Riforme, ecco l'asse Marini-Berlusconi di Alberto Rapisarda

Riforme, ecco l'asse Marini-Berlusconi Per presidenzialismo e legge elettorale: giallo sui presunti contatti tra i leader Riforme, ecco l'asse Marini-Berlusconi Per contrastare Fini-D 'Alema ROMA. Prima c'era l'accordo di fatto tra D'Alema e Fini per portare in porto la riforma della Costituzione col sistema semipresidenziale, che tanto ha inquietato Fi, Ppi, Rifondazione. Dall'altro ieri è nata, a quanto pare, una nuova accoppiata politica, quella tra Marini, segretario del Ppi, e Berlusconi, presidente di Forza Italia, che punta a ristabilire l'equilibrio. Prima di tutto per le riforme in gestazione e la legge elettorale e poi, chissà... Una «svolta» di questa portata non è stata annunciata da comunicati ufficiali. Berlusconi, anzi, ha fatto smentire le voci secondo le quali giovedì avrebbe ricevuto a pranzo, in via del Plebiscito, Marini. «Non si tratta nemmeno di voci, ma di leggende metropolitane», ha assicurato il portavoce Bonaiuti. Sarà anche vero che il pranzo non c'è stato, ma è sicuro che ci sono stati tanti e fitti incontri tra Marini e Letta, che è fidato consigliere politico di Berlusconi. Incontri che, tra due ex de che si capiscono, sono serviti a concordare un comportamento comune da tenere dei confronti di D'Alema, ricavandone vantaggi per entrambe le parti. Il patto, nella sostanza, sarebbe che Forza Italia si preparerebbe a cedere sui poteri da dare al futuro Presidente della Repubblica eletto dal popolo (come i popolari desiderano) e sulla legge elettorale, che rimarrebbe quella che è, o quasi (come Marini desidera, temendo le «innovazioni» di D'Alema). In cambio, Berlusconi incasse- rebbe un aiuto per ottenere una qualche separazione delle carriere dei giudici e dei pm. E, fatto forse più importante, riconquisterebbe un ruolo politico centrale nel Polo (rispetto a Fini) e nella Bicamerale e in Parlamento (rispetto a D'Alema). Ufficialmente, Marilù dice con aria soddisfatta: «Abbiamo rimesso in moto il treno delle riforme». Nella smentita conversazione con Berlusconi, Marini avrebbe aggiunto che «è il momento di svelenire il clima, di raffreddare le tensioni crescenti». Berlusconi, secondo l'«Agi», avrebbe a sua volta detto al comitato di presidenza di Forza Italia che «l'accordo di casa Letta vale ancora e va tradotto in una proposta di legge. Ho sentito qualcuno di un partito della maggioranza... Dobbiamo andare avanti nel lavoro delle riforme, anche perché in questo modo saremo favoriti dall'emergere delle contraddizioni che già stiamo riscontrando nella maggioranza». Contraddizioni nell'Ulivo, in effetti, ne stanno emergendo diverse. C'è l'atteggiamento da tenere verso la legge elettorale, la divisione delle carriere e anche il referendum di Segni. Referendum che i pidiessini sembrano guardare con malcelata simpatia, come elemento per scompaginare le carte altrui. Mentre i popolari sembrano avversarlo frontalmente. Una dichiarazione di Veltroni che non drammatizzava il referendum, è stata attaccata dal Ppi (Giampaolo D'Andrea), che ha risposto che «nessuna riforma elettorale fatta attraverso cancellazioni referenda- rie può provocare processi politici lineari. Sarebber una vera mina sul cammino delle riforme». Marini, quasi a suggellare pubblicamente il tacito patto con Berlusconi, ha fatto annunciare ieri dal suo vice, Francescani, le proposte del Ppi. E cioè, la legge elettorale deve rimanere quella concordata in Bicamerale e se poi «qualcuno» (D'Alema) non è più d'accordo «deve avere il coraggio di dirlo chiaramente». E, a garanzia per Berlusconi, ecco la proposta per la giustizia: «Introdurre in Costituzione principi come la terziarietà dei giudici rispetto all'accusa e alla difesa, definendo con legge ordinaria i rapporti tra le carriere, che non vuol dire necessariamente arrivare alla separazione. Su questo tema credo sia possibile non rinviare a una legge ordinaria successiva all'approvazione delle riforme, ma intervenire subito a Costituzione invariata». Che è la garanzia concreta che chiede Berlusconi. Dal partito di D'Alema è già arrivata la disponibilità a discutere di legge elettorale. E' il primo effetto del Marini che fa la faccia feroce a D'Alema, al quale sventola sotto il naso la minaccia di elezioni anticipate. Perché significa il sommo disinteresse ostentato dal segretario Ppi per i problemi che porrebbe il referendum che intriga i dùigenti del «Pds. Come si sa, le elezioni fanno rinviare i referendum di due anni. Alberto Rapisarda Qui accanto il leader del ppi Franco Marini A sinistra Silvio Berlusconi

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