LE BRAVE RAGAZZINE DEL '56 di Alessandra Comazzi
LE BRAVE RAGAZZINE DEL '56 a cura di Renato Scagliola LE BRAVE RAGAZZINE DEL '56 All'elementare Felice Rignon quando le classi non erano miste IO sono Alessandra Comazzi e queste sono le bambine della quinta 6, scuola Elementare Felice Rignon di Torino, dove gli alunni si dividevano rigorosamente in «maschi» e <<femmine». I maschi entravano da via Gioberti, le femmine da via Massena, le classi non erano mai miste. Varcare la soglia dell'altra ala del palazzo, per portare qualche piccola commissione della maestra al maestro, era come entrare in un mondo a parte. Noi del '56 abbiamo anche un inno, quello di Miguel Bosè: «Bravi ragazzi siamo, amici miei, tutti poeti noi del '56». Bene, noi poeti del '56 abbiamo frequentato le elementari dal 1962 al 1967, questa fotografia è stata scattata nel cortile della Rignon, verosimilmente nella primavera del '67: avevamo i soli grembiulini, senza per questo sfidare le intemperie. Le classi delle elementari erano un esempio di rigore quasi militaresco: in questa foto si vedono tutte le bambine ben allineate come i 44 gatti della canzone, con le braccia conserte e, nella fila davanti, le gambe incrociate, rigorosamente la destra sulla sinistra. Manca la maestra, Margherita Calvo, una donna che ci seguì per tutti e cinque gli anni. Era, almeno questo è il ricordo, minuta e ossuta, gonna marrone e golfino beige, con sobria collana d'avorio. Molto piemontese: discreta, schiva fino al punto da non farsi nemmeno ritrarre insieme con le alunne. Con le quali non era particolarmente aperta. Però era meticolosa, precisa, grande insegnante, ovviamente coerente con quei tempi in cui si cominciava la prima elementare tracciando le aste. La sua preparazione di base ha portato la classe ad affrontare con serenità la scuola media. Certo, il calore umano era un'altra cosa. Non si fiatava, con lei, per parla- re bisognava alzare la mano, era vietato andare in bagno (che lei chiamava «camerino») nelle ore di lezione, durante i temi (che lei chiamava «componimenti») non parlava nemmeno lei, ma scriveva le sue disposizioni alla lavagna. Personalmente, ero continuamente accusata di chiacchierare troppo. Avevo già allora il timbro robusto, mi beccava sempre, mi voleva «frenare». E io andavo in castigo, come si usava. In piedi accanto al banco, oppure nell'angolo, a seconda della gravità della mancanza. Comunque abbiamo davvero imparato molto, credo che tutta la classe possa essere d'accordo. Ed ora veniamo a noi. Non ho più saputo nulla di nessuna delle bambine qui accanto, soltanto qualche giorno fa ho parlato per caso con Anna Fava (nella foto non c'è, si vede che quel giorno era assente), la quale non mi ha dissuaso dal compiere questa operazione da reduci. Non ho più saputo niente di nessuna, ma vi ricordo tutte, care ragazze. Da sinistra in piedi: Dorotea De Pasquale, Annalisa Garati, Bruna Rizzo, Amedea Bertello, Alessandra Comazzi bella cicciona, Anna Petitti di Roreto, Claudia Jallà, Gabriella Guglielmone, Paola Rebaudengo, Ozzello (qui cedo e chiedo scusa, mi sfugge il nome di battesimo). Sedute: Giulia La Porta, Vanna Bosusco, Pinuccia Piatti, Renata Marchisio, Laura Miniggio, Tiziana Fulcini, Giovanna Giordano, Mirella Chiavacci, Enza Lavanco, Elisa Levi Gattinara, Marinella Fenocchio, Graziella Fumarola, che purtroppo non c'è più. Signore mie, se leggete questo angolo delle rimembranze, fatevi sentire.il mio numero alla Stampa è 011/6568.218. Se trovate la segreteria, lasciatemi un messaggio. Ciao
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