Nella fabbrica del potere russo

Nella fabbrica del potere russo Nella fabbrica del potere russo // colosso energetico che crea i nuovi leader politici REPORTAGE I SEGRETI DELIA GAZPROM STAVROPOL DAL NOSTRO INVIATO Un confine significa qualcosa di più che un posto di dogana e un poliziotto addetto ai passaporti. La frontiera è come un ricominciare da capo, al di là di essa qualsiasi cosa sarà differente. A Mosca la trovi a metà di via Nametkina, dove la città rosicchia già le foreste di betulle. Qui si leva la cattedrale, il titano di vetrocemento della Gazprom, gigante del gas; e qui passa il confine visibile, fragoroso tra due Russie: quella vecchia, triste, indebitata, sudicia, un posto dove ci si abitua subito alla delusione, e quella che (forse) verrà, moderna, ricca, aggressiva. La vecchia Russia, con i suoi edifici accatastati in disordine, sghembi, di un grigio da foca, il fango e la neve sporca, ristagna attorno alla gigantesca cancellata come i rifiuti, le latte, i rami spezzati si infrangono contro uno sbarramento o una diga. La «città» della Gazprom è un'altra cosa. Lusso da nuovi ricchi. Pietre nuove. Cemento nuovo. Scalinate babiloniche, fregi aulici. Ascensori appena usciti di fabbrica. Rami, ottoni, metalli nikelati, ossidati, cromati, bicromati, pareti intere di cristallo, vetrine girevoli, ascendenti discendenti, tutti gli orrori dell'architettura del Novecento, tutte le bellezze del Novecento. La luce ubriaca, acceca, stordisce. Atrii con ampiezza da basilica, dove trovate tutto: uffici, albergo a cinque stelle, banca, i biglietti della linea aerea (di proprietà della compagnia) per volare in mezzo mondo, i giornali (della compagnia, due nazionali e più di cento tra regionali e provinciali), i biglietti per la squadra di calcio (della compagnia) che, naturalmente, domina il campionato, le foto degli ospedali che ha fatto costruire in tutta la Russia e dei marmi con cui ha abbellito la nuova Cattedrale del Redentore. Tutto ciò che vedete viene dall'estero, è stato comperato a caro prez zo, persino l'impresa che ha costruito il complesso era turca. Eppure tutto questo è Russia, qualcosa di più di uno Stato nello Stato. Puoi viaggiare da un capo all'altro del Paese attraversando i fusi orari restando sempre sotto la bandiera della Gazprom, un po' come attraversavi l'India di Kipling di proprietà della Grande Compagnia. La Gazprom tiene nel portafoglio il 25 per cento della produzione mondiale del gas e con trentatré trilioni di metri cubi di riserve già esplorate si è assicurata un futuro ancora più roseo. Nel Gotha delle cinquecento più grandi compagnie del mondo, stilato dal Financial Times, in un anno è passata dal 421° al 91° posto. Mentre l'Unione Sovietica agonizzava la Gazprom arrotondava il business e firmava contratti. Il volume del gas venduto all'estero è aumentato del 51 per cento, e per la prima volta le azioni della Gazprom hanno cominciato a contare anche nelle Borse eu- ropee. Nella sala di controllo un gigantesco schermo, dove è tracciata la sagoma della Russia e dell'Europa, è striato da centinaia di lunghe e sottili linee luminose. Sono i centoquarantaseimila chilometri di gasdotti, le arterie di un impero: dalle trivelle che in Siberia, dove si trovano metà degli elementi della tavola periodica di Mendeleev, aspirano il gas nascosto sotto chilometri di gelo, fino alle centrali di compressione che lo invia- no ai clienti europei. La Gazprom assicura la quarta parte del bilancio sgangherato di Eltsin, è la locomotiva della riforma economica, la prova concreta di un possibile rinascimento industriale. E' così potente da poter regalare il gas ai russi (lo scorso anno solo l'otto per cento dei suoi clienti ha pagato le forniture); è diventata con alcuni trilioni di rubli forse il più grande creditore del mondo ma può permetterselo perché, al contrario del petrolio, il prezzo del gas sui mercati internazionali non ha subito flessioni. Siamo nel cuore della tumultuosa transizione russa, nel nocciolo duro del «capitalismo politico». Qui regna sempre la vecchia lobby dei direttori, i dirigenti delle an tiche imprese statali, i mana ger di grado medio che aveva no scalato passo dopo passo la impervia gerarchia sovietica, che hanno nascosto gli antichi dei del focolare comunista e hanno magistralmente messo il marchio sul futuro. La struttura societaria della Gazprom è lo specchio della nuova Russia, qualcosa di profondo e di torbido, un monopolio di Stato semi-privatizzato. La finanza in Russia è un terreno mutevole, più mare che terra: un grosso pacchetto di azioni, ad esempio, è nelle mani dei figli di Cernomyrdin, il premier appena deposto, che è stato il boss della Gazprom (e si sussurra ne sia rimasto il segreto padrone). La vera battaglia politica russa è quella che si gioca attorno a queste quote, ai car¬ sici passaggi di proprietà. E' in queste sale che si allevano i premier, gente che ha idee limpidissime tagliate nel granito di una coscienza di ferro, ben diversi dai nuovi ricchi che tifano per gente come Ciubais. Gente che parla come l'attuale presidente Rem Viakhirev: «In decenni abbiamo costruito questo immenso sistema integrato, dall'estrazione alla vendita del gas che non avrà concorrenti ancora per cento anni. Dicono che siamo conservatori, ma nes suno potrà distruggerci». Era in prima fila, Viakhirev, sod disfatto e plaudente, alla con ferenza stampa in cui Cernomyrdin ha lanciato la sua candidatura al Cremlino. La Gazprom è la vera erede della politica estera dell'Urss Ucraina e Bulgaria, quando discutono delle forniture di gas, mansuete, dimenticano la Nato e i sogni di Occidente e ritrovano antiche passioni per i signori di Mosca. L'Uz bekistan ha litigato con la Ga zprom e la sua rendita è calata l'anno scorso del cinquanta per cento. Perché senza i gasdotti (e gli oleodotti) le ricchezze di questi Paesi sono soltanto numeri e cifre. E le chiavi di queste arterie sono saldamente nelle mani della Gazprom; che progetta già nuove linee per vincere la battaglia per il controllo di questa zona vitale del mondo e tenere a bada nuovi e vecchi rivali come Usa e Iran. Qui, nella pianura gelata a poche miglia da Stavropol, si inaugura un nuovo tratto di condotto, un altro round vittorioso di questa guerra. Lo sfrigolio della fiamma si stabilizza in un rombo tuonante, brucia con ostentazione nel vento furioso. Le bandiere (grandi) della Compagnia e quelle (piccole) della Russia spruzzano tocchi di colore caldo sul fango. Sulla tribuna sfilano i notabili di ieri e di oggi: facce di gente che sembra abbia avuto sempre cinquant'anni e giovani tecnocrati arrivati da Mosca, giacche di pelle brezneviane e loden occidentali. Un operaio armeggia attorno a un altoparlante. Ti aspetti che parta l'Internazionale; esplode, invece, giocoso un concerto di Chopin. Domenico Quirìco La compagnia produce il 25 per cento del gasjnondiale e assicura un quarto del bilancio dello Stato, anche se gli utenti russi non pagano Al suo interno si sono riciclati i vecchi manager sovietici, adottando criteri capitalistici; e vi allevano una nuova classe di dirigenti PRODUZIONE DI PETROLIO E GAS NEL 1996 GAZPROM ROYAL DUTCH/SHEU EXXON m MOBIL BP CHEVRON ÀMOCO YUKSI LUKOIL TEXACO ARCO S URGUT N E FTE GAZ TOTAL [in miliardi di barili equivalenti di petrolio escluse le compagnie controllate datto Stato] FQNTFEnetgy Intelligence; . Gioupì PlW - MFX ; -. ; Renaissonce" La centrale di controllo della Gazprom

Persone citate: Cernomyrdin, Chopin, Ciubais, Eltsin, Kipling, Mendeleev