Il grazie di Castro a Clinton di Franco Pantarelli

Il grazie di Castro a Clinton La Casa Bianca conferma: sì ai voli umanitari, facilitazioni per i medicinali Il grazie di Castro a Clinton Dopo l'apertura sull'embargo NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Magari è anche questo un segno dei tempi: all'Avana le reazioni alla decisione americana di allentare alcune norme restrittive contro Cuba, in omaggio alla richiesta di Giovanni Paolo Secondo, sono state diverse all'interno dello stesso governo. Fidel Castro, che per fare i suoi commenti si è servito della Cnn con l'intento, sembrerebbe, di raggiungere nel modo più immediato possibile il pubblico americano, ha detto che le misure prese da Bill Clinton «sembrano positive», che «possono condurre a un clima migliore» e che lui farà «tutto il possibile» per arrivare a un miglioramento dei rapporti fra Cuba e Stati Uniti. Ma il suo ministro degli Esteri, Roberto Robaina, non è sembrato per mente d'accordo. Secondo lui quella di Clinton è «un'operazione cosmetica che non va al cuore del problema» perché ciò che gli Stati Uniti devono fare «è molto di più». Certo, ha ammesso Robaina, le nuove misure renderanno più facili gli aiuti umanitari, «ma se quegli aiuti sono caratterizzati da condizioni e da ricatti, in realtà sono delle manovre politiche che noi non intendiamo accettare». Una botta di pluralismo da brivido, insomma, di fronte alla quale quella vista negli Stati Uniti quasi impallidisce. Qui, a criticare Clinton ci sono stati innanzi tutto i due deputati cubano-americani della Florida, Lincoln Diaz-Balart e Ileana Ros-Lehtinen, secondo i quali «la visita del Papa a Cuba non deve essere presa a pretesto» per «un atto unilaterale» di Clan ton, e naturalmente il senatore Jesse Helms, autore della famo¬ sa legge che porta il suo nome (oltre a quello del deputato Burton) e che ha fatto litigare di brutto Stati Uniti e Unione Europea. Per la verità, da quello che si è capito, Helms si è arrabbiato non tanto per la sostanza delle misure prese da Clinton (che in fondo sono poca cosa: il ripristino dei voli diretti per gli aiuti, non più di 300 dollari ogni tre mesi che i cubani residenti negli Stati Uniti potranno nuovamente mandare ai loro parenti rimasti nell'isola), quanto per il fatto che il Presidente le ha prese senza consultarlo. Lui, ha detto un suo portavoce, dopo l'appello del Papa stava preparando una proposta di legge che prevedeva più o meno le stesse cose, ma l'iniziativa di Clinton lo ha «offeso». In Florida le reazioni sono state miste. Gli scontenti dicono che in questo modo L'Avana smette di pagare il prezzo per l'abbattimento, due anni fa, di due aerei pilotati da esuli cubani (fu allora che le restrizioni ora annullate furono decise); i contenti dicono che questa deci- sione di Clinton era «dovuta da tempo», perché «più si comunica e meglio è». Secondo molti commentatori politici Clinton ha fatto una mossa giusta. Certo, dicono, dovrà affrontare «qualche digrignare di denti al Congresso», ma sul piano internazionale ha potuto mostrare di non restare insensibile all'appello del Papa ed ha guadagnato qualche punto con l'Unione Europea e con i Paesi dell'America latina, «sempre molto caustici sulla poltica degli Stati Uniti verso Cuba». L'idea di allentare la pressione su Cuba, dicono comunque alcune fonti della Casa Bianca e del dipartimento di Stato, risale a prima che Giovanni Paolo Secondo si recasse all'Avana. Era dal marzo di un anno fa che sul tavolo del Presidente, dicono quelle fonti, c'era un «memo» che Madeleine Albright, il segretario di Stato, aveva scritto dopo la sua visita in Vaticano. H suo concetto era che la visita del Papa a Cuba poteva essere un «punto di partenza», come lo fu quella compiuta nel 1979 in Polonia. La Chiesa cattolica cubana, diceva l'appunto della Albright, «con i suoi quattro milioni di aderenti, le prediche dei suoi sacerdoti non censurate e il suo accesso al popolo», costituisce «un'importante apertura per Washington». Infine, c'è chi segnala che questa novità nell'atteggiamento di Clinton riflette anche il «rovesciamento di lobbies» che si è verificato. Mentre infatti gli anti-castristi hanno perduto il loro esponente più importante, Jorge Mas Canosa, uno che aveva «le chiavi della Casa Bianca», morto di recente, quelli che vogliono fare affari con Cuba hanno acquistato alleati forti. L'ultimo: la Camera di Commercio, che in gennaio ha diffuso un documento in cui si chiedeva la fine dell'embargo. Franco Pantarelli Il presidente cubano Fidel Castro