Mele: mai preso tangenti di Giovanni Bianconi

Mele: mai preso tangenti Mele: mai preso tangenti «Accettavo i viaggi, ma ricambiavo i favori» DAL NOSTRO INVIATO Ha indicato i numeri dei suoi conti bancari, le case e i terreni di sua proprietà. «Radiografate la mia situazione economica», ha detto ai pubblici ministeri che l'interrogavano, con un sottinteso: «Vedrete che non sono un morto di fame, ma nemmeno un corrotto. Potrò essere considerato un ingenuo, ma un con otto no». Per quasi sei ore, nel pomeriggio di lunedì, il procuratore generale di Roma Vittorio Mele ha risposto alle domande del procuratore di Perugia Nicola Miriano e dei sostituti Alessandro Cannevale e Dario Razzi. Abituato a stare dall'altra parte del tavolo, dopo 46 anni trascorsi con la toga sulle spalle, l'alto magistrato ha cercato di dare una spiegazione al gorgo nel quale s'è venuto a trovare, tentando di risalire. Ammette i viaggi di piacere all'estero pagati da Francesco Cavallari - l'ex re della sanità privata pugliese con una condanna patteggiata per concorso, esterno in associazione mafiosa, frode fiscale, false comunicazioni sociali e corruzione ma nega con decisione di aver mai preso una lira dal suo ex amico. «Il dottor Mele - detta con puntiglio l'avvocato Massimo Krogh, difensore del pg - ha respinto tutte le accuse di reato, e ha chiesto una radiografia della propria situazione patrimoniale, fornendo ogni elemento per renderla possibile. D'altronde sono accuse inconciliabili a prima vista con i percorsi della sua carriera e con il suo notorio impegno di militante dell'Associazione nazionale magistrati. Si tratta di un personaggio sovraesposto, già altre volte aggredito da accuse risultate completamente infondate». I pm di Perugia probabilmente lo ascolteranno di nuovo, e nel frattempo al Consiglio superiore della magistratrura è cominciato l'altro ((processo»: lunedì prossimo i magistrati umbri saranno sentiti per meglio conoscere la situazione del pg indagato per cor- ruzione in atti giudiziari. Ma la vera partita è quella che si sta giocando tra Mele e il suo accusatore, Cavallari. Non è escluso, in futuro, un confronto tra i due, e ieri l'imprenditore barese si è detto ((pienamente disponibile, e con molto piacere, a ricordare insieme fatti e circostanze». Fatti e circostanze che però hanno ricostruzioni contrapposte tranne che sui viaggi in Francia e alle Maldive, che Cavallari ha testimoniato di aver organizzato e pagato esibendo ai magistrati fotografie ed estratti conto. Replica l'avvocato Krogh: «Il dottor Mele ha fornito ampi chiarimenti ai magistrati ristabilendo la realtà dei fatti, che non è quella tanto colorita dalla stampa e che in ogni caso non autorizza ombre sulla sua condotta professionale». Ma non è forse un'«ombra» accet- tare il regalo di un week-end a Parigi, o di due settimane su un atollo dell'Oceano Indiano, da un inquisito? «Io non sapevo nulla dei problemi giudiziali del dottor Cavallari», ha risposto il pg di Roma ai pm di Perugia. Esattamente l'opposto di quanto dichiarato dall'imprenditore barese, che invece racconta episodi in cui l'allora giudice di Cassazione si interessava proprio delle sue «grane», per dargli una mano. ((A me appariva come una persona inappuntabile sotto ogni punto di vista, coinvolgente sul piano umano e assolutamente irreprensibile», ha detto Mele di Cavallari. E proprio per non rimanere in debito con un personaggio che offriva viaggi e vacanze (mai più visto dopo che vennero alla luce i suoi problemi con la giustizia) Mele cercava di ricam¬ biare cortesie e regali appena poteva. Ospitando Cavallari nella sua villa di Ischia, ad esempio; o facendo recapitare doni «importanti», del valore di qualche milione, in occasioni come il matrimonio di una figlia. A proposito di matrimoni: il legame tra i due s'era fatto talmente stretto che nel 1991 Cavallari fu testimone dello sposo alle nozze del figlio di Mele, che poi partecipò con la moglie al- la vacanza maldiviana. Ma in tutto questo, secondo Mele, non c'era alcuna contropartita in corruzione giudiziaria. Niente processi aggiustati, e soprattutto niente «mazzette», che invece secondo l'imprenditore il magistrato avrebbe intascato in almeno tre occasioni (350 milioni) tramite Antonio Ricco, il faccendiere barese ex braccio destro di Cavallari. Coi pm perugini Mele ha ammesso di conoscere anche Ricco, ma si sarebbe trattato di una «frequentazione occasionale e assolutamente trascurabile». Nessuna tangente, dunque, che del resto nemmeno Ricco dice di incordare. Su questo punto però, come su tanti altri, gli inquirenti dovranno scavare più a l'ondo, l'inchiesta e solo all'inizio. Vittorio Mele - alla soglia dei settantanni, dopo una carriera che l'ha visto sedere al Csm, alla procura di Roma, alla direzione generale del ministero della Giustizia e da ultimo alla procura generale della capitale - si sente vittima di un qualcosa «che non riesce a decifrare». Non parla di complotto né di congiura, ma se Cavallari mente - come il magistrato sostiene - ci dev'essere un motivo per cui lo fa, che Mele dice di non essere in grado nemmeno di immaginare. Di tutt'altro avviso Cavallari, il quale se ne sta tranquillo a Bari in attesa dei prossimi appuntamenti giudiziari (domani sarà a Brescia per essere interrogato sul capitolo riguardante Antonio Di Pietro), e che a proposito della radiografia economica sollecitata dal pg di Roma dice: «So che una cosa simile è stata già fatta a Milano per i suoi rapporti con l'agente di cambio Giancarlo Rossi; Mele aveva ricostruito la provenienza, secondo lui lecita, di tutti i milioni la cui gestione aveva affidato a Rossi. Già allora non riuscì a diventare procuratore generale». Poi lo divenne, e Cavallari scrisse ai pm Boccassini e Colombo: «Su questa persona so alcune cose». L'inchiesta di oggi è nata da lì. Giovanni Bianconi «Non sapevo che Cavallari aveva guai giudiziari Era coinvolgente sul piano umano» Anche il Csm apre un «processo» per conoscere la situazione del pg indagato per corruzione TOGHE SPORCHE L'INCHIESTA DI PERUGIA