ParolaiO di Nico Orengo

ParolaiO ParolaiO LE STREGHE SON TORNATE. Scrive Nico Orengo su Tuttolibri dei tanti e variegati mezzi di persuasione che storicamente i candidati al Premio Strega hanno adoperato per convincere i grandi elettori a destinare il loro voto a supplici e postulanti. Rivela il grande elettore Orengo che anche quest'anno è scoccato «l'inizio delle prime telefonate, dei primi non cauti sondaggi per ottenere il voto al Premio Strega». Delle «prime quattrocento lettere personalizzate» del mediconarratore Stefano Marcelli che scrive a ciascun elettore («un lavoro, direbbe Fantozzi, "mostruoso"») per spiegare buone ma soprattutto pessime ragioni per votare io suo libro: «In quella mandatami, Marcelli spiega che "la mia lotta per lo Strega" è dedicata a mio padre». Commenta Orengo: «E' una bella lettera, commovente. E proprio perché toccante mi chiedo se per un premio si possa scendere così in basso». Ricommenta Orengo: «Ricordo che anni fa, per lo stes- Umberto Eco so Premio, uno scrittore si fece passare, temporaneamente, per malato terminale». Eh no, caro Orengo, non le è consentito suscitare curiosità intense ma inappagabili. Dunque: fuori il nome dello scrittore finto malato terminale. (0 almeno un indizio, per favore). ROMA A CAPOCCHIA In un lungo e suggestivo articolo pubblicato su Repubblica, Alberto Asor Rosa conferma che il governo dell'Ulivo non è solo una manna dal cielo, ?1 che costituirebbe giudizio animato da eccessivo scetticismo e smodato desiderio di sabotaggio antiitaliano, ma è soprattutto la soluzione paradisiaca ai mah antichi dell'Italia, l'utopia realizzata in cui finalmente vengono sradicate le nefandezze della storia ed essiccate le fonti del Vizio e della Corruzione. Veramente Asor Rosa dedica la gran parte dell'articolo a cercare di spiegare il grande successo della comicità toscana dei Benigni e dei Pieraccioni, degli Hendel e delle Cenci, un fenomeno che rimpiazza «due grandi esperienze del comico italiano del Novecento, e cioè il comico napoletano e quello romano». D'accordo, ma che c'entra l'Ulivo? C'entra, perché, spiega Asor Rosa, il comico napoletano ha dato espressione alla «grande miseria popolare e infimo-bor" ese, intesa a riaffermare una propria disperata identità sotto ilcpmstCgcCmscplAlberto Asor Romise I ghes | Prop à e ? r a e a o i colpi spietati della sorte e della storia». D'accordo, ma che c'entra l'Ulivo? C'entra, perché, spiega Asor Rosa, il comico romano ha dato espressione al «cinismo, un po' ributtante e un po' autoironico, della Capitale avvilita e corrotta degli ultimi cinquant'anni». D'accordo, ma che c'entra l'Ulivo? C'entra, perché se il comico romano era l'espressione del cinismo un po' ributtante di una città corrotta, quel comico «l'hanno ammazzato da una parte Tangentopoli, dall'altra l'Ulivo». In soli due anni insomma, l'Ulivo ha ammazzato a metà la corruzione. Ecco perché, dall'altra parte, c'entra l'Ulivo. (Alla faccia di Alberto Sordi). I VICINI DI CASA Riporta la cronaca milanese del Corriere della Sera i passi saWm lienti dell'intervento con cui Umberto Eco ha presentato a Milano l'ultima fatica letteraria di Mario Capanna, su un tema con ogni probabilità mai sfiorato sinora dal leader del '68: Lettera a mio figlio sul Sessantotto. Parlando del Sessantotto con il neofita Capanna, dunque, Eco ha elencato i numerosi meriti di quell'anno mirabile. Per esempio, ha sostenuto Eco, «quando il macchinista protesta contro il ministro perché l'ha licenziato, se c'è un movimento dei gay e dei pensionati, se esiste l'assemblea dei condomini, tutto questo lo si deve al Sessantotto». La cronaca non riferisce se Capanna, pur lusingato per il riconoscimento dei tanti meriti attribuiti al Sessantotto, abbia protestato la sua innocenza a proposito della terribile invenzione dell'«assemblea dei condomini». (E non si capisce nemmeno tanto chi sia quel macchinista licenziato da un ministro). osa NON SO, NON SAPREI DIRE. Dovendo recensire per Repubblica il libro di Fernando Acitelli La solitudine dell'ala destra (appena pubblicato da Einaudi) Alessandro Baricco comincia col sostenere che «non so, è un libro strano, non sparei dire, non è il tipo di libro su cui mi venga in mente qualcosa di intelligente da dire». Ma poi Baricco va avanti per 94 righe tipografiche, circa 840 parole, per cercare di farsi venire in mente «qualcosa di intelligente da dire». (Che poi, non so, non saprei dire, ma non è proprio la cosa più carina da dire su un libro e sul suo autore). Pierluigi Battista Wm Umberto Eco Alberto Asor Rosa

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