LE AVVENTUROSE DELL'800 di Mirella Appiotti

LE AVVENTUROSE DELL'800 MOSTRA LE AVVENTUROSE DELL'800 In fuga dal maschilismo la donna scoprì i viaggi UESTO viaggio è un'imSLJb presa molto dura e pe^^^ricolosa, bisogna essere resistenti nel corpo e nello spirito per proseguire... il caldo ci divorarle mosche ci ossessionano di giorno, le zanzare di notte... prima di tutto bisogna salvare la pelle». D'altronde a Louise Colet piacciono la lotta, le emozioni violente della vita: è il 1869, inviata da «Le Siede» all'inaugurazione del Canale di Suez, approfitta dell'occasione per «pestare le orme» lasciate vent'anni prima da Flaubert, suo grande amore e ossessione, emigrato temporaneamente tra le piramidi con Maxim Du Camp forse proprio per sfuggirle. La poetessa, lanciata da Chateaubriand, non è comunque l'unica a «sentire il richiamo d'Oriente» come fascinosamente ci rivela la mostra «Viaggio in Egitto: racconti di donne dell'Ottocento» organizzata dal Centre Culturel Frangais con il Museo Egizio insieme alle ambasciate egiziane e francese, la parigina Académie des Inscriptions et Belles-lettres, l'Iice, il Cirvi, le nostre Università e Regione. Sino al 28 giugno le sale di via Accademia delle Scienze 6 (orario dal martedì al sabato 9-19, domenica e festivi 9-14) ci illustrano, tra fotografie, stampe d'epoca, manoscritti, insieme all'avventura di Louise, quella di altre donne eccezionali: dalla «femminista bellicosa» Olympia Audouard alla contessa svizzera dalle forti tendenze evangelizzatrici Valérie de Gasparin; da una letterata finissima «à la Sevigné» come la belga Juliette de Robersart alla sansimoniana figlia d'un cappellaio parigino Suzanne Voilquin. C'è anche un'italiana, Amalia Nizzoli. Toscana ma d'origine torinese, bellissima, morta a 35 anni, approdata al Cairo con la famiglia e sposata ad un triestino emigrato, è stata una delle pioniere negli scavi di Saqqara. Esperienza certo non comune all'epoca. Ma non così eccezionale. Siamo, è vero, nei primi decenni del XIX secolo, non a grandissima distanza di tempo da quando il terribile calvinista Rousseau scriveva «ogni donna che si fa vedere si disonora». E «tanto più colei che viaggia!» commenta Michele Perrot nella celebre sua (e di George Duby) «Storia delle donne» di Laterza. All'epoca «il sospetto pesa sugli spostamen¬ ti delle donne e in particolare delle donne sole...» (perché, adesso no? Almeno in alcune zone neppure tanto lontane del pianeta?). E' anche vero, però, che le donne ampiamente parteciperanno alla mobilità, che «grazie allo sviluppo dei trasporti, ha conquistato la società occidentale, soprattutto dopo il 1850». Emigranti per necessità economica o politica, sono anche viaggiatrici per scelta il che non avviene «senza conseguenze per la loro visione del mondo». Altro che. Queste signore che per passare attraverso le maglie del «maschilismo» più feroce si travestono da uomini (e mica solo George Sand nei suoi viaggi con Musset, la pratica era abbastanza diffusa e non esclusivamente tra le intellettuali), sono state già protagoniste delle lotte per l'emancipazione, infatti che altro erano le tricoteuses, disturbatrici delle assemblee alla vigilia della Rivoluzione? Sono state o saranno patriote, e, tra le nostre veterocompagne, basta pensare a Cristina di Belgioioso, alla «Nicchia» di Castiglione, a Giuditta Sidoli, la donna amata da «Pippo» Mazzini. Quindi perché stupirci delle grandi viaggiatrici del nostro «quasi» ieri, le Lou Salomé, le Karen Blixen, o la, pur grande, fotografa Gisela Freund? Ci voleva certo più coraggio per Olympia Audouard fare amicizia con lo sceicco dei cammellieri e per Amalia Nizzoli passare la notte in uno dei «caie» 24 ore su 24 sull'Esbekiya, che per Dacia Maraini andare nel deserto insieme a Moravia e Pasolini. Con tutto il rispetto. E la mostra garbatamente lo conferma. Mirella Appiotti

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Olympia, Suez, Toscana