L'ombra del killer della Riviera nel giallo dell'omicidio sul treno

L'ombra del killer della Riviera nel giallo dell'omicidio sul treno C'è più di un'analogia tra il delitto dell'infermiera e quello delle prostitute in Liguria L'ombra del killer della Riviera nel giallo dell'omicidio sul treno VERONA DAL NOSTRO INVIATO Nella Pasqua di pioggia, la telefonata alla polizia arrivò alle 18 e 20, mentre dall'ufficio veniva un gran gridare perché Schumacher aveva appena passato Coulthard. L'agente tirò giù la cornetta, girandosi: «C'è uno che dice che c'è una donna morta». Quelli dell'ufficio non si alzarono nemmeno: e dove? «Sul treno», rispose. Paolo Tanzi, vicedirigente della Polfer di Verona, adesso ricorda che la segnalazione venne dall'ufficio movimento della stazione. Li avevano chiamati dall'Intercity Tigullio 631, che stavano passando Peschiera. 18 e 20, più o meno, dieci minuti prima che il rapido arrivasse a Verona. C'erano pure due medici sul treno e gli avevano chiesto di darle un'occhiata: «Hanno detto che purtroppo non c'è più niente da fare». In quel momento, Costantino Fadda stava a casa. Non passò neanche un'ora quando qualcuno lo chiamò e gli disse di correre alla stazione, al binario quattro. «Guarda che hanno trovato una donna morta, vai a far le foto». Fadda cristonò un po', ma tanto è Pasqua e si lavora lo stesso, e allora si mise la macchina a tracolla e salì sulla sua Seat Cordoba rossa. Arrivò lì che erano le sette é mezzo. Pioveva, ma c'era un mucchio di gente al binario 4. Carrozza numero dieci, prima classe: la ritirata sta in fondo al vagone. E' lì che la trovarono. Lui vide un mucchio di sangue, e poco dopo quasi balbettava chiamando Elena Cardinali dell'Arena: «Svegliati, cara, hanno sgozzato una sul treno». Il mistero di Elisabetta comincia così, 400 chilometri e tre ore dopo essere morta. Ma adesso, quando la scoprono, non lo sa ancora nessuno. E a nessuno salta in mente di tirare in ballo il serial killer delle prostitute in Liguria. Inizierà a pensarci solo dopo con terrore qualcuno dei carabinieri, perché di analogie ce n'è più di una, dalla pistola a tamburo aitino di proiettile che potrebbe èssere di calibro 38, al luogo del delitto: «O prima di Genova, o subito dopo», avvisa uno degli inquii-enti. Adesso non c'è nient'altro che questo cadavere nella minuscola stanza della ritirata, gli agenti della Polfer fermi sul prede! lino e Costantino Fadda che cerca di ripararsi dalla pioggia. C'è una toilette di un treno chiusa dall'esterno, lei accasciata per terra sotto il lavabo, spogliata del giubbotto e della maglia che a prima vista sem brano strappati. La nuca insanguinata. Forse ha battuto la testa, pen sano. Il treno è quasi deserto. Nella carrozza numero dieci ci sono solo cinque passeggeri. Ma è da più di due ore, da molto prima di Milano che qualcuno cerca di andare alla toilette e trova sempre il segno rosso: «occupata». Alla fine, qualcuno ha chiamato il controllore. Si è av vicinato, tirandosi dietro la curio sita degli altri. Ha girato la chiave e ha aperto. Il corpo era lì: un po' rag gomitolato. I finestrini sono sigilla ti. Aria condizionata, treno elegante. E allora da dove se n'era andato l'assassino? Ma in quel momento non ci pensa nessuno. Il controllore chiede se c'è un medico, e ne trova due che si avvicinano cautamente «C'è speranza?». Uno dei due, chi nato, leva in alto gli occhi: «No, as solutamente». A Porta Nuova carrozza numero dieci viene stac cata dal resto del treno e i cinque passeggeri vengono fatti scendere, Costantino Fadda è già arrivato con la sua macchina a tracolla e in quel trambusto cerca qualcuno che gli dia un po' di notizie. Come si chia ma la signora? chiede. Hanno fatto presto a saperlo. Lei ha lasciato la borsetta al suo posto, nel secondo la scompartimento scendendo dalla ritirata. Dentro, c'è una catenina, il biglietto del treno, un cartoncino verde con la prenotazione di prima classe Chiavari-Milano, e c'è il portafoglio con tutti i documenti. Mancano solo i soldi, se ne accorgeranno dopo: sarebbero centomila lire, pensano i familiari. Ma può non essere stato l'assassino a portarglieli via: «Su quella tratta, domenica ci sono state tre denunce per furto». La sua carta d'identità è appena stropicciata, un po' consunta. Lei si chiamava Elisabetta Zoppetti, 32 anni, da Pisogne, provin- eia di Brescia. Aveva una bambina di 3 anni. Un marito, Giulio Pesce, di 33, milanese, impiegato in una casa editrice, la Masson. Anche Elisabetta lavorava. All'Istituto Tumori di Milano. Professione: infer- miera, c'è scritto sulla carta. Alta: 1,70, dice il documento. E il suo volto è sorridente, ma con impaccio, come avviene per le foto tessera. I capelli raccolti all'indietro sembrano più corti di come li porta adesso. Un naso a patata. Occhi neri. Gaudenzio Pesce, il suocero, dice che era «una donna dolce, dolcissima. Ma anche una persona che sapeva difendersi, niente affatto sprovveduta». Quando qualcuno oggi ha chiesto a Gaudenzio Pesce chi pensa che possa averla uccisa, lui ha risposto con sicurezza: «E1 stata assalita da un pazzo. Non può essere successo altro». Ma nella sera di Pasqua, soltanto Fadda deve aver pensato che quello era il cadavere di un giallo: deformazione professionale, che ci volete fare. Il mattino dopo, invece, quando Elena Cardinali ha chiamato la polizia per chiedere notizie, l'hanno tranquillizzata: «Non sappiamo ancora niente. Ma stai calma, guarda che può essere stato un malore». Poi, quando arriva il referto dell'autopsia, partono le indagini. E' la sera del 14, martedì. Le cronache dei giornali stanno raccontando il macabro mistero delle prostitute uccise in Liguria, ma da queste parti sembra una storia lontana. Questo, invece, pare un giallo scritto da Agatha Christie. All'inizio c'è una sola cosa certa: lei aveva il biglietto fino a Milano, e quindi l'hanno uccisa prima. Quando è salita a Chiavari, nella domenica di Pasqua, erano le 14,21. In quella stazione è l'unico biglietto venduto. La prenotazione ghel'aveva fatta suo marito, perché lei doveva rientrare prima per riprendere lavoro hi ospedale, alle 22. Sull'Intercity c'erano due controllori e il capotreno. Da Milano in poi uno dei controllori scende. Uno di loro si ricorda bene dell'Elisabetta: «Era sola nello scompartimento, le ho timbrato io il biglietto». Gli inquirenti fanno le indagini sulla sua vita: irreprensibile. Su quella del marito: pure. Sul suo lavoro. Ha fatto anche l'infermiera nei reparti infettivi, ha curato malati di Aids? «Mai», risponde con fermezza Paolo Gropuzzo, il capo della Mobile. Cercano sugli amici, su tutto. Niente, per ora. Non c'è un appiglio. Non resta che il suo viaggio, per indagare. Pasqua di pioggia, è quasi l'ora del pranzo. L'Intercity 631 arriva puntuale. Non c'è quasi nessuno. Carrozze dell'ultimo tipo, con i vetri pieni. Due vagoni di prima classe. Lei si siede nel secondo scompartimento, vicino alla ritirata. Saluta i suoi che l'hanno accompagnata alla stazione e poi si siede. Era arrivata a Lavagna mercoledì sera, le sue vacanze sono durate 4 giorni. Da Chiavari a Genova ci sono una quarantina chilometri, e poi c'è la stazione di Tortona. Dev'essere morta prima, cominciano a pen sare gli mquirenti. Ma cos'è successo in quei pochi chilometri? Perché ha lasciato la borsa con i soldi al suo posto? E come fa «una donna non sprovveduta», come la definisce il suocero, a seguire uno sconosciuto nella toilette? Possibile che il killer le abbia puntato la pistola nel corridoio correndo il rischio di farsi scoprire? Elisabetta muore probabilmente colpita quando il treno passa con gran frastuono in una galleria. C'è poca gente e nessuno sente. L'assassino per sparare usa il giubbotto di Elisabetta e la sua maglia con i capi attorcigliati: si ripara dagli schizzi del sangue e attutisce il rumore dello sparo. Anche il killer delle prostitute fa così. «E' un folle», ripetono i familiari. «Non può essere stata uccisa in altro modo». Ora lo sospetta pure qualcuno degli inquirenti a Milano. Solo Paolo Gropuzzo tiene duro: «Allo stato attuale, chiunque azzardi l'ipotesi del serial killer si copre di ridicolo». Bisogna aspettare gli esami balistici, dice. Vedremo. Intanto, ha ordinato gli esami tossicologici per vedere se la Elisabetta era stata narcotizzata prima d'essere sospinta nella toilette. E ha cancellato il mistero della porta chiusa: «La serratura era difettosa. Poteva riuscirci anche un bambino». Poi passa il tempo asserragliato nel suo ufficio a rispondere al telefono. Lo chiamano da Milano, da Genova, i colleghi e i carabinieri. Lo chiamano da Roma. Chi è? «Il ministero dell'Interno». Dottore, ma si danno tutti da fare così anche se non è un serial killer? «Uhé, ragazzi. Fuori dalle palle! Io impazzisco, ho mica tempo da perdere». Pierangelo Sapegno La pistola a tamburo il proiettile e il luogo dell'omicidio: queste le possibili affinità Ma il capo della Mobile: «Ipotesi ridicola per ora. Aspettiamo le perizie balistiche» Quando l'assassino l'ha avvicinata era sola nello scompartimento Forse aggredita prima di Tortona Il suocero: non può che essere stata assalita da un pazzo. Era una donna dolce ma niente affatto sprovveduta LE TAPPE DI UN MISTERO SCOMPARTIMENTO. Elisabetta è l'unico passeggero a salire a Chiavari. Prende posto in uno scompartimento dì prima clas' I se. Da sola. Nella carrozza, la numero dieci, ci sono sei perf sono. Alcune di più nelle car- j rozze vicine di seconda classe. I ' LA PARTENZA. E' il primo pomeWf àggio di domenica. Il marito CiuH Ih e la figlioletta di tre anni, ac| compagnano Elisabetta alla f stazione. La donna, alle 14,21, sale sull'Intercity «Tigullio» per i Milano, dove è attesa in ospedale, | per il turno serale. L'OMICIDIO. Nessuno tra il persona le delle Fs ricorda di aver sentito rumori particolari. Il delitto sarebbe stato compiuto fra Genova e Tortona. Intorno alle I sedici. La Zoppetti sarebbe stata abborf data sul treno e condotta nella toilette ': sotto la minaccia di una pistola. Non avrebbe subito tentativo di violenza, i LA PISTOLA La donna m ò stata uccisa con un I solo colpo di pistola, forse una calibro 38 (la stessa impiegata nei delitti delle prostitute in Riviera), sparato sopra l'orecchio sinistro. I LA SCOPERTA II delitto viene scoperto nel tardo pomeriggio ? di domenica, mentre il treno viaggia tra Brescia e Verona. Alcuni passeggeri si W erano lamentati che flf la toilette del vagone m numero 10 di prima m classe era sempre f occupata. Sfondata la porta, hanno trovato la donna senza vita. Elisabetta Zoppetti 32 anni uccisa sul treno mentre tornava a Milano