Marianna, l'«angelo di ferro» di Renato Rizzo

Marianna, l'«angelo di ferro» Marianna, l'«angelo di ferro» Seconda notte sulla poltrona accanto a papà PERSONAGGIO ROMA A gli occhi segnati, la faccia stropicciata come il vestito indossato in questa lunga notte. Notte insonne, scivolata via un po' sulla poltrona accanto al letto del padre, un po' nel corridoio a ricacciare la voglia d'una sigaretta. Le infermiere del reparto di cardiologia le avevano detto, la sera prima: «Dobbiamo metterle lenzuola e coperte?». E lei. «No, non importa, non vi disturbate. Va benissimo così». Marianna Scalfaro non aveva certo voglia di dormire: troppo grande e fondo il lago dell'ansia, troppo forti i sussulti della rabbia dopo aver guardato la tv: «Ma vi rendete conto? - graffiava con quella sua voce roca e scura rivolgendosi alla caposala suor Nazarena, sua amica da tempo -. Hanno mandato in onda delle immagini da cui sembra che papà sia ricoverato in un settore di terapia intensiva. Neanche fosse un malato grave, neanche versasse in condizioni critiche». Pensieri arroventati come la brace delle cento, sognate Marlboro; nervi tesi in queste ore di fioca luce azzurrina davanti alla stanza 814 dove il presidente riposava quieto. Una camera simile a tutte le altre di questo ottavo pia-: no: unica differenza, un solo letto invece dei consueti due e, naturalmente, la scura poltrona in similpelle nella quale la Signorina (così la chiamano al Quirinale spesso aggiungendo la precisazione «di ferro») ha aspettato l'alba. Il giorno comincia presto, negli ospedali, annunciato dal passo meno felpato delle REGINA DELIA DISCREZIONE infermiere e dal leggero rumore di stoviglie che prelude alla colazione. Lei, a quell'ora, è già in corridoio. Ecco arrivare il professor Maseri ed il dottor Rebuzzi per la prima visita ad Oscar , Luigi Scalfaro: temperatura, pressione arteriosa, elettrocardiogramma. Tutto, si dice, «nella norma». In attesa che si snodi la prevista serie di esami, il Presidente chiede di poter andare per un attimo in chiesa. Marianna ha un gesto d'affettuosa apprensione: gli posa sulle spalle il cappotto scuro: «Fa freddo, papà. E la cappella è al secondo piano». Scendono insieme in ascensore seguiti da un silenzioso e vagamente imbarazzato agente della scorta. Ma nella cappella entrano soli. Chi ha una certa consuetudine con Oscar Luigi e Marianna Scalfaro sa che, quelli, sono momenti rigorosamente privati. Lei, qualche anno fa confessò contrariata al parroco del Santissimo Sacramento, una chiesa dover era solita sentir messa: «Ma come si fa a pregare con la scorta?». In questa domenica mattina, al Gemelli, il tempo consentito per la meditazione è scarso. Il Capo dello Stato e la figlia si fermano pochi minuti, salutati con un cenno da alcuni pazienti che pregano nei banchi. Poi, lui si affida ai medici che l'accompa¬ gnano in radiologia per sottoporlo ad una lastra; lei, in corridoio, aspetta che riassettino la stanza. E, subito, incomincia a squillare il telefono. E' Marianna a fare da filtro: «No, nessuna visita», risponde inflessibile a chiunque chiami. Una sola persona riesce a «forzare» questo blocco: il prefetto Jannelli, consigliere per gli affari interni che, tra l'altro, è parente di un medico del reparto. E un solo mazzo di fiori supera lo sbarramento della porta a vetri presidiata da agenti e carabinieri in borghese: la colorata composizione di rose, gladioli, margherite e tulipani inviata da Rosa Russo Jervolino, amica del presi¬ dente e compagna di Marianna durante tante sere casalinghe. Ma la giornata al calor bianco della Signorina è appena incominciata: divisa tra compiti di infermiera ed impegni di segretaria. Lei ha una lunga consuetudine d'ospedali: da anni si occupa di volontariato dedicandosi alla assistenza di ammalati gravi, in particolare bambini e giovani affetti da Aids. Qui, in questa stanza del Gemelli, dilaga, amplificato dalle preoccupazioni del momento, il suo implacabile amore per il padre. Quello che, nella vita d'ogni giorno, la spinge, ad esempio, a fissare rigidissime diete alimentari. Lo stesso affetto esclusivo che la porta ad elargire anche ascoltati consigli politici e sa trasformarla in grintoso avvocato difensore: «Quando la smetterà di sostenere che mio padre è un conservatore?», alzò la voce alcuni anni fa con Francesco Cossiga. E lo scorso autunno affrontò un giornalista «reo» d'avere scritto che Scalfaro parlava in «modo allusivo»: «Guardi che noi siamo sempre diretti», sbottò in un impeto di totale identificazione. Perfetta, efficiente, la Signorina ieri ha lavorato come ufficio stampa del padre: gli ha preparato la rassegna di tutti gli articoli apparsi sul suo improvviso ricovero e gli ha consentito anche un paio di telefonate. Una, «assai grata», ha raggiunto un commentatore che aveva avuto apprezzamenti particolarmente elogiativi per il ruolo di grande timoniere assunto da Scalfaro in questi anni. Le 17, l'ora della messa. Il Presidente, con il passo un po' provato, scende un'altra volta in cappella. Le 18. La giornata dell'ospedale volge al termine. Marianna Scalfaro è in corridoio: nella camera 814 la poltrona letto in similpelle l'attende per un'altra notte. Mentre il Gemelli spegne e luci e si accende la solitudine. Renato Rizzo

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