IL SAX DI MOODY

IL SAX DI MOODY SABATO 14 IL SAX DI MOODY E Martial Solai con Paul Motian Fi IGLIA di una vocalist di big band e di un trombettista jazz, ma preparata anche agli studi classici del Conservatorio di South Shore, la bostoniana Amanda Carr - che apre la serata di sabato 14 - è a suo agio nel trasferire l'eloquenza dello spirito orchestrale nell'intimità del piccolo combo e in duo con il suo concittadino Bevan Manson, laureato alla Eastman School of Music, pianista e docente di jazz, composizione e direzione al conservatorio del New England. Martial Solai, che segue la Carr nel cartellone di sabato, è considerato uno dei pianisti più gemali, e non solo del jazz, in tutto il mondo. Parole di lode per la sua sensibilità, creatività e prodigiosa tecnica sono state espresse da Duke Ellington e da Bill Evans, e la sua arte è stata messa al servizio di musica da camera e di colonne sonore (almeno quaranta,'compresa l'originale di «Fino all'ultimo respiro»), concerti per piano, per orchestra sinfonica e per vari strumenti solisti, componimenti didattici e registrazioni per più di 100 etichette di tutto il mondo. Ha suonato in formazioni minimali o numerose, da solo o in compagnia di personalità come Sydney Bechet e Django Rheinhardt, Kenny Clarke e Lee Konitz, Stéphane Grappelli e Toots Thielemans, e la città di Parigi ha istituito un concorso internazionale di piano che porta il suo nome. A Ivrea si presenta in trio con l'agile, preciso bassista Marc Johnson e con il musicalissimo batteur Paul Motian. Chiede la serata James Moody, uno degli ultimi sopravvissuti dell'era del Bop, esordì con Dizzy Gillespie a 22 anni, nel 1947 (più tardi, Dizzy dirà che suonare con Moody era come suonare «con una continuazione di me stesso»). In capo a un anno debuttò da leader per la «Blue Note», per poi creare la ballad sentimentale a cui è legata la sua fama, quel «Moody's Mood for Love», che divenne, grazie all'adattamento al canto di King Pleasure (e dell'immaginoso Eddie Jefferson, che fu anche suo alunno), il veicolo per l'affermarsi del vocalese come arte parallela al jazz. Gli Anni Settanta lo trovano dedicato ad allietare il pubblico marginale di Las Vegas, ma il suo successivo ritorno tra le élites, propiziato da una candidatura al Grammy per la partecipazione a un album dei Manhattan Transfer, non ha più conosciuto soste. «Continuo a esercitarmi, perché c'è della musica nella mia testa che non è ancora venuta fuori». Il suo attuale ed, «Moody Plays Mancini», è già stato chiamato «tributo di una leggenda a una leggenda». Con lui Andrea Pozza, Bibi Rovere e il batterista lionese Stéphane Fouchet. [e. c. f.] In questa colonna, dall'alto in basso Ada Montellamico (vocalist di Pieranunzi) Martial Solai e Claudio Fasoli

Luoghi citati: Ivrea, Las Vegas, Parigi