BIOGRAFIE DI ANTICHI CON RISCHI POSTMODERNI
BIOGRAFIE DI ANTICHI CON RISCHI POSTMODERNI BIOGRAFIE DI ANTICHI CON RISCHI POSTMODERNI ER chi ama gli antichi, sulle cui vite sono così poche le notizie autentiche disponibili, è ineluttabile il fascino delle biografie virtuali che la forma del romanzo è in grado di riproporre. Eppure forse soltanto se ciascuno di questi speciali lettori scrivesse in proprio il suo libro potrebbe avvertire in qualche modo colmata la distanza. In embra di misurarsi con una nostalgia immedicabile certi casi infatti sembra di misurarsi con una nostalgia immedicabile se, nonostante il cumulo delle pregresse pagine, certe vicende e certi snodi storici si ripropongono continuamente alla penna. L'esempio più eclatante è quello di Ovidio, relegato da Augusto in esilio a Tomi (oggi Costanza) sul Mar Nero. Le sue vicende sono state da poco riscritte da Marin Mincu, il diario di Ovidio (Bompiani, L. 27.000). Ma risalendo anche di poco i decenni eccole reinventate nell'88 da Christoph Ransmayr (ZI mondo estremo, Leonardo, L. 26.000), nel '78 da David Malf ( i iii louf (Una vita immaginaria, Nuova Immagine, L. 20.000). E si potrebbe credo continuare. Un ricco bilancio di questa letteratura è stilato da Paolo Fedeli nel quarto volume della meritoria opera enciclopedica Lo spazio letterario di Roma Antica, che l'Editrice Salerno si accinge ora a riproporre in edizione economica. I capolavori del genere restano La morte di Virgilio di Hermann Broch (1958, trad. it. Feltrinelli) e Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar (1951, trad. it. Einaudi), entrambi più volte ristampati. Meno conosciuto, ma considerevole è La tentazione di Sinesio, scritto nel '71 da Stefan Andres (Piemme, L. 35.000) rielaborando la tormentala esistenza di una fra le più significative figure tardoantiebe, Sinesio vescovo di Cirene (368-413 d.C,), le cui opere «originali» sono pubblicate dalla TJtet. Fra gli scrittori italiani, il fronte è rappresentato soprattutto da Luca Canali, con molti titoli fra i quali il Diario segreto di Giulio Cesare (Mondadori, 1994, L. 27.000) e l'autobiografia immaginaria di Lucrezio {Nei pleniluni sereni, Longanesi 1995, L. 24.000). Vi si cimenta ora Maria Clelia Cardona con un trittico di racconti che prende titolo dall'ultimo: L'altra metà del demone. U miglioi e è forse quello centrale, il più lontano dalle verità storiche: un piccolo giallo al femminile in una comunità ascetica cristiana agli albori del TV secolo. Nel primo siamo invece alla corte di Lucio Vero e Marco Aurelio, e assistiamo (in compagnia del poligrafo Luciano) alle tempeste diplomatiche dei loro contrastati rapporti. Nel terzo, lo spunto è il viaggio che, lungo un'Italia tramata di rovine per il recente passaggio dei Visigoti, Rutilio Namaziano compì per mare da Roma alle Gallie nell'inverno, si pensa, del 417. Ne resta un diario poetico Ifl ritorno), che la Cardona però assegna alla creatività della sua schiava Fusca, assistita (in gioco di chiaroscuri) dal giovane schiavetto siro Fulgenzio. E duole vedere il delicato poeta, così espropriato, nei panni di un'arida eminenza grigia afflitta da problemi eroticc-co- niugali, che evolve poi in uxoricida e golpista fallito. Questa letteratura, generalmente parlando, corre automaticamente una serie di rischi cui è molto raro si riesca a sottrarsi. La tentazione di ricamare sulla fonte spesso conduce al dubbio gusto di arricchimenti indebiti che la sgualciscono (casi da brivido, fra Catullo e Cicerone, in II bacio di Lesbia di Alfredo Panzini, Mondadori 1958). Appare inoltre pressoché ineluttabile che prima o poi un'incongruenza (nomi, espressioni, battute in greco o latino a coesistere ibridamente con l'italiano), un errore o un qualche anacronismo, il taglio erudito o massmediatico con cui sono presentati gli eventi, il tic troppo moderno di un'espressione o di un atteggiamento, incrinino la plausibilità. Ed il fragile cristallo vola in pezzi, fra effetti imbarazzanti o ridicoli. Se poi il soggetto è tardoantico, spira altrettanto puntualmente una brezza di decadentismo (qui alle pp. 9-10, 29, 106 ss.). Il piacevole libro della Cardona, un po' per la ricerca del thriller, un po' per via di discutibili adeguamenti linguistici (es. p. 74), non sempre riesce a evitare queste secche. Ma va riconosciuto che è per lo più abile nelle ambientazioni, vivido nell'evocare immagini. E soprattutto, come avviene con la Yourcenar, adagia il lettore in una prosa delicata, tramata di una morbida pensosità filosofica che si esprime per assiomi semplici, sentenze brevi, in fulminee sortite. Ce n'è una cucita su Rutilio in cui questo genere stesso sembra prendere la parola e proporre una non futile autodifesa (p. 116): «forse dovremmo dare più valore all'imperfezione, perché è insita nella natura, e costruire su di essa una filosofia del possibile o una religione dell'in certezza e del dubbio». Alessandro Fo Dai modelli di Broch e Yourcenar ai racconti della Cardona: ogni vita è un «gialb» L'ALTRA META' DEL DEMONE Maria Clelia Cardona Marsilio pp. 160 L 20.000
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