«E' un'angoscia senza fine»

«E' un'angoscia senza fine» REAZIONI «E' un'angoscia senza fine» 7/primario: magli altri pazienti sono al sicuro UN MISTERO CHE UCCIDE C PESARO HISSA' cosa passerà nella testa dei trenta pazienti attualmente ricoverati nel reparto di ematologia del «San Salvatore». Quello dell'epatite-killer, di un'infezione ospedaliera che pare non volerla finire di esigere vittime. Il conto dei funerali è già salito a otto, con la giovane riminese Paola B., 28 anni, una vita bruciata in tre mesi dalla leucemia prima e dal virus mortale dell'epatite B poi. E difficilmente finirà qui. n calvario è già avanzato per una signora pesarese di 63 anni, trasferita da ematologia al reparto infettivi nella giornata di ieri. Mentre nell'elenco dei contagiati ci sono una bambina pugliese di 11 anni e un romano di 65 anni, ora ricoverato allo «Spallanzani» di Roma. Che cosa deve pensare un malato, alle prese con nemici già terribili, come la leucemia o la talassemia, vedendo ripiombare nel reparto l'atmosfera pesante, anzi pesantissima di qualche settimana addietro? Come potrà valutare in un momento decisivo per la sua sopravvivenza, l'angoscia che stanno vivendo il primario Guido Lucarelli, i medici, gli infermieri, i borsisti e i volontari di un reparto che era sempre stato all'avanguardia? «Siamo letteralmente distrutti, totalmente angosciati, prostrati fino alle lacrime - dice Guido Lucarelli - da questa tragedia che non finisce mai. La morte della giovane riminese ci ha ributtato all'inferno. Dopo questo fatto dobbiamo ricominciare le indagini tutte da capo, ripartire da zero. Certo, l'infezione è stata circoscritta ai casi di ottobre e di dicembre. I nostri attuali pazienti non corrono rischi, li abbiamo già rassicurati più volte. Ciò non toghe che il macigno è pesante». Da ogni punto di vista. Sia per il nuovo decesso, ma anche per le ipotesi sulle cause che emergono dall'inchiesta del sostituto procuratore Maria Letizia Pucci. Ipotesi agghiaccianti, sia in una lettura sia nell'altra. La prima, quella più clamorosa, riprende proprio una denuncia dello stesso Lucarelli, n primario, settimane addietro, inascoltato e quasi irriso, aveva parlato di «un possibile sabotaggio, di un crazy act». Incassando rimmediata presa di distanza del direttore sanitario Giovanni Fiorenzuolo: «Tutto è possibile, ma noi non ne abbiamo trovata traccia. Personalmente non ci credo». E anche le richieste del magistrato: «Vorrei dire al primario di fornire oltre alle congetture anche elementi utili per imboccare questa strada». Elementi che, stando alle indiscrezioni, forse sono arrivati dai periti incaricati dal giudice. Ora le parti si rovesciano: «Sono spiazzato», commenta Lucarelli. Poi ha un impeto di rabbia: «Certo che se lo avessi tra le mani saprei cosa farne... Altro che processo». Ma il primario è spiazzato soprattutto dall'altra ipotesi, quella del «dolo eventuale». Cerchiamo di spiegare: c'è la possibilità che a provocare la catena dei contagi mortali sia stata un'unica pratica ad altissimo rischio. Una procedura tale da provocare un'infezione dalla carica così virulenta (non normale nell'epatite B). Procedura o pratica che db' si voglia che forse è stata utilizzata da qualcuno ben consapevole dei rischi che la sua azione avrebbe potuto provocare nei confronti della salute dei pazienti. Cosa totalmente diversa rispetto al «sabotaggio» del pazzo introdottosi chissà come nel reparto. «Non riesco a capirla questa ipotesi, non mi è chiara», replica Lucarelli. Nella piccola palazzina di Muraglia, che sembra assomigliare sempre più a un Alcazar assediato, si spera che la verità si manifesti «quasi improvvisamente, forse per il volere del destino». E che non sia così terribile da lasciare dietro di sé oltre ai morti anche terra bruciata. [i. 1.1

Persone citate: Alcazar, Giovanni Fiorenzuolo, Guido Lucarelli, Lucarelli, Maria Letizia Pucci, Muraglia, Spallanzani

Luoghi citati: Pesaro, Roma, San Salvatore