leggende, versioni sempre ingigantite circa le sue relazioni, i suoi contatti. Un magistrale esercizio - applicato su Mata Hari - per distinguere il vero dal verosimile e la cronaca obiettiva dai miti frettolosamente allestiti è condotto da Leonardo Sciascia in un brevissimo scritto raccolto poi nel volumetto Cronachette. Lo scrittore siciliano, con caparbia puntigliosità, ripercorre le affermazioni circa il soggiorno palermitano della ballerina olandese nel 1913 di Sam Waagenaar, biografo della donna (in un testo pubblicato da Longanesi) nonché sceneggiatore del film che nel 1931 vede Greta Garbo, affiancata da Lionel Barrymore e da Ramon Novarro, nei panni della spia. Con pochi e decisivi interventi, supportati da una verifica di quanto aveva pubblicato la stampa palermitana in quei giorni del settembre 1913, Sciascia spazza il campo da illazioni circa autorevolissimi protettori che avrebbero sponsorizzato la tournée siciliana di Mata Hari. Ridimensiona la portata del successo degli spettacoli che si tennero al teatro Trianon, ricostruisce, in poche battute, quello che può essere stato l'andamento reale di tutta la vicenda: «Il Trianon fa pensare a un protettore di mezza tacca: uno di quei tanti baroni siciliani che allora sciamavano tra Parigi e Montecarlo... E c'è da immaginarsi le scene: l'incontro a Parigi, i costosi omaggi, le promesse grandiose, lei che firma il contratto credendo che il Trianon sia, se non un grande teatro, un teatro per raffinati...». E invece così non è visto che la fascinosa ballerina si vede, in quel le serate palermitane, affiancata al l'esibizione di «Fred Mazo e i suoi cani ammaestrati». E coinvolta nel «galop finale» di quella molto popò lare arena. E così Sciascia mette a nudo, partendo da Mata Hari e dal suo tragico destino di donna «troppo mobile», quello che è il meccanismo degli ingranaggi spionistici ( delle menti che li guidano: «Io ere do si muovano sempre - allora co me ora - in un giuoco delle parti, e ogni parte in giuoco doppio, di informazioni false ritenute vere e di informazioni vere ritenute false, e insomma in una specie di atroce nonsense». Del quale Mata Hari, pochi anni dopo Palermo, fa le spese. «Atroce nonsense» al quale sottolinea Sciascia nel suo scritto pubblicato nel 1985 - il nostro Paese, purtroppo, continua a dover sottostare. Allora come ora. Oreste del Buono Giorgio Boatti Margaretha Gertrud Zelle in arte Mata Hari, madre giavanese e padre olandese Testi citati Leonardo Sciascia Cronachette Sellerio 1985 Norman Polmar, Thomas B. Alien Spy Book. The Encyclopedia of Espionage Random House New York 1997 Ministero della Guerra Provvedimenti per prevenire lo spionaggio in tempo di pace Romo. 1926

Luoghi citati: Europa, Montecarlo, New York, Olanda, Palermo, Parigi