Viaggio al centro della rabbia di Gad Lerner

Viaggio al centro della rabbia A Torino, una notte nei centri sociali: anarchia, musica e poi le incursioni in cerca di nemici Viaggio al centro della rabbia «Noi, portavoce della periferia esclusa» PRIMA PAGINA PROPRIO lì, sul Naviglio, dov'erano le osterie della mala quando lui vinceva il campionato europeo di charleston prima di aprire nel 1971 la libreria Galusca, Moroni aveva traslocato con loro un'ultima volta, occupando un capannone non si sa bene se coi punk, con gli anarchici o coi comunisti libertari dell'ultima generazione. Attorno prolifera il divertimentificio della Milano fine secolo tutta birra messicana, margarita e frutta tropicale. Dentro invece ribolle la rabbia sociale cui Moroni regalava l'utopia insieme a un po' di sana diplomazia. Con lui, uomo della vecchia leggera caro ai nuovi ribelli, muore la mediazione, la comunicazione tra due mondi. Edoardo Massari, l'anarchico trentacinquenne che moriva contemporaneamente nell'estrema solitudine del carcere torinese, cui nessuno potrà regalare il calore di un addio confortante come quello meritato da Moroni, diventa il simbolo del dopo. Il gelo. L'indifferenza. Il vuoto di mediazione e di comunicazione tra due pezzi di città destinati a guardarsi sempre più in cagnesco. Dov'è troppo facile cavarsela rilevando che la città dei drop-out, dei tagliati fuori, rimane piccola e marginale rispetto alla città legale: così si può solo farla crescere, predisponendosi a nuove guerre nella maniera peggiore. Come illudersi che nei quartieri periferici, dove la disoccupazione giovanile oltrepassa il 40%, non insorga un fermento contro anche da noi come a Londra o a Berlino? E allora sarà bene sapere che vista l'impresentabiUtà ormai conclamata del comunismo si sta rigenerando nei luoghi segregati l'idea anarchica. «C'è qualcosa di sinistro e spaventoso nella velocità vertiginosa con cui in molti settori i rapporti basati su un'ideologia di mutualità e doveri reciproci sono stati sostituiti da valori di mercato reali o simulati», ha denunciato alla London School of Economics il professore anarchico Colin Ward, e le sue lezioni vengono oggi tradotte in italiano dalla casa editrice e/o (La città dei ricchi e la città dei poveri). Ma nell'attesa che nuove utopie sostituiscano le vecchie, il tramonto della Milano avventurosa di Primo Moroni cede il passo a quella crudelmente disincantata dei romanzi di Tiziano Sciavi. Mentre la To rino orfana dell'operaismo resta muta, senza cantori. Dopo una riunione per vagliare i prò e i contro, accettano di incontrarmi poco prima di mez zanotte a Torino gli occupanti del centro sociale Gabrio, un grande asilo comunale «preso» nel settembre '94 in via Revello, tra il quartiere Cenisia e Borgo San Paolo. Visiterò la grande sa la concerti dove venerdì sono attesi i Mau Mau, il cinema, il teatro, il bar, lo spaccio, il laboratorio artistico e fotografico, la stanza col murale in mezzo a cui è riprodotta la famosa prima pagina di Lotta contìnua col delitto Calabresi, i gabinetti con su scritto «Questura». Ma prima ci riuniremo in un ufficio somigliante alle sedi fumose d'altri tempi, forse anche per la raccolta di Lotta contìnua conservata alle pareti insieme ai Gialli Mondadori. L'impegno è di non riportare nomi, semmai di inventarli. Indulgere sulle pettinature rosta, sul colore dei capelli, sul piercing alle orecchie o agli ombelichi, così come sui cani amatissimi da questi ragazzi, significherebbe solo descrivere la parte ovvia della loro identità. Il resto, forse, è meno facile da accettare. Le vetrine spaccate in centro? «Fate casino per qualche vetro rotto dopo le cariche della polizia, ma non c'è paragone con le molotov e le pistolettate Anni Settanta». L'accanimento contro il libraio Pezzana? «Lui è uno dei maggiori esponenti del pensiero sionista a Torino. Non è stato leso come persona, si è colpito un simbolo. Niente foiba ma un'intelligenza spontanea che si è manifestata sul campo esercitando violenza contro le cose, non le persone». E l'irruzione alla libreria della Stampa in via Roma? «I compa- gni anarchici hanno condotto senza violenza un'azione situazionista, con fumogeni e silicone. Solo il giudice Laudi può inventarsi un pericolo terrorista che non esiste, prendersi una scorta del tutto inutile, magari fare carriera sulla nostra pelle». Si sentono portavoce di una periferia esclusa, contrapposta al centro «salotto buono» protetto dalle istituzioni. «Ma chi non ha giornali e tv deve parlare attraverso le scritte sui muri. E poi vale di più il compagno Salvatore Ricciardi che sta morendo di cancro in galera, o un muro del centro pulito?». A proposito della sacra Sindone, adoperano epiteti che offenderebbero la fede di molti lettori: «Castellani ha paura che gli roviniamo la festa per l'ostensione della Sindone, elimina i barboni da via Viotti così come erige cancellate al mercato del Balon e in molti giardini. Come potremmo dialogare con una città così?». Non è strano che accanto ai testi dell'anarchismo e dell'anticomunismo di sinistra, dentro le librerie dei centri autogestiti ricompaiano i vecchi classici dell'anticlericalismo: perché nei quartieri - a parte i bar - come luoghi di ritrovo giovanile ormai ci sono solo loro e le parrocchie. Nient'altro. El Paso, il più vecchio e il più grande dei centri torinesi, è in via Passo Buole, vicino alla Fiat Mirafiori, là dove una volta il punto di riferimento era la sezione operaia del pei. I senzalavoro, i fìnti posti fissi delle cooperative, i precari dell'edilizia e i nuovi protagonisti di un artigianato post-industriale, semmai vanno al centro sociale, certo non in sezione. Neanche nelle sezioni di Rifondazione comunista. «I nostri rapporti con Rifondazione? Ma loro sono al governo! E anche se tornassero all'opposizione resterebbero un partito verticale mentre noi crediamo nella centralità dell'autogestione. Il potere va preso, ma per distruggerlo. E qui dentro noi creiamo un meccanismo per distruggerlo fin da subito, il potere». La notte lì dentro è soprattutto musica, ben prima della politica. La musica è il linguaggio, è il riscatto estetico attraverso cui riconoscersi e distinguersi. Se negli Armi Settanta il momento centrale era il corteo, alla fine dei Novanta cruciale diviene il concerto. Le incursioni all'esterno, nell'altra città, sono invece sporadiche, anche se la spirale maledetta degli arresti per l'ecoterrorismo rudimentale dei Lupi grigi sta moltiplicandole imprevedibilmente. Potremo ben dire, col senno di poi, che un'Alta Velocità ferroviaria simile a «un verminaio» - parola del ministro Burlando - in Val di Susa tra gli altri guai ha prodotto pure un similterrorismo straccione. Mentre a Torino spinge gli arrabbiati e gli squatters in cerca di nemici, fino a rincorrere a Palazzo Nuovo il professor Gianni Vattimo, cioè il più aperto dei docenti, colpevole di denunciare il vuoto culturale della nostra società «dopo aver passato un ventennio a demolire ogni speranza di mutamento sociale, ogni potenzialità liberatoria del pensiero». Parola di volantino firmato «Studenti s-creditati». Ecco, uno come Primo Moroni, sepolto ieri al cimitero di Chiaravalle proprio vicino alle tombe dei bambini, ci avrebbe riso su, avrebbe spiegato a Vattimo e Pezzana di portar pazienza, poi avrebbe condotto un dialogo col questore per trattare l'armistizio, e i ragazzi disperati - sapendo di potersi fidare di lui - gliene sarebbero stati grati. Tra loro, ci si può scommettere, diventerà un mito. Il mito di una sovversione ribalda ma sorridente dentro un Paese votato piuttosto alla tragedia. Ma intanto ieri a Milano abbiamo salutato forse l'ultimo mediatore possibile col territorio inesplorato dei senzalavoro e dei senzamemoria. Gad Lerner «Chi non ha giornali e tv deve parlare con le scritte sui muri» «Come si può dialogare con una città che mette i cancelli a giardini e mercati?» Edoardo Massari morto suicida in carcere A fianco una manifestazione di squatter a Torino