E Pulivo diventò «Ciampista» di Stefano Lepri

E Pulivo diventò «Ciampista» E Pulivo diventò «Ciampista» Sul rigore intesa politica entro maggio IL GOVERNO E «LA FASE 2» L ROMA A controversia sulla «fase due» del governo è chiusa, e piovono applausi per Carlo Azeglio Ciampi. Niente più mugugni contro il rigore, al convegno organizzato dai gruppi parlamentari dei democratici di sinistra su Euro, sviluppo e occupazione. Il «Dpef», il documento programmatico del governo che sarà pronto tra due settimane, non diverrà materia di contrasto nell'Ulivo. Certo Rifondazione comunista ha ancora molto da obiettare, ma anche il segretario del ppi, Franco Marini, pensa che la discussione avrà esito positivo; mentre Massimo D'Alema sostiene che con Bertinotti «non importa la durata dell'intesa, importano i suoi contenuti». Per rispondere alle preoccupazioni tedesche, olandesi e della Commissione europea, il Dpef potrebbe dunque ricevere una prima approvazione politica, da parte delle commissioni Bilancio di Camera e Senato, prima del 1° maggio. Così il solenne vertice europeo che prenderà le decisioni definitive sull'Euro giocherà sul sicuro. Si è saputo ieri che il Dpef stabilirà per il 1999 una crescita dell'8-9% nelle spese per investimenti pubblici (contro il 4% prima ipotizzato), dirette soprattutto ad acquedotti e strade nel Mezzogiorno e risanamento delle sue quattro grandi città (Napoli, Palermo, Catania, Bari). «Ci dovrà essere un obiettivo significativo di riduzione della disoccupazione» sostiene D'Alema. I calcoli del Tesoro si stanno muovendo sul difficile crinale della credibilità tecnica che un testo come il Dpef, destinato a lettori esperti e smaliziati in Ita lia e all'estero, deve avere (in quello del governo Berlusconi, il milione di posti di lavoro prò messi non potè comparire). Nei calcoli forniti dall'Ispe, uno sfor zo aggiuntivo per gli investimenti nella misura ipotizzata darebbe circa centomila disoc cupati in meno nell'arco di due anni. E anche gli osservatori internazionali prevedono che l'Ita lia nel '99 possa finalmente ere scere più della Germania e della Francia. Che per il Sud e l'occupazione si debba fare di più sono d'accor do tutti nella maggioranza - lo si è visto nella tavola rotonda tra D'Alema, Marini, Fausto Bertinotti, e per i Verdi Gianni Tamino al termine del convegno di ieri - Ciampi compreso. Ma questo «di più», per quasi tutti i grossi nomi dell'economia invitati i parlare dalla Quercia, è ben di verso dalle politiche care alla sinistra nel passato, grandi progetti di investimento o incentivi a pioggia. Ed è anche nell'interesse del Nord, come sottolinea il ministro del Tesoro: «0 siamo capaci di far ripartire il Sud o il Centro-Nord rischia di fermarsi presto per mancanza di manodopera». Si trattava di seguire l'esempio inglese di Tony Blair, più che quello francese di Lionel Jospin come molti hanno invitato il pds a fare -, ieri la direzione di marcia pareva questa. Nella gran parata di personaggi celebri, tra cui il commissario europeo Mario Monti, l'intervento «più a sinistra» è risultato non a caso quello dell'economista francese Jean-Paul Fitoussi. E uno dei più ascoltati è stato quello di Francesco Giavazzi, un liberista mai tenero con il governo Prodi. In apertura il sottosegretario al Tesoro Laura Pennacchi aveva affermato che il «patto di stabilità» per l'Euro non è assolutamente un vincolo contrario all'occupazione. «Qualità, non quantità della spesa» è la parola d'ordine. Cercano nuove vie economisti vicini all'Ulivo come Luigi Spaventa («rabbrividisco a sentir parlare di massicci investimenti») o Vaciago («per l'occupazione non serve né stampare moneta né dividere il lavoro con le 35 ore»). La crescita dell'occupazione può venire soprattutto da interventi di modernizzazione dell'economia, che rompano interessi corporativi e barriere alla concorrenza, che rinnovino l'amministrazione pubblica. D'Alema esalta i «contratti d'area» che garantiscono temporaneamente un minor costo del lavoro, stimolando le imprese a insediarsi. «In Italia è così difficile riformare il mercato del lavoro - sostiene Giavazzi - perché si fa po¬ co per evitare l'impressione che i lavoratori dipendenti siano gli unici che devono subire il costo delle nuove regole. Invece si fa poco per eliminare i privilegi dei dipendenti dei grandi monopoli pubblici, o le rendite dei professionisti protetti dagli Albi, o per controllare la produttività dei giudici, degli insegnanti delle scuole e delle università». E il problema della creazione di lavoro nel Mezzogiorno, ricorda Ciampi, è in primo luogo un prò blema di ordine pubblico: «Com battendo la criminalità organizzata ridaremo fiducia alla gen te». Stefano Lepri

Luoghi citati: Albi, Bari, Catania, Francia, Germania, Italia, Napoli, Palermo