Assisi, la festa scaccia la paura

Assisi, la festa scaccia la paura Assisi, la festa scaccia la paura Turisti e fedeli per la Domenica delle Palme IL LENTO RITORNO ALLA VITA ASSISI DAL NOSTRO INVIATO «Vada vada, che pericolo non c'è. Qui anticamente durante i terremoti la gente veniva addirittura a cercare riparo». Sul sagrato di S. Francesco, il veccho taxista esorta il turista che chiede ragguagli, ma più per una sorta di scaramanzia che per vero timore. La Basilica inferiore invero è intatta coi suoi affreschi del maestro delle vele, di Cimabue e di Simone di Martini, e a metà mattina celebra la Domenica delle Palme, affollata, se non proprio gremita come gli altri anni. Il tempio religioso, la tomba del santo eretta in soli ventidue mesi ad appena due anni dalla sua morte (nel 1228), del resto è da sempre questo, non la Basilica superiore con le storie di Giotto, diventata il funesto simbolo del terremoto umbro-marchigiano. Fuori c'è un gran vento. Ma sotto, le basse volte a crociera dipinte di azzurro risuonano dei canti del coro e paiono davvero proteggere. Padre Berrettoni, che coordina la messa solenne officiata da dieci sacerdoti, ringrazia le 50 coppie che hanno passato tre giorni in ritiro, «per vivere un'esperienza dello spirito» e ora affollano i transetti coi loro bambini, gli stessi che prima della messa sono scesi in massa alla chiesa con in mano i rametti di ulivo e le foglie di palma intrecciate, come quelli che accolsero Gesù a Gerusalemme. Un rito che si ripete ogni anno uguale, con la differenza, oggi, che la benedizione delle palme non si è fatta sul sagrato della Chiesa superiore, ma in un fabbricato poco lontano, la sala Norsa. Tanti i turisti, stranieri e italiani, incuranti del terremoto, sereni, fatalisti, soprattutto i più ferventi, abituati a percepire la vita come qualcosa che non appartiene interamente a loro. E spontaneamente, parlando del sisma e della paura, si finisce col parlare di morte. Una famiglia austriaca, bella e bionda è qui da qualche giorno. «Paura? In una settimana siamo ancora vivi», scherza il padre. Un gruppo di scout adulti arriva da Pesaro, famiglie con bambini anche piccoli. «Era una gita programmata da tempo e abbiamo deciso di partire lo stesso». Un gruppone di duecento persone arriva dalla Romagna, regione laica. Il paese di Roncofreddo si è gemellato con Valtopina, uno dei Comuni umbri più colpiti dal sisma. «Abbiamo regalato una Panda e un computer e ora rendiamo loro la visita», racconta Rita, la moglie del sindaco, accanto a lei sul banco. La madre anziana annuisce «Non ha paura della morte e nem meno del terremoto», aggiunge la figlia. Nella cripta, scavata solo nell'800 sotto la basilica, nella roccia viva, un altro gruppo, questo di ragazzi della parrocchia di Anzio, intona dei canti. Raccontano di fanatici che vestiti di sacco, scalzi, vanno in giro ammonendo «pentiti Assisi». «Noi non siamo d'accordo». Il frate che sorveglia la tomba del Santo racconta invece la strana impressione del terremoto vissuto lì sotto. «E' come stare nella pancia della balena, anche il rumore è più sordo». «Si cerca di esorcizzare» sorride Gian Piero, giovane architetto venuto a messa con la fidanzata e il suocero, uno dei pochi fedeli di Assisi. In che senso esorcizzare? «Facendo finta di niente. Quando il vero evento catastrofico ci sarà, tanto lo si avvertirà dappertutto. Ma è come la morte. Si sa che avviene, ma non ci si pensa». Secondo Gian Piero gli assisani in chiesa non sono più del 10-15 per cento. Il vero evento pasquale, che richiama folle da tutto il circondario è, tradizionalmente, la processione del Venerdì Santo. Ma i residenti ormai scarseggiano in sé. «Erano già pochi, dopo il sisma non ce ne sono quasi più. Almeno nel centro storico» aggiunge Francesco Mollaidi, che ha un negozio di prodotti tipici le cui vendite sono crollate, e se la prende con la stampa allarmista, ma soprattutto con la televisione che continua ad associare le immagini delle nuove scosse con quelle, ormai famose nel mondo, del crollo della volta della Basilica superiore. «In realtà qui ad Assisi i danni sono stati limitatissimi. Gli alberghi sono intatti. Ma con tutta questa propaganda confusa, i turisti disertano. E se non vengono ad Assisi che ne è il cuore, tutta l'Umbria ne risente». Sarà pur vero che non ci sono rischi, ma la paura c'è. Fuori, sulla soglia del convento, padre Nicola spiega il cambiamento che si è prodotto negli animi: «Il terremoto fa toccare la precarietà, l'incertezza, ma fa anche scoprire la solidarietà, la vicinanza con le persone. E' un fenomeno che mette in crisi, perché sovverte gli stili di vita, i modi di sentire, di pensare, di rapportarsi con gli altri». Non produce pànico? «Certo. Le persone più deboli, psicologicamente o fisicamente, ne soffrono di più, come del resto nella vita». Fa una pausa, poi aggiunge: «Lo sente il vento? Ci dà fastidio, ma lo sopportiamo, perché è un evento naturale. Come lo è il terremoto, col quale bisogna imparare a convivere. I triestini non convivono forse con la bora che fa crollare alberi e scoperchia i tetti?». Sarà pure. Ma nel pomeriggio, quando l'ultima forte scossa viene avvertita anche ad Assisi, i fedeli scappano gridando anche dalla Basilica inferiore. Che tuttavia regge bene. Tanto che la messa del vespro si svolge come sempre. Maria Grazia Bruzzone Dopo il sisma la gente fogge dalla Basilica ma poi la messa si svolge come sempre I commercianti però si lamentano: «La tv ci rovina mostrando vecchie immagini» In basso, il sottosegretario alla Protezione civile Franco Barberi. A fianco, un grafico culi i numeri del terremoto che da oltre sei mesi colpisce Umbria e Marche

Persone citate: Berrettoni, Francesco Mollaidi, Franco Barberi, Gesù, Gian Piero, Maria Grazia Bruzzone, Norsa, Palme