Eurodisney, dove comandano i piccoli

Eurodisney, dove comandano i piccoli Nella Città del Desiderio l'unica unità di misura accettata è dire sì a ogni richiesta dei bambini Eurodisney, dove comandano i piccoli Addio gerarchie, i genitori ridotti a ufficiali pagatori IL POTERE IN MANO PARIGI ELLA hall dell'albergo Pluto e Pippo fanno le moine davanti a turbe di bambini in estasi, ma nei sotterranei signori compitissimi in giacca e cravatta si scambiano idee e informazioni sul tema che dà il titolo al seminario a porte chiuse: «Kid Power». Solo che tu non stai nel seminario dal titolo che riflette esattamente lo spirito del luogo in cui ti trovi. No, tu stai nella hall assieme a Pluto, figura da onorare ed ammirare nel luogo dove si celebrano i riti del «Potere bambino». In viaggio con tua figlia, certo, ma pur sempre nella capitale europea del «Potere bambino» si realizza il mondo parallelo in cui i genitori vengono ridotti alla pura essenza di ufficiali pagatori, finanziatori di un universo a testa in giù in cui ciò che è finto è vero, e ciò che è simulacro è la sola realtà possibile. Si chiama Eurodisney, ed è la meta obbligata di un pellegrinaggio che da anni vede impegnati milioni di genitori. Genitori che ridono con i figli, si reinventano un'identità infantile in compagnia dei propri figli, credono di regalare ai loro figli il regalo più bello, si inchinano al «Potere bambino» con la complicità di figli padroni, despoti, sovrani assoluti di un weekend in cui sono destinate a deflagrare gerarchie e priorità consuete. Non appena varcata la soglia della Città del Desiderio, «Potere bambino» impone la preventiva bambinizzazione dell'adulto. Cui per prima cosa viene sottratto da graziose hostess perfettamente addestrate lo scettro simbolico del dominio e della responsabilità che nell'altro mondo, quello lontano da Eurodisney, sancisce il primato dei genitori sui figli minorenni: il denaro. Il progressivo smotta mento di un'identità adulta che si sbriciola nell'accettazione di una full immersion in stanze d'albergo puerilizzate, sale ristorante piegate all'immaginario disneyano, ai' chitetture miniaturizzate che richiamano simbologie infantili, tutto questo impaUidisce di fronte al cortese, sorridente ma brutale spossessamelo d'autorità esegui to da solerti funzionane dell'onnipotente e onnipresente «Potere bambino». Al posto di contanti, monete e carte di credito il genito re bambinizzato viene infatti mu nito di una simil-carta da esibire in ogni simil-negozio, simil-snack o simil-ristorante in cui ci si può imbattere nella simil-città a misura di bambino dai cui tentacoh si viene carpiti. I conti veri verranno dopo, quando la malìa bambino cratica si dissolverà e al ritorno, nella città degli adulti, occorrerà scorrere negli estratti-conto cifre vere e colonne disastrosamente squilibrate sul versante del dare. Ma nello stato di sospensione morale e temporale, nel cuore dell'universo concentrazionario di mar ca Disney, il portatore della simil carta è come se si muovesse in una nuvola di stordita deresponsabi lizzazione finanziaria, come se soldi fossero diventati banconote del Monopoli, strumenti di gioco, virtuali «pagherò»: roba finta che finge di essere vera o roba vera che crede di essere finta? Eurodisney è più di una super giostra, è più di un gigantesco luna park, è più di uno sterminato parco giochi. Per quanto immersi nel fracasso, nella fantasmagoria del le luci, negh odori grevi di spunti ni dal contenuto calorico assassi no, la giostra e il luna park conservano pur sempre un rapporto con il mondo circostante e con le consuetudini dell'universo «norma le». L'ingresso nel mondo bambi no di Disneyland, invece, è un rito iniziatico che contempla la frattu ra emotiva con il mondo che si lascia alle spalle. E' un percorso simbolico le cui tappe prevedono il progressivo abbandono dei canoni che reggono la civiltà in cui il genitore è chiamata ad esercitare una qualche forma, ancorché pallida e depotenziata, d'autorità sui propri figli e il traguardo consiste nell'ingresso in un territorio in cui il desiderio bambino è l'unica unità di misura accettata. Anzi, dove la distanza tra il desiderio bambino e il suo esaudimento si accorcia e si restringe fino al punto di scomparire per costruire la Città del Desiderio in cui ogni scarto tra la realtà e l'immaginazione viene compiutamente colmata. Quel papero che si avvicina nel cuore del villaggio disneyano non è che sembra Paperino: è Paperino. Ed è proprio Minnie quella maschera di Minnie che accarezza la testa di tua figlia e allora tu ti sdilinquisci, estrai con automatismo pavloviano la macchina fotografica, inviti tua figlia a posare «con Minnie», speri che tua figlia creda davvero di aver posato «con Minnie» e non, banalmente, «con una maschera». Poi ci sono le «attrazioni». File ^terminabili, schiacciati come sardine: ma non si è mai vista in una città retta dal potere adulto una fila così paziente e disciplinata, una disponibilità così totale a mettersi in colonna, al gelo o nella canicola, senza fiatare, senza smaniare, senza alzare la voce. «Potere bambino» non prevede gesti di insofferenza che denuncerebbero una relazione ancora troppo vincolante con la dimensione sociale del tempo scandito dall'orologio. Anche perché che senso avrebbe la protesta sia pur sommessa, la supplica al despota bambino di rinunciare, di riprovare più tardi, di escogitare un modo per evitare sessanta minuti sessanta di fila? Nessuno: non avrebbe nessun senso. I figli insistono per la semplice ed elementare ragione che comandano loro ed il tempo è nella Città del Desiderio un'istituzione abolita. Ma al termine della fila sinuosa e attorcigliata ecco stagliarsi la barchetta, il trenino, l'aeroplanuccio, insomma il minimezzo di trasporto che annuncia il fatale ingresso nelT «Attrazione». L'«Attrazione» è l'ultima frontiera dell'abolizione della realtà. All'esterno, per le vie della Città bambinocratica, resta pur sempre la luce del giorno o il buio della notte a segnalare un legame con l'esperienza consueta della vita in cui ci hanno insegnato che: gli esseri umani non possono volare, i morti non resuscitano, gli animali non parlano il linguaggio degli umani e così via. All'interno delle grotte e dei labirinti nel cui scenario si svolgono le scene fondamentali dell'«Attrazione» quest'ultimo anello viene spezzato. Improvvisamente diventi Peter Pan e, con musica di accompagnamento che milioni e milioni di bambini conoscono a memoria dopo aver già voracemente consumato videocassette d'uso domestico, sorvoli Londra in un paesaggio stellato come se la polverina d'oro di Campanellino ti trascinasse nei paraggi di Capitan Uncino. Altra fila e inizia il percorso visivo, sonoro e sensoriale che nella penombra di una grotta fa scorgere Biancaneve come fosse una vicina di casa, oppure Pinocchio assediato da coetanei che scalciano come ciuchini, ragliano come ciuchini. Anzi, sono ciuchini. E i pirati sono pirati, i fantasmi sono fantasmi, i bambini sono bambini ma anche gli adulti sono bambini. Sì, ma perché? Perché turbe di genitori adoranti si sottopongono al rito dello spossessamene, accettano di essere defraudati, in¬ fantilizzati, ridotti ad accompagnatori inebetiti, braccati da un commento musicale invadente e ossessivo che non lascia un attimo di libertà? Dicono: perche i genitori amano i propri figli e amano vedere gli amatissimi figli divertirsi. Sarà, ma non spiega la radicalità di una scelta così drastica di provvisorio autoannientamento. Dicono anche: ma quale autoannientamento, i genitori tornano bambini si divertono quanto se non più dei loro figli, Topolino fa parte del loro immaginario, della loro memoria, del loro modo di dare corpo ed espressione a fantasie sepolte in ciascuno di noi, eccetera eccetera. E' vero, per l'adulto che ha da poco superato la quarantina, Eurodisney suona ancora, se presa a piccole dosi, come un'esperienza straordinariamente divertente. A piccole dosi, però. Ma provate a tenere i genitori prigionieri del «Potere bambino» per un tempo superiore a quello solitamente dedicato alla visita alla Città del Desiderio: leggerete 0 panico sul volto dei funzionari pagatori, un senso di claustrofobia dipinto sul volto stremato di adulti che, come in un incubo, sentono di non riuscire più a tornare alla loro dimensione originaria, nanetti imbelli che annaspano dipcratamente alla ricerca di ima via di uscita. E allora? Allora una spiegazione potrebbe essere questa: il divorante senso di colpa di genitori assenti e perseguitati dal fantasma dell'inadeguatezza che suggerisce l'espediente del martirio riparatore, dell'autosacrificio purificatore che restituisce ai tigli l'immagine di un genitore attento e partecipe, abbordabile e complice. Oppure un'altra spiegazione potrebbe essere che il viaggio iniziatico nei territori della fantasia bambina offre il contrassegno più eloquente del collasso pedagogico di genitori che si arrendono, che inseguono i loro figli fino al punto dì lasciarsi inghiottùe dal loro universo parallelo, fitto di nenie e pupazzi, illusioni ottiche ed effetti speciali. Dove emerge la sensazione che l'unico modo per farti accettare da tua figlia è di diventare come lei, incline allo stupore e alla meraviglia come lei, tentato dalla reiterazione del gioco esattamente come lo è lei. Come se fossero bruciati e screditati tutti i modelli di vita e i sistemi di valori che ti piacerebbe che lei capisse e apprezzasse. Come so indicare obblighi e norme, traguardi e obiettivi morali apparisse operazione così iimaturale, artificiosa, compromettente e faticosa da rischiare di offrire un'immagine d'autorità così deformata e storpiata da assomigliare alla strega repellente che con la sua mela avvelenata vuol cancel lare Biancaneve. Poi ci sarebbe la spiegazione del consumismo esasperato, della forza irresistibile del richiamo dei media, eccetera eccetera. Spiegazioni interessanti, ma che non afferrano l'incubo del «Potere bambino» che si materializza in una simil-città che a poclù chilometri da Parigi rovescia il mondo e i suoi parametri come se la vita fosse un interminabile carnevale. Il divertimento ò assicurato. Purché sia sempre in vista l'uscita di sicurezza: a Parigi, a ParigiPierluigi Battista Ma solò un divorante senso di colpa di padri assenti spiega l'accettazione di code e l'inebetimento per ore senza pace Immagini da Eurodisney, il più grande parco divertimenti d'Europa

Persone citate: Disney, Peter Pan

Luoghi citati: Città Del Desiderio, Europa, Londra, Parigi