Il calvario degli Yanomami

Il calvario degli Yanomami La siccità minaccia gli indios già decimati da epidemie «importate», cercatori d'oro e inquinamento Il calvario degli Yanomami Dopo il rogo in Amazzonici, la carestia BOA VISTA NOSTRO SERVIZIO Dopo tre mesi di siccità, le forti piogge cadute nell'ultima settimana sullo Stato di Roraima, devastato da oltre due mesi dagli incendi, hanno permesso di spegnere la maggior parte dei focolai. Ma passata l'emergenza fuoco, resta il fatto che la fame incombe su una delle ultime grandi tribù amerindie ad aver essenzialmente conservato il proprio modo di vita ancestrale. Disseminati su un territorio di 200 mila km quadrati, a cavallo tra il Sud del Venezuela e gli Stati brasiliani di Roraima e di Amazonas, circa ventimila Yanomami, cacciatori e agricoltori che vivono in capanne comuni chiamate malocas, si apprestano ad affrontare una nuova prova: la mancanza di cibo, causata dalla devastante siccità che ha colpito per sei mesi il NordEst dell'Amazzonia. «I prossimi due anni si annunciano drammatici, perché alla perdita dei raccolti di manioca e di banane, che costituiscono buona parte della loro alimentazione, si aggiunge quella delle sementi indispensabili al rinnovamento degli orti», dice Mathieu Léna, responsabile del presidio sanitario gestito dal 1991 da Médecins du Monde nella comunità indiana di Paapiu, 285 chilometri ad Ovest di Boa Vista. La situazione è aggravata dal prosciugamento del letto dei fiumi, che ha provocato la formazione di pozzanghere di acqua stagnante, vivai ideali per le larve di zanzara. Endemico in questi luoghi il paludismo, grande flagello presso gli Yanomami, rischia di propagarsi molto presto nelle malocas isolate, soprattutto nel Nord-Est dello Stato di Roraima, una regione ricca di valli e di difficile accesso. «In questo caso, senza una mobilitazione eccezionale dei servizi sanitari, c'è da temere un'ecatombe, tanto più che la mancanza d'acqua potabile è responsabile delle infezioni intestinali che affliggono le comunità più colpite dalla carestia», sottolinea il prete Carlos Zacquini, direttore della Commissione pro-Yanomami (non governativa). Egli denuncia d'altra parte i massacri di animali selvaggi perpetrati da cacciatori bianchi attorno ai rari punti d'acqua dove la selvaggina va ad abbeverarsi. «Senza manioca, senza selvaggina, come faranno gli Yanomami a sopravvivere? - si indigna -. Proteggerli significa anche preservare la biodiversità della riserva, di cui l'umanità ignora le ricchezze». Protetti a lungo dai contatti malsani grazie all'isolamento del loro territorio, i 9600 Yanomami del Brasile subiscono da un quarto di secolo un insidioso genocidio. Il loro calvario è cominciato nel 1973, con l'apertura del cantiere per la strada Perimetrale Nord, che attraversa oggi il Sud del Roraima. Un migliaio di loro soccombette in qualche mese alle malattie contagiose portate dagli operai. Per loro grande sfortuna, gli Yanomami vivono in un vero eldorado minerario, imbottito tra l'altro d'oro e di cassiterite (un minerale dello stagno). La corsa all'oro che, nel Roraima, è cominciata nel 1987, ha portato loro un colpo terribile, da cui stavano appena per risollevarsi prima di subire le conseguenze di El Nino. In tre anni da 30 a 40 mila garimpeiros (cercatori d'oro) hanno invaso il loro territorio attraverso un centinaio di piste d'atterraggio aperte in piena giungla. Le conseguenze sono state stragi, epidemie, rarefazione della selvaggina, devastazione dell'ambiente naturale, inquinamento dei corsi d'acqua per gli scarichi di mercurio, utilizzato nell'amalgama della polvere. Solo sotto la pressione della comunità internazionale il Brasile ha decretato, nel 1990, l'espulsione dei cercatori d'oro ed ha poi ufficializzato, due anni più tardi, la demarcazione della riserva degli Yanomami, che si estende per 98 mila km quadrati. Malgrado le operazioni repressive lanciate periodicamente dalla polizia federale, un migliaio di garimpeiros continuano a lavorarvi clandestinamente. Le organizzazioni non governative di difesa degli indiani temono inoltre l'eventuale regolamentazione dello sfruttamento minerario nelle riserve indigene, previsto dalla Costituzione del 1988 e da allora ancora in sospeso al Congresso. Jean-Jacques Sévilla Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Da sei mesi non piove Perduti i raccolti decimata la selvaggina Il paludismo in agguato q p grio, utilizzato nell'amalgama della polvere. Solo sotto la pressione della comunità internazionale il Brasile ha decretato, nel 1990, l'espulsione dei cercatori d'oro ed ha poi ufficializzato, due anni più tardi, la demarcazione della riserva degli Yanomami, che si estende per 98 mila km quadrati. Jean-Jacques Sévilla Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» nello Stato di Roraima e indios Yanomami Terra bruciata nello Stato di Roraima e indios Yanomami

Persone citate: Mathieu Léna

Luoghi citati: Brasile, El Nino, Italia, Venezuela