« Tienanmen tornerà» di Maurizio Molinari

« Tienanmen tornerà» Intervista al dissidente Wei Jingsheng a Roma « Tienanmen tornerà» «La nuova generazione di oppositori sta per ribellarsi» Valigia-bomba in una città del Sud-Est della Cina, 3 morti ROMA. «In Cina la situazione oggi è più grave di quanto non fosse nel 1989 ed è quasi pronta una nuova generazione di leader che rilancerà la sfida della Piazza Tienanmen senza ripetere però gli errori fatti allora dagli studenti». Con questo annuncio Wei Jingsheng, storico dissidente cinese che ha passato in carcere diciotto dei suoi 48 anni, ha iniziato la sua visita a Roma nell'ambito di una tournée in 11 Paesi europei «tesa a frenare un dialogo dell'Occidente con Pechino che bada più ai contratti che ai diritti umani». Proprio ieri nella stazione ferroviaria di Fuzhou, nel Sud-Est della Cina, è esplosa una valigia-bomba: l'attentato ha causato tre morti e sei feriti e ripropone la pista della guerriglia urbana. «Nel mio Paese la repressione è feroce ed immutata - dice Jingsheng - ma io sono contrario ad ogni forma di violenza che serve solo a rafforzare il regime, il passaggio verso la democrazia può avvenire solo in maniera pacifica e non violenta, come avvenuto in Polonia o in Russia». Per il dissidente, esule negli Stati Uniti ed insignito nel 1996 dal Parlamento Europeo del «Premio Sacharov», l'opposizione «sta lavorando sodo grazie alle attività dei centri in Tibet, Mongolia e Taiwan». «Noi puntiamo a mobilitare la gente semplice, i contadini, i cittadini in una comune richiesta di diritti e di democrazia - ha spiegato - e nella denuncia di uno sviluppo capitalistico-dittatoriale che è andato a vantaggio solo di un pugno di ricchi mentre centinaia di milioni di persone vivono oramai sotto la soglia della povertà». Da qui il duro atto d'accusa verso l'Occidente: «La vostra diplomazia sbaglia a favorire l'afflusso di capitali in un'economia basata sullo sfruttamento di uomini-schiavi e semi schiavi, perché così favorisce le violazioni dei diritti umani ed anche l'immissione sul mercato internazionale di prodotti a costozero che uccidono la concorrenza». Il dissidente ba quindi lanciato un appello chiedendo di «non comprare i prodotti fatti dai bambini schiavi e dai detenuti politici obbligati a lavorare nei campi di rieducazione per 15-16 ore al giorno senza retribuzione» ed ha confermato le accuse a Pechino di commercio di organi dei condannati a morte. «Ci sono prove concrete di questo traffico, di cui ho sentito parlare sin dall'inizio degli Anni Ottanta, e alcuni dirigenti cinesi sono stati arrestati in America proprio perché trovati in possesso di organi da vendere» ha detto, spiegando però che «sono macchinari acquistati in Occidente che consentono la conservazione degli organi». L'Occidente insomma «deve fare di più per la Cina dove vige un regime terribile» e «si illude chi pensa che il nuovo premier Zhu Rongji sarà il nostro Gorbaciov». «Alcuni europei mi hanno detto che vanno a Pechino per fare affari e tornano dicendo di aver parlato di diritti umani» ha detto amareggiato, invocando «la fine degli incontri politici a porte chiuse» per una vera «trasparenza nei rapporti fra Europa e Cina». «Anche la gente di Hong Kong - ha aggiunto - si sente abbandonata dall'Occidente nelle mani di un sistema che vuole imporre un modello di economia brutale, senza diritti ma con l'obbligo alla produttività». Wei Jinsheng è in Italia ospite del Partito radicale e si propone nella prossima settimana di «discutere con i leader italiani della gravità della situazione nel mio Paese». Ma l'agenda degli incontri romani è ancora piena di punti interrogativi. I presidenti delle commissioni Esteri del Parlamento, Achille Occhetto e Gian Giacomo Migone, lo vedranno ma restano da confermare gli appuntamenti con Scalfaro, Mancino, Violante, Dini, D'Alema, Berlusconi, sindacati e Confindustria. Maurizio Molinari Wei Jingsheng storico dissidente cinese che ha passato in carcere diciotto dei suoi 48 anni ha iniziato ieri la sua visita a Roma nell'ambito di un viaggio in undici Paesi europei