Giovanna d'Arco, passione e transfert

Giovanna d'Arco, passione e transfert Torino: la Rocca vn in scena stasera al Carignano con il dramma a due personaggi di Le Moli Giovanna d'Arco, passione e transfert «Il vescovo instaura un rapporto come fra padre e figlia» TORINO. «Una corsa a ostacoli» dice secco Walter Le Moli. Questa sera va finalmente in scena, al Carignano, «Giovanna d'Arco - Donna armata. Passione e morte in nove stazioni», nuova produzione del Teatro Stabile interpretata da Stefania Rocca e Cosimo Cinieri. Il dramma a due personaggi di Luca Fontana arriva in porto dopo la «corsa a ostacoli» ingaggiata con la fatalità. Per tre volte è cambiato l'interprete maschile: Ivo Garrani è stato bloccato da una febbre contratta in Kenya; delicati problemi di salute anche per il suo successore, Lino Troisi; infine l'arrivo di Cinieri, che si è dovuto impadronire, da sprinter, del personaggio di Cauchon, l'inquisitore della Pulzella, il vescovo che la manda al rogo sulla piazza di Rouen. Se ciò non bastasse, ecco le difficoltà di percorso, con l'inizio delle prove spostato dal 16 febbraio al 5 marzo. Conseguenza: quattordici ore di prove al giorno, tutti i giorni, col debutto atteso come un evento salvifico. Il momento è arrivato. Lo scenografo Tiziano Santi ha trasformato il palcoscenico del Carignano in un arido antro d'ardesia. Il pavimento, con le sue increspature e crepe, ricorda un cretto di Burri. C'è una scala che taglia obliquamente la parete di fendo. Sappiamo che mette in comunicazione due mondi opposti: quello del giudice Cauchon, arcaico, conservatore, rigida¬ mente immutabile; e quello di Giovanna, una prigione, ma aperta sul futuro, sulla libertà di coscienza. Non a caso. Bernard Shaw vide in lei la prima protestante. Ma il problema religioso, anzi quello della santità, è del tutto assente dal copione di Fontana. C'è, piuttosto, l'incontro e lo scontro tra due estreme visioni della vita, della fede, del mondo. Il processo per eresia arriva come un'eco intermittente con le parole dei cancellieri, ma rivitalizzate da una scrittura che alterna il linguaggio prosastico al verso. Lo scopo è sottrarre «Giovanna d'Arco» al dramma documentario e proiettarla in una dimensione profondamente diversa, senza sovrapporre al personaggio psicologie e interpretazioni arbitrarie, anche se suggestive. Dice Le Moli: «Eliminato il processo, che è molto farraginoso, abbiamo a che fare con una ragazza vissuta in un periodo non facile, ma che discute e "fa". E' un atto di speranza che Cauchon, ossia l'apparato, non capisce. Non capire la generazione successiva equivale a morire». E precisa: «Riducendo tutto a due personaggi, vengono fuori cose che negli atti rimanevano nascoste. Per esempio il transfert del giudice sul giudicato, il rapporto tra padre e figlia giustificato dal divario d'età. Viene fuori la differenza tra un mondo al tramonto e l'altro, che è l'alba. Ma, sopprimendo il mondo nuovo, tu uccidi te stesso». Lo spettacolo diventa perciò un viaggio dentro la mente di Giovanna e dentro quella di Cauchon. Il che, per dirla con Le Moli, significa «entrare dentro lo specchio», operazione che di solito riesce soltanto ai poeti e ad Alice. E' questo uno dei motivi per cui Le Moli non ha neppure pensato di mettere in scena la bellissima «Santa Giovanna» di Shaw. In quel caso avrebbe dovuto subire la presenza forte dell'autore. Invece lui voleva violare una regola. Osvaldo Guerrieri E' stata una corsa a ostacoli: gli interpreti maschili cambiati tre volte per malattia L'inquisitore Cauchon è adesso Cosimo Cinieri Stefania Rocca, lanciata da Salvatores in «Nirvana», era la ragazza dai capelli blu: «Sono contenta di essere tornata nella mia città con uno spettacolo importante»

Luoghi citati: Kenya, Torino