LANZA D'AZZARDO: ANATOMIA DEL CASINO ROYALE di Cesare Lanza
LANZA D'AZZARDO: ANATOMIA DEL CASINO ROYALE LANZA D'AZZARDO: ANATOMIA DEL CASINO ROYALE E Faruk non solo adorava le frittatine con cipolla, era anche un accanito giocatore. Si narra che una sera fu protagonista d'una accesa pokerata al casinò di Sanremo. Dopo una serie di forti rilanci, il suo avversario mostrò soddisfatto quattro donne. Faruk ribattè: poker d'assi. Con una particolarità, non fece vedere le mescolò con quelle del mazzo Poi artigliò da vincito carte. Anzi, le rimescolò con quelle del mazzo. Poi artigliò da vincitore il cumulo di fiches al centro del tavolo. Intorno s'alzò un incredulo imbarazzo, ma il monarca tacitò tutti: «Parola di re». L'episodio, avvolto dal sapore di mito e leggenda, come tutte le storie di mare e tappeti verdi, si trova nel volume La carta più alta di Cesare Lanza, giornalista, saggista, nonché acuto osservatore dell'umanità ludens. Il titolo è un indubbio omaggio allo chemin de fer, il gioco d'azzardo più elementare, ma anche più violento e crudele. Figlio del baccarà (arrivato in Europa nel '400) e padre spurio del punto e banco sudamericano, è un duello di psicologia, caso e coraggio intrecciato con i caprìcci di trecentododici carte, n libro è invece un'enciclopedia del gioco d'azzardo in tutte le sue forme. Ci sono aneddoti personali, epiche nottate bruciate tra fiches e sa- bot. Ci sono storie catturate alla letteratura (da Chiara a Dostoevskij) e resoconti sottratti alle leggende orali. Ci sono notazioni storiche, guide ai casinò d'Europa, inviti alla cautela e all'euforia, norme non scritte di galateo (dalla mancia all'abbigliamento). n risultato è un allegro garbuglio di temi e sensibilità. Dall'errore strategico di Bond (nel film «Casinò Royale»), ai dandysmi di Lord Brummel, dalle presunte strategie di Jarecki (vincente indesiderato dai casinò di mezzo mondo) ai consigli per smascherare il baro che segna le carte (la cosa nùgliore è osservare il dorso attraverso il filtro d'una cartina di caramelle), dal planetario della superstizione alle regole della fisiognomica per smascherare l'avversario, dai natali oscuri della roulette ai calcoli di Pascal. Freud individuava nel gioco una specie di soddisfazione sessuale. Le carte volteggiate in mano, il rastrello del croupier che draga il tappeto, il bussolotto dei dadi scosso velocemente, secondo il padre della psicoanalisi sarebbero sublimazioni del coito o della masturbazione. Chissà. Ma indagini del profondo a parte, il piacere del gioco è incontestabile, immenso, adrenalinico. Sia che si tratti di sfida ad altri esseri umani, sotto l'egida di leggi uguali per tutti. Sia che si tratti di cercare la sintonia col destino, quasi ad emulare un'antica teogonia. Washington, come i padri della Chiesa, come gli uomini di Stato ottusi (quelli illuminati hanno capito che può essere la più soave delle imposte), condannava il gioco, perché lo considerava genitore di vizi e perversioni. Ma leggendo il libro di Cesare Lanzariasciandosi cullare dai rovesci della sorte, dal fruscio delle carte e dai ticchetti della pallina, si scopre una cosa. Vincere è bello. Ma altrettanto bello è perdere. Perché il fine ultimo del gioco non è prevalere, bensì mettersi in gioco. Perché di fronte alle fiches o alle carte ci s'allena alla vita su scala ridotta. Provando il successo e il fallimento, l'ansia e la noia, la solitudine e la paura. Come tra le scossate dell'esistenza quotidiana. Sempre al cospetto di bivi. Amleto lo sapeva bene, sostando negli elisi dell'alta letteratura. L'azzardista lo intuisce altrettanto chiaramente, provandolo sulla propria pelle, ad ogni mano, ad ogni raddoppio, ad ogni banco. Bruito Ventavoii LA CARTA PIÙ' ALTA Cesare Lanza Mondadori pp. 287 L 28.000
Persone citate: Bond, Cesare Lanza, Dostoevskij, Faruk, Freud, Jarecki, Lanza D'azzardo, Lord Brummel
Luoghi citati: Europa, Sanremo, Washington
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