Sì a denti stretti alla Camp David di Blair di Aldo Baquis

Sì a denti stretti alla Camp David di Blair Il 4 maggio ci sarà anche la Albright Ma non c'è accordo su temi e modalità dell'incontro Sì a denti stretti alla Camp David di Blair Netanyahu e Arafat a Londra TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Su richiesta del premier britannico Tony Blair, i negoziati di pace mediorientali si trasferiscono il mese prossimo a Londra. «Gli Stati Uniti - ha detto ieri Blair a Gaza, dopo aver incontrato due volte il presidente palestinese Yasser Arafat - annunceranno presto l'invito a Londra, il 4 maggio, al presidente del popolo palestinese e ai dirigenti israeliani per intraprendervi negoziati bilaterali». Al centro dei colloqui, ha precisato Blair, ci saranno le recenti proposte di mediazione avanzate a israeliani e palestinesi da Washington. La diplomazia del sorriso dà dunque i primi frutti: né il premier Benyamin Netanyahu né Yasser Arafat hanno saputo sottrarsi all'offerta britannica, anche se nella sostanza le posizioni restano drammaticamente lontane. Ieri i portavoce governativi israeliani e palestinesi non erano in grado di concordare nemmeno il carattere dell'incontro quadripartito di Londra. «Si tratterà - ha previsto un collaboratore di Arafat - di una conferenza internazionale cui, oltre a Blair e al Segretario di Stato Madeleine Albright, dovranno essere invitati anche rappresentanti di Egitto e Giordania». «Niente affatto - ha ribattuto il ministro israeliano della Giustizia Zahi Hanegbi -, innanzitutto noi ci opponiamo all'idea stessa di una conferenza internazionale e continuiamo a propendere per negoziati diretti israelo-palestinesi. La Gran Bretagna si limiterà dunque a fare gli onori di casa, ma non prenderà parte ai colloqui». Fonti israeliane hanno aggiunto che a quanto pare la signora Albright avrà a Londra colloqui separati con Netanyahu ed Arafat, così come aveva già avuto (in modo inconcludente) a Parigi nel dicembre scorso. Se questa volta i colloqui avranno successo, potrebbe essere organizzato un incontro a quattro con Blair, Albright, Netanyahu e Arafat. Nemmeno sui temi dei colloqui di Londra c'era ieri un terreno di intesa fra israeliani e palestinesi. I primi vorrebbero concentrarsi su questioni di portata limitata: l'apertura dell'aeroporto di Dahanye (a Sud di Gaza) e la costruzione di un'area industriale al valico di Karni, fra la striscia e Israele. I secondi insistono invece per conoscere finalmente la posizione israeliana sulle proposte di mediazione avanzate dagli Stati Uniti nelle settimane scorse, relative fra l'altro a un profondo ritiro israeliano in Cisgiordania. Ancora domenica il gabinetto israeliano ha confermato che al massimo potrà attuare un ritiro dal 9% del territorio della Cisgiordania, cioè molto meno del 13% proposto dal mediatore Usa Dennis Boss. Non solo: ieri Netanyahu ha avviato contatti per far entrare nel suo esecutivo an che la Usta di estrema destra Moledet (due deputati in Parlamento) che considera Arafat un criminale di guerra e che per principio si oppone alla benché minima concessione territoriale ai palestinesi. Se Blair - sulla scia del suo successo diplomatico in Irlanda - ha cercato dunque di contagiare anche il Medio Oriente con la propria carica di ottimismo, dalla Giordania è giunto ieri un cupo monito di re Hussein. Il monarca hashemita, che giovedì aveva incontrato a sorpresa Netanyahu ad Eilat (Mar Rosso), è rientrato ad Amman molto preoccupato. In una lettera inviata l'indomani al premier israeliano, Hus- sein ha dunque avvertito che «lo stallo nel processo di pace rischia di condurre l'intera regione in un buio distruttivo, verso conseguenze incommensurabili». «I rischi, in quel caso - a suo parere - non sarebbero limitati a questo o quel Paese, ma investirebbero l'intera regione». Secondo il quotidiano Haaretz, Hussein è giunto alla conclusione che la Giordania - e forse lui stesso - sarebbero i primi a pagare il prezzo della rigidità di Netanyahu: suo nonno Abdallah fu assassinato nel 1951 sulla spianata delle moschee di Gerusalemme da un estremista palestinese che voleva punirlo per i suoi legami segreti con Israele. Netanyahu non ha commentato la lettera di re Hussein, limitandosi a definirla «di tono pratico e molto amichevole». Aldo Baquis Re Hussein scrive al premier israeliano «Il Medio Oriente e il mio regno per primo rischiano il disastro» Il premier britannico Tony Blair e il leader palestinese Yasser Arafat ieri a Gaza