Le urla del ceto medio di Cesare Martinetti

Le urla del ceto medio Le urla del ceto medio «Un sogno nel cuore, Romano a San Vittore» IL CORTEO AZZURRO MILANO DAL NOSTRO INVIATO Si comincia con Previti che taglia l'aria e la gente di corso Venezia col passo svelto di chi cerca qualcuno che non è certo la signora Lucia che invece gli viene incontro e lo abbraccia: «Avvocato, dottore, onorevole, tenga duro. Come sta?». «Benone». E si vede. Ha la faccia abbronzata, l'avvocato Cesare Previti, quello che ùpool di Milano voleva arrestare. «Uno scatto morale», aveva chiesto il procuratore Borrelli al Parlamento. L'avvocato invece è qui, libero, in mezzo alla gente di Forza Italia e a un bel gruppo di giovanotti che quando lo vedono attaccano con: «E Borrelli vaffanculo - e Borrelli vaffanculo...». Si finisce quattro ore e quattro chilometri dopo, in piazza Duomo con Berlusconi sul palco del suo 18 aprile, nella piazza piena di gente che dà carne ed ossa al suo ex «movimento» ora diventato «partito» celebrato il congresso numero uno. Trecentomila, dice lui; settantamila la polizia. Tanti comunque, uomini, donne, ragazzi, bambini, facce allegre, da tutti i giorni, ceto medio, piccolo, piccolissimo, lavoratori, disoccupati. Una manifestazione, una festa popolare con le bande musicali, le majorettes, gli sbandie ratori. Il popolo di tante piccole italie, dalla grande Milano alla piccola Crotone, un po' mesta e scalcagna ta, che chiudeva il corteo ed era ancora in corso Venezia quando il ca po stava finendo di parlare. Chi è? «Gente allegra, non bene stante», ci spiega l'onorevole Do menico Contestabile, il primo ad andare incontro a Previti quando l'avvocato s'è materializzato nel corteo: «Tieni duro, sì, anche se al la nostra età non sempre è facile...». Ah, ah, risatina. Previti cerca la «delegazione del Lazio» per met tersi in riga al corteo. E' in fondo e deve risalire la corrente. Lo seguia mo ed è un trionfo. Tante signore Lucia, tante mani, tanti abbracci Eroe suo malgrado a giudicare dal la smorfia fissa sulla faccia e dal saluto sbrigativo. Rap è il ritmo dei ragazzi che sul l'angolo di via Palestra danno il via alla marcia: «L'Ulivo ci ha impove riti, la Lega ci ha divisi». Sono le 4 quando si parte in mezzo alla Mila' no del sabato, accanto a via Spiga dove scivolano lungo le vetrine nuovi ricchi russi, truppe di giap ponesi e qualche americano. Fa im pressione il silenzio, tutt'intorno Gli azzurri rumoreggiano a strappi «Prodi-pirla-è ora di finirla». L'onorevole Contestabile ci spiega che questo di Forza Italia è stato un congresso vero, all'altezza dei «migliori congressi del psi». Per esempio? «Io sono entrato nel partito socialista a 14 anni, adesso ne ho 62 e li ho visti tutti i congressi, a cominciare da quello di Venezia con Nenni». Ma qui intorno non c'è mica umanità di congresso: un po' di onorevoli, un po' di delegati con la targhetta sulla giacca. E poi la gente. Tanta, che va, con le sue bandiere tricolori. In piazza San Babila, a metà stra-, da, c'è Ignazio La Russa, colonnello di Gianfranco Fini e Riccardo De Corato, vicesindaco, sotto le bandiere di una «delegazione» di Alleanza Nazionale. «Un'idea - dice La Russa - quella di chiudere il congresso con una manifestazione di piazza». Quanto ai moderati in strada, gli ex missini ne rivendicano la primogenitura: «Nel '95 noi ne abbiamo portati trecentomila». E sembra che dicano: altro che Berlusconi... De Corato conferma che Forza Italia ha versato al Comune 20 milioni come «contributo» al pagamento del lavoro straordinario dei vigili. Mesi fa ci fu polemica quando la giunta forzista chiese la stessa cosa a Cgil-Cisl-Uil: il conto era allora di mezzo miliardo. Arrivano a folate, gli azzurri, spinti dalla musichetta «Forza Italia, siamo tantissimiii». Quando sono sull'angolo di piazza San Babila tutti salutano quelli di An, ci sono anche dei ragazzi che fanno il saluto romano a La Russa che si fa una bella risata: «E' il massimo». Effettivamente. Saltano, i ragazzi: «Chi non salta comunista è...». E poi: «Oh Di Pietro dacci la Mercedes». Quelli di Salerno dicono: «Mai più con Bossi». Arriva il «Club Rosa Berlusconi», donne di Brianza, non tante, ma generose. Ci sono i «volontari contro la disoccupazione», quelli che chiedono la «libertà di lavorare», uno con la bandiera della de in mezzo ai ragazzi di «Popolo e libertà» che annunciano una manifestazione contro Prodi. La Brianza saluta «il suo presidente S. Berlusconi» con uno striscione che tiene tutta la strada. I brianzoli cantano: «E noi che siamo lombardi, abbiamo un sogno nel cuore, Prodi a San Vittore». E più semplicemente: «Prodi-Veltroni fuori dai coglioni». La banda di Medolago suona la marcia del Ponte sul fiume Kway. Quelli di Bergamo dicono: «Prodi scemo, guarda quanti semo». Una mammina incita il suo ragazzino: «Grida pure forte, amore, si può». Tutto si può. La banda Triestissima suona «Le ragazze di Trieste». Un manipolo un po' inquietante di «disoccupati napoletani» avanza col saluto romano: «Prodi-D'Alema, servi del sistema». E poi: «BerluscòBerluscò». E infine: «La lotta è dura e non ci fa paura». Uno di Asti porta l'unico tricolore con lo stemma sabaudo della manifestazione, quelli di Bologna chiedono: «D'Alena in galera». Dal gruppo di Padova un appello: «Proteggiamo Berlusconi dalle aggressività selvagge della magistratura». Tranquilli, «tutta Ceppaloni è con Silvio, meno uno». Il quale Silvio a quell'ora è già sul palco dove la festa finisce tra la musica, tutti con le mani in alto a fare le onde. Tutti, meno l'avvocato Massimo De Carolis, immobile dietro Berlusconi, a pensare che questa «maggioranza silenziosa» l'aveva scoperta lui, più di vent'anni fa. Silvio le ha dato la musica. Cesare Martinetti Qui sopra il leader di Forza Italia mentre chiude il comizio in piazza del Duomo