«Non abbiamo guardato in faccia nessuno» di F. Poi.

«Non abbiamo guardato in faccia nessuno» «Non abbiamo guardato in faccia nessuno» // magistrato: eravamo pronti a metterci gli elmetti Dottor Niccolò Franciosi, le polemiche sono iniziate un minuto dopo la vostra ordinanza... «Ce lo aspettavamo, eravamo pronti a metterci gli elmetti. Una nostra decisione, qualunque essa fosse, avrebbe provocato sicuramente delle reazioni. Comunque non voglio far polemiche, non scriva niente». E' dal processo di primo grado che ci sono innocentisti e colpevolista. «Ci sono i guelfi e ci sono i ghibellini. E' cosi da secoli, in Italia. Mi sembra che le cose non siano cambiate. Noi giudici, comunque, non abbiamo guardato in faccia nessuno. La nostra decisione è stata presa solo sulla base delle sentenze, delle memorie presentate dalla difesa, delle contromemorie e degli atti processuali». Tutti gli atti? «Non riesco a fare un calcolo preciso, ma credo che in tre mesi abbiamo esaminato oltre ventimila pagine di atti. Ci siamo basati sulla istanza presentata dall'avvocato Gamberini (il difensore degli imputati che ha presentato richiesta di revisione, ndr). Tutti gli atti menzionati nell'istanza sono stati accuratamente esaminati». E alla fine avete dichiarato' mammissibile quell'istanza. «La nostra decisione è contenuta nelle 50 pagine dell'ordinanza che abbiamo depositato. Non voglio entrare nei dettagli». Eppure Dario Fo, per esempio, dalla lettura degli stessi atti ha tratto conclusioni diametralmente opposte. Ha contato le «120 bugie di Leonardo Marino», ne ha fatto uno spettacolo teatrale. Alla prima eravate stati invitati anche voi giudici, vero? «Sì, eravamo stati invitati, ma ovviamente... Non capisco come Fo possa aver studiato in poche settimane tutti gli atti, come dice. Su questa vicenda ci sono stati schieramenti per partito preso». Guelfi e ghibellini, insomma. «Sì, e tra i due schieramenti eravamo in mezzo noi. Ma noi abbiamo deciso di non dar retta a nessuno». Avete deciso all'unanimità? «La legge ci consentiva di prendere anche una decisione a maggioranza. Uno di noi tre avrebbe potuto esporre il suo dissenso in un verbale da infilare poi in una busta chiusa, da allegare all'ordinanza. Bastava quello». E non è andata così?. «Abbiamo deciso all'unanimità, quelle 50 pagine sono state scritte collegialmente, dopo infinite discussioni. Non credo di aver mai fatto un lavoro così». E siete partiti dalla prima sentenza, quella emessa dal giudice Manlio Minale, la prima che dichiarava la colpevolezza di Sofri e degli altri.. «Quella di Minale era una sentenza martellante, dettagliata all'inverosimile, come raramente accade». Poi naturalmente avete studiato l'istanza presentata dai difensori degli imputati. «Nel ricorso dell'avvocato Gamberini c'erano elementi che meritavano di essere analizzati». In particolare? «Se ne è parlato a lungo anche sui di dei giornali...». Cioè la testimonianza Gnappi, il problema proiettili... «Sì, sì, e tante altre cose». Ma per voi ovviamente non sono state sufficienti. «Non voglio entrare nel merito, abbiamo scritto cinquanta pagine per motivare la nostra decisione. E' tutto lì dentro, atto per atto». Adesso diranno che la vostra è una sentenza politica. «Noi ci siamo limitati a guardare gli atti». Beh, certo lei non è mai stato di «Lotta Continua». «No, mai. Ma quando sono arrivato a Milano negli Anni 70, dicevano che ero un pretore d'assalto, di quelli che condannavano sempre i fascisti per gli. scontri di piazza. Oggi mi sento un liberal-democratico». Cosa succederà, adesso? «Adesso, se gli imputati lo Vorranno, potranno ricorrere in Cassazione. Si dice che in certi casi si può arrivare fino a 34 gradi di giudizio. .». [f. poi.]

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