PRODIGY e BACKSTREET BOYS Le due anime del pop

PRODIGY e BACKSTREET BOYS Le due anime del pop Tra buonismo e cattivismo: a confronto i fenomeni del momento PRODIGY e BACKSTREET BOYS Le due anime del pop LONDRA. Ormai sono quasi sei i milioni di copie del disco «The fat of the land» che i Prodigy sono riusciti a vendere in tutto il mondo. Un successo enorme, inaspettato. Un trionfo di vendite che ha colto di sorpresa tutti soprattutto per il tipo di musica espressa da una band che sino all'anno scorso era relegata alla sperimentazione. Ieri il gruppo inglese si è esibito al Palasport di Casalecchio di Reno alle porte di Bologna e stasera sarà al Palastampa di Torino. ((Abbiamo avuto molte richieste dall'Italia - dice Maxim - e anche da altre nazioni del Sud Europa. Siamo tornati volentieri perché il pubblico ci ha accolti molto bene. Ai concerti di Roma e Milano sembrava di stare a casa nostra. La gente conosceva le canzoni, ha ballato per tutto il tempo». La cosa che colpisce, assistendo ai vostri concerti, è proprio il pubblico. Vengono a vedervi i ragazzini con la cresta di capelli blu e i cinquantenni in giacca e cravatta. Come lo spiegate? «Dovrebbe chiederlo ai miei genitori che hanno più o meno sessant'anni a testa e ascoltano "The fat of the land" senza nessun problema. La musica dei Prodigy è energia allo stato puro con alcuni inserti melodici che anche la gente di generazioni diverse dalla nostra può capire». Qualcuno ha scritto che siete una band da studio e dal vivo potreste mettere sul palco un lettore ed e far «girare» il disco, sarebbe la stessa cosa. «Invidie e incompetenza da parte di certa critica legata a un vecchio concetto di musica dal vivo. C'è gente che associa lo spettacolo live a una dimo strazione di virtuosismo musicale. Per noi non è così. Il concerto è insieme esibizione, fe sta, divertimento, coinvolgimento e sfogo. Tutte queste co se insieme permettono la buona riuscita di uno show, nient'altro». Maxim, la prima volta che veniste in Italia era il 1991 e ai vostri concerti si pre sentarono un pugno di persone. Da allora cosa è cambiato veramente dentro di voi con l'arrivo del successo e del denaro? «Intanto la prima cosa che è cambiata è il modo in cui la gente del nostro ambiente si rivolge a ciascuno di noi. Una volta ci trattavano come un gruppetto di straccioni capaci solo di fare rumore. I soldi non hanno cambiato un granché. Quando sei dentro al ciclone di un successo come il nostro non hai il tempo di goderti il frutto del tuo lavoro. Giri il mondo sei volte all'anno non dormendo mai due sere nello stesso letto. Spero di avere più tempo in futuro così mi comprerò qualche gadget elettronico che oggi non saprei dove mettere e quando usare». Per il vostro video di «Smack my bitch up» avete avuto parecchi problemi con la censura e con alcune associazioni femministe... «Sono arrivate un sacco di lettere di femministe al governo inglese che voleva far censura- re il video e vietare la vendita del singolo. Secondo loro la canzone incitava alla violenza nei confronti delle donne. Liam disse subito che noi non abbiamo mai pensato che la gente dovesse per forza comportarsi come la protagonista del video e poi non esistono manuali di istruzione comportamentale. Ognuno è libero di fare ciò che vuole». Il video di «Smack my bitch up (Schiaffeggia la mia puttana), per chi non lo ricordasse è indubbiamente uno dei più forti che si siano mai visti in tv. La storia è quella di una notte brava di una persona sui trent'anni che si muove in una New York estrema. Ciò che la telecamera vede è esattamente ciò che vede il protagonista. Ed è subito trasgressione. Quella persona compra una linea di cocaina che viene subito sniffata. Da quel momento si entra nelle ubriacature e in discoteche zeppe di gente, fino a un bordello dove una prostituta viene abbordata. Inevitabile scena di sesso «pesante» ma alla fine, quando la prostituta se ne va la telecamera inquadra uno specchio nella stanza che riflette l'immagine del protagonista della storia: una donna. Luca Dondoni LONDRA.. I commandos di ragazzine pattugliano il West End sin da metà mattina. Riconoscerli non è difficile perché il loro mantra, scandito con feroce convinzione, risuona come un tamburo propiziatorio prima di una partita di calcio. «Backstreet Boys-you-golden-boyswe-love-youl». Christine, mascara blu sui capelli e ombelico scoperto come per sfidare la giornata grigia, sembra la cheerleader di un gruppetto di quindicenni in marcia da Leicester Square a Piccadilly. Si stanno scaldando in previsione del concerto alla Wembley Arena, e domani, forse, saranno rauche. «Abbiamo comperato i biglietti il primo giorno, e meno male, perché due giorni dopo erano già esauriti», dice Annie, minigonna di plastica e ciglia finte che senz'altro si staccheranno alle prime lacrime di eccitazione. I tre show che i BSB hanno in programma qui a Londra sono stati collaudati a Dublino e Birmingham, per la tournée europea che li porterà, fino al 13 aprile, in Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia, Olanda, Belgio, Francia e Spagna, ma non in Italia dove hanno appena fatto una capatina per il Festival di Sanremo. A Londra hanno venduto circa 36 mila biglietti, nello spazio di due giorni: la Wembley Arena è completamente esaurita. Christine e compagnia fanno una puntata da Tower Records, il meganegozio di musica in Piccadilly Circus: con le amiche ri- mira ancora una volta le copertine dei ed che già conoscono a memoria, come se le immagini potessero materializzare i loro idoli lì sui due piedi. «Girava voce che fossero a spasso in incognito stamattina - dice -. Ciondoleremo qui, casomai fosse vero». Non avranno la fortuna di Lorraine, 11 anni, che qualche ora più tardi, nella Silver Mint Room della Wembley Arena adibita ad area di ospitalità, si stringe tutta commossa al suo Nick. Il più concupito dei Backstreet Boys, berretto da baseball bianco in testa a celare il casco d'oro, firma autografi e si concede calmo ai flash che gli lampeggiano in faccia. Lorraine, avvolta in una bandiera dei BSB dallo sfondo azzurro cielo, si è tatuata con l'eye-liner il nome del suo beniamino sulla pancia e sulle braccia. «Non vedo l'ora di fare questo show», le dice sorridente lui. «E' il più bel giorno della mia vita», risponde piangente lei, sotto lo sguardo benigno della mamma. Le supermamme, che nel caso dei fans più giovani fanno da indulgenti guardiane, sono un elemento mica da poco anche nella vita dei Backstreet Boys. La mamma di A.J. («la loro pubblicista», spiega tutta fiera) si aggira discreta per la Silver Mint Room. Ma è vero che i Backstreet Boys si raccolgono sempre in preghiera collettiva prima di andare in scena? «Non è necessariamente una cosa religiosa: è una questione di messa a fuoco. Ci si concentra insieme sulle cose positive prima di salire sul palcoscenico. Ma la religione c'entra comunque, sì vuole che Dio vegli su di loro». AJ., catena cromata al collo e occhialini neri: «Ci dispiace tanto di non poter tornare adesso in Italia. Voghamo andarci verso la fine dell'anno». La tournée si interrompe in aprile per dare modo a Brian di sottoporsi a un'operazione al cuore. Novembre-dicembre, allora, in Italia? Ribadisce Howie, in italiano: «Io prometto». Maria Chiara Bonazzi PRODIGY Liam Howlett [26 anni, compositore e addetto al missaggio della musica] Keith Flint (28 anni, ballerino e rapper] Leeroy Thornhlll [28 anni, ballerino] Maxim Reality [vero nome Keith Palmer, detto Keeti, 28 anni, master of ceremony MC] Gin Butt [vero nome Graham Butt chitarrista]. Sono nati a Braintree [Gran Bretagna]. DISCHI «The Prodigy Experience» ['92] «Music for JMted generation» ['94] «Selected Mlxes for the jilted generation» ['95] «Experience Rlvislted» ['96] «The fat of the land» ['97] Il nome Prodigy deriva dal primo sintetizzatore comprato da Liam, il «Moog Prodigy». Il bus usato per la prima tournée dei Prodigy in America apparteneva agli Eagles [sulle fiancate c'era ancora il logo di «Hotel California»]. Il locale dove i Prodigy hanno tenuto i primi concerti, il «Barn» di Braintree [Gran Bretagna], è stato recentemente demolito su ordinanza del Consiglio comunale. BACKSTREET BOYS Kevin Richardson Brian Littrell [nati a Lexington, Kentucky] Howie Dorough Nick Carter A.J. McLean [nati a Orlando, Florida]. Vivono a Orlando. Si sono incontrati negli studi di registrazione per spot pubblicitari dove prestavano le proprie voci per cori e jingles. DISCHI «Backstreet Boys» ['95] «Backstreet's Back» ['97] SPETT:MÌM In alto, i Prodigy: il gruppo inglese suonerà questa sera al Palastampa di Torino. Qui a fianco, Backstreet Boys, che hanno sedotto le teenager inglesi nel concerto di ieri sera a Londra