«Tutti vorremmo revocarle »

«Tutti vorremmo revocarle » «Tutti vorremmo revocarle » i 'uomo che preparo la missione di Annan staffande mistura TORINO OTTOR Staffan de Mistura, lei ha diretto la missione preparatoria di Kofi Annan a Baghdad. A due mesi di distanza vede quell'accordo in pericolo? L'Iraq sta alzando la posta e lancia minacce se le sanzioni introdotte dopo l'invasione del Kuwait non verranno revocate. «No, c'è ancora la sensazione che mantenere in piedi l'accordo di Baghdad sia nell'interesse di tutti. Il braccio di ferro tra gli iracheni e l'America va letto come un gioco naturale delle parti. Siamo a un giro di boa e ci sono nuovi riposizionamenti. Gli iracheni l'hanno già fatto in altre occasioni. C'è una tendenza a drammatizzare, la smorzerei». Gli Stati Uniti accusano Baghdad di non cooperare con gli ispettori Onu per il disarmo, nonostante l'accordo. Il governo iracheno accusa gli ispettori delle Nazioni Unite di diffondere «falsità e menzogne». Non le sembra uno scenario sufficiente per una nuova, grave crisi? «Gli iracheni hanno accettato le ispezioni nei siti presidenziali senza limitazioni di spazio e soprattutto di tempo. Il capo dell'Unscom, Richard Butler, ha fatto capire che le ispezioni sono avvenute con indicazioni più che favorevoli. Il punto è un altro: mancano all'appello una serie di testate chimiche e batteriologiche di cui lo stesso Saddam Hussein aveva ammesso l'esistenza. Ora gli iracheni ribattono che sono già state distrutte e che i documenti in grado di confermarlo sono andati anch'essi distrutti durante una manifestazione pubblica. Spiegazione possibile, ma anche improba- bile. Servono prove definitive». Anche la notizia secondo la quale a partire da maggio il governo di Baghdad ridurrà le razioni di cibo per i 22 milioni di iracheni come conseguenza dell'embargo economico si inquadra nel gioco delle parti? «Direi di sì. Vorremmo tutti chiudere il tristissimo capitolo delle sanzioni e dei gravi danni che ha causato alla popolazione civile. E' forse il più duro embargo della storia recente. Da parte nostra abbiamo cercato di renderlo il più umano possibile facendo una sorta di operazione chirurgica». In quale modo? «Con l'operazione "Oil for food" abbiamo portato a 4,2 miliardi di dollari l'aiuto concreto destinato a quel Paese. Significa 3 milioni di tonnellate di cibo e di medicinali per la popolazione, distribuiti con il controllo di 151 operatori umanitari che si trovano sul posto. E' stato azzerato, insomma, il rischio di vedere quei soldi tradotti in altre armi per il regime». In quanto tempo si può sperare di vedere revocate le sanzioni? «Russia e Cina hanno posizioni chiare a favo¬ re di Baghdad. Usa e Gran Bretagna seguono una linea più dura. Lascio spazio alla diplomazia e al momento non mi pronuncio. Certo è che le indicazioni rimangono preoccupanti per la popolazione irachena. Tutti noi vorremmo che i tempi fossero brevissimi e che il suo calvario fosse ormai giunto al termine». Quale che sia la decisione dei Quindici, lei rimane dunque ottimista? «Se l'accordo siglato a febbraio verrà rispettato, alla fine del tunnel ci sarà la luce. Il Segretario generale è fiducioso, l'accordo reggerà per tre motivi: primo perché è un accordo scritto, secondo perché è stato lo stesso Saddam Hussein a firmarlo, terzo perché stavolta non ci sarebbe più spazio per la diplomazia. Due mesi fa si evitò la guerra in extremis, all'undicesima ora. Ora il margine sarebbe molto più stretto. E questo Saddam lo sa bene». Quale fu la chiave che portò al pieno successo la missione diplomatica? «Fu quella di esaminare la questione politica in termini psicologici. Mi spiego: per un uomo come Saddam, capoclan mediorientale, ossessionato dalla propria sicurezza, permettere alla "polizia" di entrare nei propri palazzi e frugare in camera da letto avrebbe significato non essere più rispettato dalle proprie guar die del corpo, dal proprio entourage. Sarebbe stato un uomo morto. Abbiamo così inserito nel gruppo degli ispettori venti diplomatici Un semplice tocco, ma è stato paradossalmente importante perché ha salvato la sua di gnità». Claudia Ferrerò «II nuovo braccio di ferro con gli Usa va letto come un gioco delle parti: l'accordo reggerà»

Persone citate: Annan, Kofi Annan, Richard Butler, Saddam Hussein, Staffan De Mistura