DELITTO, INDAGINI E DOPPIE VERITÀ'

DELITTO, INDAGINI E DOPPIE VERITÀ' DELITTO, INDAGINI E DOPPIE VERITÀ' « Una nuvola rossa» di Pennacchi UNA NUVOLA ROSSA Antonio Pennacchi Donzelli pp. 192 L. 22.000 un romanzo inconsueto Una nuvola rossa di Antonio Pennacchi, perché in esso è perfettamente giocato il gioco, che è da sempre proprio della letteratura, fra l'apparenza del testo e il vero progetto dello scrittore che in essa si maschera più o meno palesemente e con ammicchi più o meno sapienti. Pennacchi è senza dubbio molto abile. Il suo romanzo è, alla superficie, il resoconto delle indagini intorno al duplice omicidio di un ragazzo e di una ragazza, massacrati a colpi di coltello nella loro casa, in un paese dei Monti Lepini, nel Lazio meridionale. I riferimenti a un fatto di cronaca effettivamente accaduto in luoghi prossimi a quelli scelti dal narratore, qualche anno fa, sono confessati, perfino, anzi, sottolineati; e per pagine e pagine il personaggio che racconta e che è un romanziere a cui la narrazione del clamoroso fatto di sangue è stata suggerita, anzi quasi imposta da un'entità superiore non bene precisata, non fa altro che riportare fedelmente il testo degli interrogatori dei testimoni, parenti, amici, conoscenti, semplicemente compaesani delle vittime, secondo tutte le formule in uso presso i carabinieri e la polizia, con una pedanteria quasi maniacale, tanto più ossessiva quando fulmineamente, di tratto in tratto, con improvvisi effetti di straniamento, scattano i commenti dell'autore, che capo volgono ogni fatto, ogni dichiarazione, ogni apparenza di logica e di verosimiglianza, per opporvi la consapevolezza dell'infinita controvertibilità di tutti i dati, le notizie, le informazioni. I cadaveri sono stati scoperti da Giacinto, un amico di Emanuele entrato dalla finestra nell'alloggio insieme col padre e il fratello della ragazza, Loredana. E' un giovane introverso, oggetto di qualche sarcasmo da parte di coetanei. Da alcuni è detto omosessuale, da altri anche dedito alla droga. Finisce a essere considerato il colpevole, viene arrestato e trova un giudice che convalida l'arresto; ma ne trova anche un altro che definisce insufficienti gli indizi e lo rimette in libertà. Le voci di paese, dopo aver concordato sulla colpevolezza di Giacinto, poi passano dalla sua parte e avanzano sospetti sul padre di Loredana o su altri personaggi di Agora, il luogo del delitto, o dei centri vicini. Ma il romanzo è, nel fondo, l'insieme ironica e disperata narrazione dell'impossibilità di conoscere la verità anche dei fatti che sono sotto gli occhi di tutti, dei personaggi che tutti conoscono e frequentano magari da una vita. Non c'è nessuna logica nei racconti dei testimoni, che si contraddicono l'uno con l'altro; e non c'è nessuna ragione perché mentano su faccende e particolari che sono estranei al delitto e che, detti o negati, non danno a chi parla nessun vantaggio o svantaggio, e anzi possono essere dannosi, anche più o meno infamanti, e allora non si capisce perché ne parlino senza nessuna necessità. Come controcanto, ci sono, allora, gli interventi del narratore della vicenda. Che cita la storia dei paesi (con nomi veri o bene inventati) dei Lepini, risalendo fino ai primordi di Roma, ricorda i caratteri tradizionalmente attribuiti agli abitanti di Agora, Cori, Sezze, Cupido, che entrano in qualche modo nella vicenda dei due innamorati massacrati a coltellate, osserva come ogni indizio sia interpretabile in modi opposti, come segno di colpevolezza e come fatti e situazioni del tutto comuni, avanza dubbi sui metodi di indagine di polizia e carabinieri e sul carattere soggettivo e spesso mosso da ragioni private dei giudici, mostra, insomma, a ogni passo la doppia faccia di ogni parola e gesto e comportamento, a seconda del punto di vista o del pregiudizio da cui vengano considerati. Anche il Diritto, incarnato dal penalista donnaiolo, e la Psicoanalisi, nelle vesti dello psicoanalista del narratore, intervengono a dire la loro, ma soltanto per aggiungere dubbi e problemi. La domanda su quale sia la verità, non soltanto del duplice omicidio di Agora, ritorna tragicamente e grottescamente senza risposta: e così pure tutte le altre domande sulle vicende sindacali o politiche dei decenni passati, che spuntano ogni tanto nelle pieghe del racconto principale, anche all'interno di quella sinistra operaia di cui chi racconta ha fatto e ancora fa parte. E poi il duplice omicidio potrebbe essere stato causato dalla «nuvola rossa» di un'ira improvvisa e cieca, cioè non spiegabile e non riconoscibile da nessun testimone, segreto per sempre di chi da essa è stato preso e sconvolto fino a infierire ferocemente sulle vittime. La verità potrebbe essere in uno stato dell'animo imprevedibile, da cui, in circostanze particolari, chiunque può essere travolto: l'irrazionale assoluto, allora. E qui è davvero la resa senza condizioni di ogni ricerca della verità, si tratti del delitto di Agora o di qualsiasi evento della storia. E' un argomento di assoluto rilievo. Pennacchi lo ha raccontato con esemplare originalità. Giorgio Barberi Squarotti UNA NUVOLA ROSSA Antonio Pennacchi Donzelli pp. 192 L. 22.000

Persone citate: Antonio Pennacchi, Cori, Cupido, Giorgio Barberi Squarotti, Pennacchi, Sezze

Luoghi citati: Lazio, Roma