Van Gogh, i falsi vaganti

Van Gogh, i falsi vaganti giallo artistico. La denuncia di uno studioso che ha passato al setaccio il carteggio del pittore col fratello Van Gogh, i falsi vaganti «Sono più di cento, ecco le prove» A buttarla sul romanzesco, è facile immaginare il proprietario di una vecchia casa belga, francese o olandese, che presto, inseguendo un topo in soffitta, inciamperà tra ragnatele e ferrivecchi in un quadro di Van Gogh, impolverato e sconosciuto. Il presupposto di Antonio De Robertis, geometra milanese cinquantenne che al maestro olandese ha dedicato l'esistenza, tanto da essere considerato uno dei maggiori esperti a livello mondiale (è lui ad aver argomentato che erano falsi sia I 14 girasoli venduti nell'87 da Christie's per 70 miliardi ai giapponesi, sia i sei disegni messi in vendita nel '92 per 30 miliardi), sembra invece razionale. Dopo aver letto parola per parola le 668 lettere che Vincent scrisse fra l'agosto del 1872 e il luglio 1890 al fratello più giovane Theo, e partendo dal presupposto che il pittore confessava (e spesso descriveva dettagliatamente) ogni suo lavoro, ha calcolato che circa 450 opere non riconosciute di Van Gogh potrebbero essere tuttora in circolazione e che di 507 quadri a lui attribuiti l'artista nelle lettere non ha minimamente parlato. Tra questi, conclude De Robertis, si nascondono dunque numerosi falsi, probabilmente un centinaio. La tesi - che sarà pubblicata dalla autorevole rivista italiana Quadri & Sculture nel numero in edicola dal 1° maggio, e quindi discussa in un convegno alla National Gallery di Londra il 15 maggio - si fonda su un lavoro certosino, durato tre anni: l'epistolario (scritto in inglese, francese e tedesco, una delle letture più appassionanti dell'Ottocento) è stato letto tre volte. Sono stati inoltre annotati tutti i riferimenti a opere già eseguite (1730 fra quadri e disegni), escludendo le semplici intenzioni. Dispersioni e eventuali distruzioni sono possibili, nella tormentata esistenza di Van Gogh: il pittore regalò la maggior parte dei suoi quadri, molte le lasciò ai familiari, agli amici, ai pittori, ai mercanti o ai negozianti di colori perché non poteva pagare. «Il flusso della sua produzione artistica - spiega De Robertis - andò principalmente al fratello Theo, al quale era legato da un tacito contratto, e in misura minore agli altri parenti più prossimi, madre e sorelle, ai quali voleva lasciare un ricordo. Donò quadri e disegni anche ai modelli, cui spesso lasciava ritratti originali per riconoscenza, dopo averne eseguita una copia per sé e per il fratello, e agli amici pittori, con i quali amava fare scambi di opere». Basarsi così rigorosamente sulle lettere al fratello è però un metodo corretto? Il critico Achille Bonito Oliva è possibilista: «Anche una ricostruzione di questo tipo può essere valida, considerando i rapporti tra i fratelli Van Gogh: Vincent nutriva quasi un desiderio maniacale di descrivere ciò che faceva, e in Theo aveva, oltre che un interlocutore affettivo, il suo collezionista. Quello era un modo per tenerlo informato, per dimostrargli che nonostante la sua "bizzarria" aveva una continuità di lavoro, una disciplina. Però bisognerebbe verificare anche gli altri suoi scritti, sebbene l'epistolario sia una delle fonti principali». Più perplesso è Benoit Landais, critico francese che vive a Amsterdam e da anni studia Van Gogh: «Il lavoro di De Robertis è molto serio, ma l'argomentazione di base è debole: sicuramente ci sono molti falsi in circolazione, ma io preferisco parlare di opere d'arte che esistono, valutare quelle che ho di fronte». La maggior parte dei 450 quadri «sicuramente dispersi» (stando alle valutazioni di De Robertis) appartiene al primo periodo di attività del pittore, quello meno noto e qualitativamente me- no interessante. Dalle 507 accreditate a Van Gogh nel catalogo Hulsker, ma di cui l'artista non fa cenno nelle lettere, vanno escluse le 203 che si trovano nel museo di Amsterdam, che provengono dal fratello Theo e dunque sono certamente autentiche. E le altre 304? Fra di esse potrebbero annidarsi i falsi: opere dubbie, dice De Robertis, sono L'arlesiana del Metropolitan, il Jardin de Daubigny di Basilea e l'Autoritratto con l'orecchio bendato del Courtauld Institute di Londra. L'elenco dei misteri è assai nutrito: ad esempio non si conosce il destino dei 50 disegni inviati allo zio Cor, dei quali si parla nella lettera 326. Nella lettera 250, poi, si legge che Theo rispedì al fratello 25 disegni, che forse non arrivarono mai a destinazione per disguidi postali. Nella lettera 456 Vincent dice al fratello: «Ti manderò disegni di opere antiche», mai rinvenute. Senza contare che a più riprese l'artista chiese a Theo di distruggere le opere che non gli piacevano: non risulta che il fratello abbia mai eseguito. De Robertis dice comunque di non aver nemmeno considerato tutte le opere citate genericamente in gruppo, quindi, afferma, l'indagine pecca addirittura per difetto. I falsi Van Gogh non mancheranno di provocare spasmi nei collezionisti meno avveduti, sedotti dalla febbre per capolavori che hanno polverizzato ogni record di vendita, quadri-feticcio che sanno restituire le terribili passioni di un genio. Genio che però, durante tutta la vita, vendette un solo quadro, per 400 franchi, alla sorella di un amico Quando la moglie di Theo Van Gogh, Jo Bonger, rimasta vedova con un figlio di pochi mesi si tra sferì da Parigi, dove la famiglia si era trasferita, i quadri posseduti dal marito e rimasti nell'appartamento di Cité Pigalle 8 erano circa 500. Ma di questi solo 311 furono catalogati e inviati in Olanda da Andries Bonger, suo fratello. Gli altri, ritenuti di scarso valore, vennero probabilmente svenduti. Emile Bernard confidò all'amico Aurier di aver visto opere di Vincent nelle ban carelle dei boulevard, offerte a prezzi irrisori. Carlo Grande Nelle lettere a Theo, citava tutte le sue opere Di 450 si sono perse le tracce: forse qualcuno possiede un tesoro senza saperlo. Di molte altre a lui attribuite Vincent non parla mai: forse non ne è l'autore? Qui sopra «L'ari eslana», a sinistra in aito «Autoritratto con l'orecchio bendato», in basso «I girasoli»

Luoghi citati: Amsterdam, Basilea, Londra, Olanda, Parigi