Grier, la risposta a 48 anni «Ora tutti mi telefonano» di Lorenzo Soria

Grier, la risposta a 48 anni «Ora tutti mi telefonano» INTERVISTA Grier, la risposta a 48 anni «Ora tutti mi telefonano» « DEI B-MOVIE$» Grie«OraLOS ANGELES I L nuovo film di Quentin Tarantino, «Jackie I Brown», si inizia così, con una voluttuosa donna di colore stretta dentro la sua divisa blu da hostess che s'avanza con passo veloce tra i corridoi, le scale meccaniche e le sale d'attesa di un aeroporto. Non dice una parola per un paio di minuti, ma mentre la seguiamo nel suo percorso sino al Gate il suo personaggio si delinea. Jackie Brown è sexy, indipendente, sicura, una donna che ha vissuto e che ha sofferto ma che sa il fatto suo. Jackie Brown è una donna che ha molto in comune con l'attrice che interpreta la sua parte, Pam Grier. Un nome che a molti non dice niente, ma in America, all'inizio degli Anni 70, Pam Grier era più popolare di Barbra Streisand e di Liza Minnelli. Era la «blaxploitation queen», la regina di una serie di film diretti a un pubblico prevalentemente di colore e fatti di una combinazione di sesso, violenza e ironia. Film come «Sheba Baby» o come «Coffy», in cui la Grier era una specie di Charles Bronson che liberava i ghetti da sfruttatori, spacciatori e magnaccia. Pam Grier, dal titolo del suo film più famoso, era diventata la «Foxy Lady», una ico¬ na culturale anche agli occhi del pubblico bianco. Figlia di un ufficiale dell'aviazione, la Grier a 18 anni voleva mettersi in realtà a studiare Medicina. Ma venne eletta Miss Colorado, si trasferì a Los Angeles e si mise a lavorare come segretaria nella casa di produzione di Roger Corman, il più grande produttore e regista di «B-movies». Non restò per molto dietro la scrivania, presto incominciò a recitare e con il '71 si trovò appunto addosso l'etichetta di «Queen». In cinque anni fece 17 film, ma poi iniziò la lenta caduta nell'oblio, nonché una storia di difficili relazioni personali e anche una lotta contro il cancro. Tornata tra le montagne del Colorado, la Grier venne dimenticata. Non da Quentin Tarantino, un amante dei «B-movies» degli Anni 70, che pensando proprio a lei ha adattato un romanzo di Elmore Léonard trasformando la bionda Jackie Burke nella nera Jackie Brown. E ha offerto alla Grier la sua prima parte da protagonista in 22 anni, mettendole a fianco attori come Robert De Niro e Samuel Jackson. A 48 anni, anche se è difficile dargliene più di 28, la Grier è tornata, così com'era accaduto a John Travolta, altro personaggio popolarissimo negli Anni 70 e la cui carriera è stata resu¬ scitata da Tarantino. L'abbiamo intervistata. Partiamo da Tarantino e da come è arrivato a lei. «Quentin mi aveva contattato e poi scartato per "Pulp fiction". E da allora ogni volta che lo incontravo mi diceva: Pam, sto per finire la sceneggiatura per te. Non ci credevo più, ma un giorno è arrivata per davvero e ne sono rimasta entusiasta. Per i personaggi, per la ricreazione dell'ambiente. Mi ha commosso soprattutto l'idea che Quentin abbia dedicato due anni della sua vita a scrivere una storia per me e avevo quasi paura di chiamarlo, paura di sentirmi dire che non se ne faceva più niente». E quando ha trovato il coraggio di farlo che cosa è successo? «Quentin mi ha detto che ci sarebbero stati anche Robert De Niro e Michael Keaton e Samuel Jackson e Robert Forster e Bridget Fonda e la mia prima reazione è stata: oh mio Dio, come faccio? Ma ero pronta, anche perché non è che in questi anni non ho fatto niente. Ho continuato a fare teatro, a 500 dollari alla settimana. E adesso? Dopo "Jackie Brown", mi arrivano un sacco di proposte interessanti e ne sono molto orgogliosa. Ma re¬ sto in Colorado in mezzo alle montagne, con il telefono che va un giorno sì e un giorno no, spesso bloccata da un metro di neve. Mi aiuta a tenere i piedi per terra e quando ne ho bisogno prendo un aereo e arrivo a Hollywood». Torniamo un attimo indietro di 25 anni, ai tempi in cui Pam Grier era la «Blaxploitation Queen». Che cosa ricorda? «Ricordo quelli come anni di grande libertà. Le donne bruciavano i reggiseni e usavano minigonne impossibili, i neri si sentivano liberi di suonare il rock'n'roll dei bianchi senza venire chiamati degli "zio Tom" e di lottare per i diritti civili». Ma i suoi film non erano quello che oggi si chiamerebbe «politicamente scorretto»? «I miei personaggi hanno avuto fortuna perché erano veri, perché una donna che ha sette figli e gli ultimi cinque dollari in tasca non si fa portar via la borsetta tanto facilmente. Personaggi fondati molto su mia madre, le mie zie, le mie nonne. E su donne contemporanee che avevano imparato a prendere in mano la loro vita e a non dover dipendere dai loro uomini». Un'ultima domanda: come si fa ad avere 48 anni e dimostrarne venti di meno? «Mi sento molto in forma, corro più veloce di molte diciannovenni e anche dei miei cani. Aggiusto il mio tetto da sola, l'altro giorno ho costruito una palizzata. E' ima questione di rispetto: quando ti rispetti ti rispettano gli altri e diventa facile sentirsi bene». Lorenzo Soria Tranquillità, lentezza e un'hostess statuaria

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