Zar Boris ritorna e caccia il governo

Zar Boris ritorna e caccia il governo Terremoto a Mosca dopo il blitz di Eltsin, premier ad interim il quasi ignoto Kirienko (35 anni) Zar Boris ritorna e caccia il governo «Cernomyrdin e i suoi hanno fallito» MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Appena tornato al Cremlino, all'inizio della scorsa settimana, Boris Eltsin si era fatto riprendere dalla tv, di cattivo umore, sarcastico. «Nei corridoi non si vede nessuno». Segnale di guerra. Lui era stato malato un'altra settimana, l'ennesima. E in sua assenza i topi avevano ballato. Così gli pareva. Ieri la sua ira funesta è esplosa. Alle 8,30 del mattino, prima di incontrarlo, il premier Viktor Cernomyrdin, grigio come al solito, sembrava tutto preso dal compito ormai eterno di pagare salari e stipendi. A tutto pensava salvo che al tornado che si sarebbe abbattuto sulla sua testa. Un'ora e mezzo dopo usciva, insieme alla notizia che Eltsin aveva «dimissionato» lui insieme a tutto il suo governo. Motivi? Sconosciuti. Il comunicato diceva solo che il presidente agiva in base agli articoli 83 e 177 della Costituzione. Pochi minuti dopo, in rapida successione, emergevano tra lo stupore generale altri dispacci: Eltsin prendeva su di sé le funzioni di capo del governo; Cernomyrdin veniva insignito di medaglia per i meriti verso la patria; il primo vice-premier Ciubais veniva «inviato ad altro incarico»; altrettanto per Viktor Kulikov, vice-premier e ministro degl'Interni. Solo per questi due uno speciale decreto aggiuntivo. Cernomyrdin tornava alla Casa Bianca e convocava il governo in seduta straordi- naria. Tutti colti di sorpresa. La sera prima l'altro primo vice-premier, Boris Nemtsov, era apparso in tv per dire che il governo era unito e lavorava al meglio delle sue forze. Due leader dell'opposizione, Ziuganov (comunisti) e Javlinskij (Jabloko), erano fuori Mosca o al¬ l'estero; il presidente del Consiglio della Federazione, Egor Stroev, era in missione anche lui. Tutti si affrettavano a prendere il primo aereo per tornare. Il capo della Duma, Selezniov, comunista anche lui, era uno dei primi a reagire: «il presidente ha anticipato l'opposizione». Come dire che se il governo non l'avesse sfiduciato lui, lo avrebbero fatto cadere loro. Bluff indecoroso e disperato tentativo di darsi un contegno. Ma i telefoni del Cremlino erano staccati'anche per lui, come per tutti. Intanto in borsa cominciava la frenetica svendita delle obbligazioni statali, il cui prezzo crollava del 10 per cento in pochi minuti. Poi l'annuncio che Eltsin avrebbe spiegato al Paese l'accaduto, in televisione. Voce grave, ma chiarezza pressoché nulla: ci vuole una migliore politica sociale, più dinami- smo, idee nuove. Il governo non è riuscito a svolgere i suoi compiti. Presto avrete un nuovo governo più capace dell'attuale. Cominciava il toto premier, ma durava pochissimo. Altro decreto: un quasi sconosciuto, Serghei Kirienko, viceministro dell'Energia, veniva nominato «facente funzioni di premier» e anche primo vice¬ premier. Kulikov veniva sostituito dal suo vice, altra figura di secondo piano. Sarà Kirienko il nuovo premier? Nessuno giocherebbe un copeko su questa scelta. Selezniov, della Duma, fa subito sapere che né la candidatura di Kirienko, né quella di Grigorij Javlinskij, opposizione non comunista, sarebbero accettabili per i comunisti. Ma sono solo assaggi, un gioco a mosca cieca in cui nessuno sa niente, nessuno capisce niente. Boris Nemtsov, il «giovane riformatore» che fino all'altro ieri sembrava il delfino, non sa mente neanche lui e sta chiuso nel suo ufficio. Con Ciubais. Si consultano. Poi Ciubais esce e annuncia una conferenza stampa per il pomeriggio. Cernomyrdin sta tenendo la propria. Sembra calmo ma non lo è. Il colpo subito è forte. Dice, con aria apparentemente filosofica, che non si può fare il primo ministro per tutta la vita, che «capisce» la decisione del presidente. Ma ammette che anche lui è stato colto di sorpresa. Qualcuno ricorda che sabato il banchiere Berezovskij era apparso in tv con un'intervista che molti avevano preso per una provocazione. Il più influente dei banchieri, ex vice-segretario del Consiglio di sicurezza, aveva menato fendenti in tutte le direzioni, lasciando capire che sarebbe stato lui, nel 2000, a decidere il futuro presidente della Russia, così come aveva deciso nel 1996. Lunedì molti cominciavano a ricordare le sue parole. Voleva dire Eltsin? Poi qualche gola profonda ci diceva che, sabato, Berezovskij e suoi intimi avevano preso parte a importanti incontri (travestiti da feste di compleanno) nelle dacie vicino a Mosca, cui anche la figlia di Eltsin, Tatjana, e il capo dell'amministrazione presidenziale, Jumashev, avevano preso parte. E tutti sanno che Berezovskij ha un conto in sospeso con il «traditore» Anatolij Ciubais e un conto più recente con Viktor Cernomyrdin, reo di avere messo all'asta l'ultima fetta grande della torta della proprietà di Stato, l'impresa petrolifera Rosneft, a un prezzo che i «sette banchieri», capitanati dal miliardario Berezovskij, considerano non equo: due miliardi e mezzo di dollari. Ciubais comunque se ne va dicendo ai giornalisti russi in lutto che «non è successo niente», tutto era previsto. Lui resterà nella squadra del presidente «comunque vadano le cose». Qualcuno gli chiede: scusi, ma non sarebbe stato meglio spiegare alla gente cosa succede? E lui, tetragono a ogni dubbio, risponde: «a che serve la glasnost in questi casi? L'operazione di cambiare un governo è molto complicata, perché disturbare la gente con questi problemi?». Giuliette Chiesa Nei corridoi del potere si sussurra che sia una manovra ordita dal banchiere Berezovskij per silurare l'ex amico Ciubais A sinistra, Boris Eltsin mentre firma il decreto che scioglie il governo. Qui accanto, il neopremier Serghei Kirienko

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