Stragi in Ruanda, al patibolo due preti di E. St.

Stragi in Ruanda, al patibolo due preti Prime pene capitali per dei religiosi. Le vittime vennero schiacciate con bulldozer Stragi in Ruanda, al patibolo due preti Fecero uccidere duemila tutsi rifugiatisi in chiesa RIGALI. Due preti cattolici ruandesi sono stati riconosciuti colpevoli di atti di genocidio e condannati a morte dal tribunale della prefettura di Kibuye, 75 chilometri ad Ovest della capitale Rigali. In passato da più parti si erano levate voci a denunciare la partecipazione di numerosi religiosi ai massacri che, nell'aprile del 1994, insanguinarono il piccolo Paese centrafricano: in pochi giorni vennero sterminate almeno cinquecentomila persone, essenzialmente a colpi di machete. La maggior parte delle vittime appartenevano all'etnia minoritaria dei tutsi, ma anche molti hutu moderati caddero sotto i colpi dei massacratori. Ora sono i tutsi a controllare il governo ruandese, e dal 1996 sono iniziati i processi contro i responsabili di uno dei peggiori genocidi vissuti dall'Africa. I due religiosi, don JeanFrangois Rayiranga e don Eduard Nkurikiye, erano stati accusati di avere partecipato alla carneficina di duemila civili tutsi che si erano rifugiati nella chiesa di Nyange sperando di trovarvi la salvezza. Secondo l'accusa i due sacerdoti fecero invece intervenire i pretoriani hutu, che spianarono la chiesa con i bulldozer. Naturalmente con i malcapitati civili all'interno. La radio ruandese, che ha dato la notizia del processo, non ha ben specificato quale sia stata la parte dei due nell'eccidio, ma ha aggiunto che i religiosi sono stati riconosciuti responsabili anche per un altro massacro, avvenuto nella chiesa di Nyundo. Finora i tribunali ruandesi hanno condannato oltre trecento imputati per atti di genocidio: circa un terzo sono stati condannati alla pena capitale (ma nessuna condanna è stata ancora mai eseguita), ed oltre cento all'ergastolo. Kayiranga e Nku¬ rikiye sono i primi religiosi ad essere condannati a morte. A causa dell'enorme emozione suscitata nel mondo dal genocidio ruandese, anche l'Onu ha istituito un Tribunale penale internazionale (Tpi) per giudicare le atrocità del 1994, sul modello di quello che all'Aia giudica i criminali dell'ex Jugoslavia. Il Tpi ha sede ad Arusha, in Tanzania, ha in custodia 23 dei 35 imputati, e la* prima sentenza è attesa solo tra diversi mesi. I processi non hanno tuttavia portato la pace nel Paese: l'odio etnico resta, e tra le centinaia di migliaia di profughi hutu la guerriglia trova facilmente sempre nuove reclute. Proprio due giorni fa nei pressi di Buringa, un comune della prefettura occidentale di Gitarama, l'esercito ha condotto un rastrella mento «con l'aiuto della popolazione», uccidendo, secondo fonti ufficiali, settanta ribelli hutu. [e. st.]

Persone citate: Eduard Nkurikiye, Rigali

Luoghi citati: Africa, Arusha, Jugoslavia, Ruanda, Tanzania