Choc e rabbia per l'Arma di Francesco Grignetti

Choc e rabbia per l'Arma Choc e rabbia per l'Arma E il Cocer: vogliono ridimensionarci ROMA. Prima il generale Francesco Delfino, coinvolto nella vicenda Soffiantini. Poi il comandante generale Sergio Siracusa, interrogato dalla magistratura a Venezia, e si scopre essere indagato fin dal '96 di abuso d'ufficio e favoreggiamento a margine delle inchieste su piazza Fontana. Due informazioni di garanzia, sia pure per storie diverse, lambiscono i vertici dell'Arma. Ed è una giornata terribile per il comando dei Carabinieri, che reagisce defilandosi ancor più del solito. «Sono due posizioni molto diverse - fanno sapere - perché il comandante generale s'è trovato nel mezzo di una guerra tra due magistrati; sul generale Delfino è ancora troppo presto per dire qualcosa». Delfino, intanto, è stato sospeso dal suo incarico di ispettore sulle scuole di formazione dell'Arma. Atto dovuto, si dice. Ma anche frutto dello sbigottimento con cui il comando generale ha scoperto l'intervento del generale, assolutamente irrituale e extragerarchico, nella vicenda Soffiantini. «A proposito del generale Siracusa - rammen- ta Massimo Brutti, sottosegretario alla Difesa, all'epoca presidente del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti - ricordo bene uno scambio di lettere con Casson e con Lamberto Dini, presidente del Consiglio nel '95-'96. Il magistrato, che indagava sul conto del suo collega Salvini, mi aveva fatto presente la necessità di acquisire certa documentazione del Sismi e la risposta contraria di Siracusa. Risposta obbligata, perché Salvini gli aveva ingiunto di non parlare. Dini decise in tempi abbastanza veloci la liberalizzazione di quelle carte». Finì, infatti, che i fascicoli che Casson chiedeva furono inviati a Venezia nei primi mesi del 1996. Ma a quel punto Siracusa era già indagato di favoreggiamento. E' evidente, dal tono tranquillo con cui Brutti rievoca la vicenda, che il governo non nutre grandi preoccupazioni sul conto del generale Siracusa. Il quale peraltro fu nominato comandante dei carabinieri, circa un anno fa, nonostante l'iscrizione sul registro degli indagati. Già allora la vicenda era stata valutata come insussistente. Gli esprime solidarietà anche Carlo Giovanardi, capogruppo del Ccd: «Gli addebiti sono inconsistenti». Ma la sovrapposizione di storie diverse getta nello sconforto il comando dell'Arma. «Siamo rassegnati ai titoloni», dice più di un alto ufficiale. E se la questione di Siracusa - confidano - si chiarirà presto, il coinvolgimento di Delfino è molto più serio. «Qui non lo sapeva nessuno», giurano. E tanto è vero che i fondi riservati dell'Arma, destinati a pagare i confidenti, non sono stati toccati. Ma oltre il generale c'è indagato anche un secondo ufficiale, si dice un capitano di stanza a Brescia, che era al corrente dell'indagine parallela e personalissima di Delfino. E qui il malumore dell'Arma tocca il cielo. «Assurdo, mentre si conducono indagini sotto la guida di un magistrato, per di più contrarissimo a cedere ai rapitori su nulla, tollerare un canale "sporco" d'indagine». Ma il malessere della Benemerita viene fuori con clamore se si esce dal Palazzo. Il senatore Mario Palombo, An, ex generale dell'Arma, «sono amico di Delfino e lo considero un valoroso», si trattiene a stento dal gridare al complotto: «Mi lasci dire che è strana, davvero strana, questa concomitanza di notizie. Proprio adesso che si discute del riassetto dei corpi speciali e dell'autonomia?». Gli fa eco il maresciallo Algesiro Cariglia, membro del Cocer, che parla a titolo personale: «E' un attacco concentrico! Ogni azione dell'Arma, vista attraverso una lente deformante, diventa un atto delittuoso. Non è possibile. Ribadisco che il comandante generale si deve dimettere perché non riesce a difendere l'Arma dagli attacchi». Francesco Grignetti sottosegretario alla Difesa, Massimo Brutti

Luoghi citati: Brescia, Roma, Siracusa, Venezia