«Requiem per la mia Liguria»

«Requiem per la mia Liguria» Jl^pR!yrI$T&. LO SCRITTORE E LA RIVIERA «Requiem per la mia Liguria» Biamonti: rinasce soltanto d'inverno LBORDIGHERA A mia Liguria non c'è più». Il requiem di Francesco Biamonti arriva dalla sua casa di San Biagio della Cima, poco sopra Bordighera, approdo di profumi che salgono dal mare, palcoscenico di piccole storie, osservatorio puntato su rocche e ulivi, mimose e barche di pescatori. Una voce soffusa ma sempre più amara, disperata. Parlare di Liguria con Biamonti è quasi come avvicinarsi all'Apocalisse prossima ventura. Gli chiedi speranza, conferme e ricevi un implacabile atto di accusa e di riflessione su un mare che «era un gioco di luce» e che adesso sembra spegnersi. Lo scrittore di «Vento largo» e di «Le parole la notte» non usa mezze frasi, impugna il bi¬ sturi: «Siamo tutti prigionieri di qualcosa che c'era ed è stato cancellato, coperto dall'asfalto, dalle case, dagli alberghi. Era bellissima questa Riviera: dei poeti e del mare, dei pescatori e della luce. Mi chiedo che cosa cerchi e veda il turista arrivando da un'autostrada sempre più affollata, dalla giungla dell'Aurelia. Mi chiedo perché si accalchi nei week-end, si metta in coda nei giorni d'estate. La Liguria bisognerebbe guardarla dal mare, poterla scoprire o riscoprire d'inverno. Un privilegio che per me è una necessità, un obbligo. Altrimenti è la fine, neanche tanto annunciata». Il filo di fumo delle sigarette di Biamonti avvolge lentamente la casa e si perde fra i libri dei suoi sacri poeti francesi. Una nuvola che accompagna la radiografia di una terra piena di macchie nere. «E' l'asfalto sussurra lo scrittore - il nemico di questa costa. Una terra stretta, sospesa sul mare. Che è stata troppo ferocemente divorata, coperta dalle seconde case. Sono state una maledizione per noi, un flagello. Sanremo? Io la vedo come una prigione. Bordighera? Si sta sciogliendo. Rimane la luce, quella forse nessuno la potrà cancellare. La amavano gli inglesi, la adoravano gli stranieri». Ma è troppo poco, sussurra. «Non ho speranze e non dò speranze dice implacabile e un po' rassegnato, tagliente e amareggiato -. Non chiedetemi assoluzioni, vie d'uscita. Adesso tutti si proccupano della balneazione. Un termine che odio, quasi una parola di morte. Balneazione si è portata dietro le cabine, gli ombrelloni. Un'altra copertura, un telone messo su questa terra. Venite a vedere l'inverno, quando questo telone si alza, quando questo sipario si ritira...». Si esce nella stradina che si affaccia sulla sua casa, il cancello di ferro, le piante di mimose. «Quella che era la nostra civiltà - e Biamonti indica gli ulivi - è drammaticamente morta. Poteva essere un'ancora di salvezza. Anche i pescatori stanno scomparendo, vivono poco appagati dalla pensione. Il più bravo pescatore delle mie parti, adesso, è un ex chirurgo torinese. Ha buttato via la laurea, vive sulla barca, vende al mercato e ai ristoranti. Il resto è stato distrutto dal¬ la pesca a strascico. Un'economia uccisa, che non riesce ad alzare la testa». Implacabile anche con la Costa Azzzurra: «Forse dopo Cannes si trova ancora una traccia di quella terra - dice - ma prima è un'enorme teoria di case, di alberghi». Biamonti sfuma le parole guardando alla cronaca di oggi, a quel rivolo di sangue e di terrore che corre lungo tutta la sua costa. «Non c'è da stupirsi - conclude -. Anche questa storia, anche le tracce di questo misterioso assassino si inseriscono nel degrado, sono il suo più tragico sigillo. Il degrado delle cose che diventa il degrado dell'uomo. Ha vinto la legge del più forte, oggi e negli anni passati». Luigi Stigliano

Persone citate: Aurelia, Biamonti, Costa Azzzurra, Francesco Biamonti

Luoghi citati: Bordighera, Cannes, Liguria, San Biagio Della Cima, Sanremo