Barberi: non li saranno altri crolli

Barberi: non li saranno altri crolli Il sottosegretario nelle zone colpite dal sisma tra la paura e la rabbia della gente: siamo dimenticati Barberi: non li saranno altri crolli «Il massimo del terremoto qui c'è già stato» COLFIORITO DAL NOSTRO INVIATO Sembra l'incontro del professore con i suoi alunni. Tutti un po' ammucchiati, slambando attorno a lui che risponde al telefonino, cerca il sindaco, interroga la Maria Rita Lorenzetti, sorride al prefetto. Solo alla fine, quando lui starà per andarsene, cominceranno a stringerlo di domande, a farsi rossi di rabbia. Ma prima lo chiamano sempre a voce bassa, e c'è quello che alza il dito come a scuola, e c'è quello che se la prende con i giornalisti: chissà mai che il professore non gradisca. Persino Sergio, il più vecchio, dev'essere in soggezione, a parlargli. Franco Barberi è il sottosegretario alla Protezione civile. Oggi, è l'ambasciatore del governo in questa terra di dolore. Come la chiamiamo, visita pastorale?. «No, è una ricognizione», dice. «Voglio incontrare la gente». Il professore deve dire ai suoi studenti che l'emergenza è passata: bisogna vincere la paura. E' per questo che gli alunni vogliono parlargli. Non ci credono. Appena sta un attimo in sosta, c'è quello che osa, «signor professore», e tutti gli altri che stringono il cerchio. Si sposta di lato, e gli vanno appresso come se fossero incollati. E anche se il signor Sergio ha i capelli tutti bianchi e la giacca stazzonata sopra la maglietta di lana alla maniera dei contadini di montagna, gli viene fuori tutta la timidezza dello studente quando gli chiede per la prima volta con l'aria di chi non vorrebbe disturbare: «Cosa devo fare? Io posso tornare a casa?» Barberi gli risponde secco con un'altra domanda: «La sua casa è agibile?» Beh, è così semplice in fondo. Tranquilli, state tranquilli. Il viaggio pastorale del professore non metterà fine alle scosse, ma forse vi chiarirà le idee. Si comincia senza strafare. Una trasferta nella provincia dell'impero. Tranquilli. L'elicottero che s'abbassa sul piccolo aeroporto di Foligno. Atterra che sono le 9. Ci sono solo le autorità. E il professore balza giù correndo contro il vento sotto le pale che volteggiano, mentre una Kappa lo aspetta, il shidaco lo saluta, il prefetto gli va incontro e un poliziotto si abbottona la giacca. Nella capitale del terremoto per ora di terremotato non se ne vede manco uno. La riunione operativa la tengono nella sede provvisoria del Comune, in un vicoletto del centro storico. Ci stanno dentro un'ora e mezzo. Poi, quando si esce, via all'Auditorium di San Domenico a tastare il polso della gente. Quaranta persone. Manco mia domanda. Il sindaco di Foligno, Maurizio Salari, aveva chiesto 400 brande per l'emergenza di questi giorni. Sono rimaste quasi tutte vuote stanotte. Dev'essere, come spiega Alfredo Marinangeli, che c'è anche la paura e l'amore delle cose, o come racconta la Marsiglia, 84 anni e tutte le mattine a tornar sotto le mirra bucate della sua casa di Colsaino dove c'erano il pollaio e la stalla e dove adesso ci sono rimaste soltanto quelle pietre rotte imbiancate dalla neve. «Io ho paura, ma voglio tornare a dormire qui dentro, dove ci ho passato la mia vita. Tutto il resto non mi interessa». E' questa contraddizione che s'è inventato il terremoto. La casa di Marsiglia è inagibile e quelli che invece potrebbero tornare nelle loro, sono respinti dalla paura. Nell'Auditorium, Barberi tiene la sua lezione e cerca di spiegare che bisogna credere mnanzitutto ai giudizi degli esperti. «Le case che non sono cadute adesso non crolleranno più», assicura. E dice: «Non siamo in grado di prevedere un terremoto, però siamo in grado di dire qual è il massimo del terremoto per ogni zona. E qui il massimo c'è già stato». Bacchetta tutti. Il vero problema l'altro giorno era quello della comunicazione. «Non telefonate ad ogni scossa», sgrida. «Così, chi ha dawe ro bisogno di aiuto trova tutto occupato». Poi si va su a Colfiorito, prima di viaggiare verso Camerino e tornare indietro, a Nocera Umbra: quaranta persone a fare domande soprattutto sulla ricostruzione. Proteste: pioggia di disdette dei turisti per Pasqua. Tutto di corsa, salendo e scendendo le scale, scappando sulla Kappa che taglia i tornanti e piomba nel campo dei containers slittando sulla neve. L'incontro con la gente avviene nel prefabbricato che ospita la Chiesa. C'è un altare in fondo alla stanza. All'inizio, quelli che sono qui dentro preferi¬ rono parlare con gli accompagnatori. Spiega uno: «Ho una casa antisismica, ma è la paura che mi impedisce di tornarci». Poi, Sergio riesce a mterrogare il professore. «E' agibile la mia casa», dice. Però, «tutt'attorno ci sono case pericolanti». Barberi tace. Sergio: «Io so' costretto ad andare a casa come hu detto lei?» Barberi: «Io non credo che i carabinieri la obblighino, che la accompagnino prendendola per il gomito» Sergio: «Io, però, ciò la strada bloccata, c'è il divieto d'accesso». Barberi: «Quello che vi volevo dire è che se ci sono questioni che chiedono d'essere risolte, noi siamo pronti ad aiutarvi. Servono 20 con- tainers in più? Ve li facciamo ave re». Sergio, tutto rosso: «Sì, però, me l'avete detto a Natale. Adesso siamo a Pasqua. E io che faccio?» Il professore, un po' seccato: «Questa domanda non la deve rivolgere a me». Sergio balbetta. Professore ai suoi collaboratori: «Se servono altri containers dateglieli». Brusco; «Dopodiché se ci sono problemi veri, bene. Se non ci sono, andiamo». Interviene un altro: «Vede professore, ce ne sono venti di casi così». Barberi risponde al telefonino. Arriva un giornalista della tivù per intervistare i terremotati. Sergio: «No, i problemi sono nostri». Un altro: «Cerchiamo di risolverli noi. Grazie tante, ma lasciateci stare». A Colfiorito, la visita è già finita. Il professore va verso la macchina. Pietro Merli: «Mi aspettavo che Barberi andasse in giro per i containers a parlare con la gente. Si poteva risparmiare quelle parole che ha detto perché così sbugiarda la gente, come so non credesse che si possa avere paura». La colonna dell'ambasciatore si è già mossa in moto. Direzione Camerino. Ai bordi del campo, resta Giuseppe Giacché m lacrime: «Se siamo morti, non lo sa nessuno. Siamo abbandonati» Giacché è una dello tre persone del campo che stanno ancora nello roulottes. «Non ò colpa della protezione civile. E' il Comune che ci ha lasciati soli». L'altra notte, dice, con tutto quel vento sembrava una cavalleria rusticana. E questa che è appena finita c'era un gelo da ghiacciare. Meno sette gradi. Però, tranquilli, state tranquilli. Arrivano i primi soldi per la ricostruzione, 450 miliardi della Regione. Vanno avanti i lavori por riparare il Duomo di Assisi, e cominceranno presto a tirare su le case. Niente paura. «'Bboni, state 'bboni». Pierangelo Sapegno Pioggia di disdette di turisti per le vacanze di Pasqua «Perché non credete che qui si possa vivere nel terrore?» Qualcuno è ancora in roulotte «L'altra notte con il vento sembrava una cavalleria rusticana. E oggi si gela» In alto da sinistra un container rovesciato a Collecroce di Nocera Umbra e lavori per l'installazione di nuovi prefabbricati ad Assisi, sullo sfondo la basilica Franco Barberi sottosegretario alla Protezione civile ieri ha visitato le zone colpite dal terremoto

Persone citate: Alfredo Marinangeli, Barberi, Franco Barberi, Maria Rita, Maurizio Salari, Pierangelo Sapegno, Tranquilli

Luoghi citati: Assisi, Colfiorito, Foligno, Marsiglia, Nocera Umbra