E Milosevic non trema

E Milosevic non trema E Milosevic non trema Raid anti-albanese, un ultra nel governo REPORTAGE L'ULTIMA GUERRA DEI BALCANI BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Prima o poi doveva accadere, è successo nel momento peggiore: proprio mentre la crisi del Kosovo si fa più rovente (ieri altri cinque morti) Vojslav Seselj, il «duce dei Balcani», acquista poteri di governo. Dopo giorni di apparente tregua, ieri 1'«operazione antiterrorismo» è ripresa alle 10 in un gruppo di villaggi vicini alla frontiera albanese. Quattro civili - quattro «terroristi», dice la polizia - sono rimasti uccisi assieme con un agente, si sono uditi nuovamente boati d'arma pesante. Quasi nelle stesse ore però è stato a Belgrado che si compiva la svolta più drammatica. Al precipitare della situazione il Parlamento ha reagito con una coalizione nazionalsocialista. Il nuovo governo di Serbia è nato a mezzogiorno ed il suo vi- cepremier è Seselj, l'ex capobanda, il «voivoda» cetnico, l'uomo che gli Stati Uniti definiscono un fascista, l'amico di Zhirinovskij e di Le Pen. L'uomo che predicava il bombardamento dell'Italia e oggi l'isolamento della Jugoslavia dall'Occidente. «Stiamo per compiere un errore storico - gridava subito prima del voto il rappresentante della Vojvodina - questa è una tragedia da cui non ci risolleveremo più». La forza delle convenienze politiche ha triturato ogni opposizione: il nuovo governo è passato con 169 voti contro 49. Primo ministro è Mirko Marjanovic, accorto esecutore di più autorevoli volontà, ma Seselj e i suoi acquistano un ruolo decisivo. Due vicepremier su quattro (oltre a Seselj c'è anche Tomislav Nikolic), quattordici ministeri su trentacinque, fra cui quello dell'Informazione. Questa non è solo una svolta politica, è l'edificazione di un muro. La coalizione di sinistra («Sps», il partito di Milosevic, e «Jul», quello della moglie Mira) assieme hanno 110 seggi, i radicali lo appoggiano con 82 deputati e alle opposizioni, per giunta divise, restano solo 58 voti. Difficile sarebbe stato immaginare una più spericolata accozzaglia di gruppi, impossibile costruire una coalizione in grado di spiazzare contemporaneamente gli albanesi, le diplomazie occidentali, quei Paesi del Gruppo di Contatto che oggi si trovano a dover decidere sull'idea di nuove sanzioni. Proprio ieri, a Pristina, Ibrahim Rugova ha nominato una commissione per le «trattative»: adesso gli toccherà trattare con Seselj. Le idee del «duce» sono troppo note perché qualcuno coltivasse illusioni, ma ad ogni buon conto lui le ha ribadite subito dopo l'elezione: «Quello del Kosovo è un problema interno alla Serbia, il massimo dell'autonomia possibile per gli albanesi è un'autonomia culturale, i loro giovani non devono entrare nella nostra Armata, i terroristi devono essere sterminati». Qualche mese fa, alla vigilia delle elezioni serbe, a chi gli chiedeva se gli albanesi del Kosovo avessero potuto studiare nella loro lingua, Seselj aveva risposto secco: «Purché si paghino le scuole, possono studiare anche in giapponese...». Ecco dunque l'Uomo Nuovo, il demagogo dietro cui l'intera Serbia rischia la deriva. Il presidente federale Milosevic osserva dall'alto, pregustando forse il giorno in cui grazie a simili governanti in Serbia lui potrà nuovamente atteggiarsi a mediatore, costruttore di pace. Uno dei maggiori responsabili di questa scelta è Vuk Draskovic, ex interventista, ex democratico, ex stampella di Milosevic ed oggi nuovamente sospinto fuori dal potere. Prima che a Seselj l'alleanza era stata offerta al suo «Partito del rinnovamento», ma le richieste sono state giudicate troppo esose. Può darsi che adesso, cavalcando la vicenda del Kosovo, Draskovic torni alle antiche alleanze. In questo clima da tragedia incombente l'unico motivo di speranza sta nel fatto che «Zajedno», il movimento che occupò le piazze di Belgrado, adesso può ricostituirsi. Giuseppe Zaccaria Il ministro degli Esteri ribadisce con forza che «la via dell'indipendenza è chiusa» Incontro con il mediatore di Sant'Egidio: l'intesa sulla istruzione è un buon inizio Un agente serbo durante l'attacco di ieri contro villaggi a ridosso della frontiera albanese Qui accanto Madeleine Albright con Lamberto Dini Quattro uccisi in un'operazione antiterrorismo» Il «duce» Vojslav Seselj, l'uomo che voleva bombardare l'Italia, diventa vice primo ministro