La rabbia sfila in corsia «Così cresce la confusione» di Fulvio Milone

La rabbia sfila in corsia «Così cresce la confusione» La rabbia sfila in corsia «Così cresce la confusione» TRA I PAZIENTI DI NAPOLI ■VNAPOLI ISTO da questo corridoio con il pavimento tirato a lucido e l'odore del disinfettante che gratta la gola, l'ennesimo giallo sul caso Di Bella assume i contorni dell'angoscia e della rabbia. Che cos'è questa storia della modifica dei protocolli del metodo inventato dal professore modenese? Significa che fino ad oggi non è stata somministrata ai pazienti la terapia giusta? Ma che razza di sperimentazione è quésta? Le domande che" si rincorrano nelle stanze del dolore, quelle in cui sono ricoverati i pazienti del reparto «Oncologia B» dell'istituto «Pascale» di Napoli, per ora non trovano risposta e non fanno che aggiungere confusione a confusione. E stizza, quella dei medici che vorrebbero indicazioni chiare e definitive sulla sperimentazione della terapia Di Bella, e invece dicono che questa storia sta segnando un otto settembre per la sanità italiana. L'esercito allo sbando, però, si ribella. Il primario di «Oncologia B», Cesare Gridelli, si sforza di dare un senso logico alle notizie contraddittorie e frammentarie che arrivano da Roma. Ma non ce la fa. «Non capisco. Questa storia di una eventuale modifica dei protocolli mi sembra una follia - dice -. Corriamo il rischio di aumentare il caos e le polemiche che già regnano sovrane su tutto il caso Di Bella». Confusione? «Proprio così. Se ho capito bene, si sta discutendo se introdurre o meno l'uso di alcune vitamine nei protocolli di cura. Ma c'è davvero qualcuno disposto a credere che una fiala di vitamina in più o in meno possa modi¬ ficare le condizioni di un paziente?». Gridelli chiede fermezza: «Che si continui così, senza esitazioni. Apportare modifiche alle terapie è sbagliato, sbagUatissimo. Lei non ha idea degli effetti devastanti che la mancanza di chiarezza può provocare nei pazienti. Il rischio è di ingenerare false speranze o gettare nella più cupa disperazione ammalati che hanno tutto il dMttpJ di trascorrere in pace quél che ' resta loro da vivere». Gridelli non è il solo a chiedere chiarezza. Un altro medico, Bruno Daniele, dice che tutto il caso Di Bella è cominciato male e sta continuando ancora peggio: «Le scelte non sono state fatte in base alle esigenze medico-scientifiche, ma alle pressioni dell'opinione pubblica, con l'unico risultato che l'Italia si è divisa in dibelliani e anti-dibelliani. Con questa premessa diventa perfino inutile discutere su questa o quella modifica dei protocolli». Misteri e colpi di scena, sbotta Gridelli, non possono nascondere una triste verità. Quale? «La sperimentazione sta andando male. Glielo dice uno che si è sempre sforzato di ragionare senza pregiudizi. Ma questa volta i dati parlano chiaro: su sei persone che hanno compiuto un mese di trattamento, quattro stanno peggio di prima; le condizioni degli altri due sono stazionarie. Si dice che gli ammalati curati con il metodo Di Bella registrano un aggravamento provvisorio della patologia, ma che poi migliorano. Ci credo poco». Nelle stanze del dolore, fra i volti segnati dalla stessa sofferenza, dalla paura della morte e dalla speranza della vita, le notizie sulle modifiche dei protocolli hanno l'effetto del sale su una ferita. Qualcuno attribuisce l'aggravamento delle proprie condizioni alla somministrazione non corretta di tutti i farmaci indicati da Di Bella, e torna a sperare in un domani migliore. «Se i protocolli non sono quelli prescritti dal professore, con che razza di terapia ci stanno curando?», si chiedono altri, smarriti nell'incertezza. Confusione, tanta confusione. Il professore Silvio Monfardini, componente del comitato guida della commissione oncologica e direttore scientifico del «Pascale», prova a mettere un po' d'ordine nel caos di questi giorni. «Ancora non so se saranno apportate modifiche a tutti i protocolli: per quanto mi risulta c'è solo un orientamento in questo senso - dice -. Voglio solo ricordare che il figlio del professore Di Bella ha partecipato alle riunioni del comitato senza mai fare obiezioni sostanziali sulle terapie da sperimentare». Monfardini ripete che non cambierebbe di una virgola i protocolli, perché le modifiche in discussione sono assolutamente ininfluenti rispetto ai componenti di base della terapia inventata da Di Bella. «Certo, se accadrà il contrario toccherà ai medici farsi carico delle reazioni dei pazienti - commenta -. Diranno di non essere stati curati a dovere, e noi dovremo spiegare ancora una volta che la terapia sarà sostanzialmente la stessa di prima». Fulvio Milone

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