«Non perdono chi uccide per gioco»

«Non perdono chi uccide per gioco» Alessandria, mezz'ora di deposizione: «E' un secondo funerale». Il pm decide un nuovo sopralluogo sul cavalcavia «Non perdono chi uccide per gioco» // marito della vittima ricostruisce il delitto dei sassi ALESSANDRIA dal nostro inviato La fede d'oro bianco brilla sotto i riflettori, scintilla sulla mano di im uomo che non se l'è mai voluta togliere dal dito, che non piange, che non si commuove più, che racconta che la morte è arrivata mentre era quasi al massimo della potenza della Mercedes 190 e sicuramente al massimo della felicità, mentre ascoltava mia canzone di Eric Clapton assieme alla moglie. Ma che poteva essere un'altra cosa, quella sera alla radio, perché la musica è finita di colpo e in macchina è entrato «un silenzio», e «aria fredda». Mezz'ora è durato il racconto degli ultimi 5 minuti della breve vita felice di Maria Letizia Berdini. Sposata da 5 mesi a Lorenzo Bossmi, morta il 27 dicembre 1996 sotto un cavalcavia a Tortona con la testa sfondata da un sasso «del peso di kg 2,750 a forma piramidale». Lui è entrato in aula alle 11. Alto, il cappotto nero piegato sul braccio, completo grigio scurissimo e camicia bianchissima. Tranquillo. Ha attraversato la barriera di agenti, sfiorato il bancone riservato ai quattro fratelli Furlan e a Paolo Bertocco, notato che mancavano gli altri due imputati, la ragazza Vezzaro e Roberto Siringo, puntato alla sedia dei testimoni. Uno sguardo alla corte, un respiro profondo e ha detto nel microfono: «Mi chiamo Lorenzo Bossini, sono nato a Travagliato il 10 marzo '66, sono il marito di Maria Letizia Berdini». Silenzio. Perché tutti sapevano che avrebbe raccontato una cosa orribile e vera, e tutti aspettavano di sentire il brivido. Allora il procuratore Maurizio Laudi ha iniziato. «Dove si trovava la sera del 27 dicembre 1996?». «Sulla Torino-Piacenza, con mia moglie, provenienti da Brescia. Dovevamo cenare a Torino e partire per una vacanza». «Su che auto vi trovavate?». «Sulla mia Mercedes 190 bianca». ((A quale velocità andavate?». «Ai 140 all'ora, più o meno». «Quali luci stava usando?». ((Abbaglianti e anabbaglianti. Ma nei minuti precedenti il fatto sicuramente abbaglianti, perché non c'erano altri veicoli». «In quale corsia procedeva?». «Stavo sulla destra, ma abbastanza centrale». Cosa è successo? «Mi ricordo di aver passato lo svincolo di Tortona. Vidi in lontananza il segnale lampeggiante di una macchina ferma sulla destra. In quel momento ho provato una... conseguenza di sensazioni. Un rotolamento di qualcosa sotto la macchina. Allora ho pensato "rallenta!". Poi ho sentito un botto forte, una forte aria». «Che tipo di rumore era?». «Sordo, non fragoroso, un tonfo secco. Ho cercato di fermare, ho avuto la sensazione... di freddo». «Davanti c'erano altre auto?». «Una Seat con i lampeggianti». «Dopo il botto cosa ha fatto?». «Ho frenato, mi sono spostato sulla destra, mi sono fermato poco prima della Seat. Dopo il tonfo c'è stato il silenzio, c'era l'aria e il silenzio. Non ho più sentito mia moglie, non c'era stata nessuna sua reazione negativa per la frenata... Nel girarmi ho visto che lei era ac- casciata sul sedile contro la portiera destra. La testa era sulle gambe, era sostenuta solo dalla cintura di sicurezza. Ho aperto la portiera, l'ho chiamata, non rispondeva. L'ho presa per la testa. Ma ho visto che mancava la parte sinistra della faccia, c'era il cervello che usciva sulle ginocchia, ho capito immediatamente la realtà della sua morte. C'era sangue che usciva, il cervello che colava giù...». «Poi cosa ha fatto?». «Sono sceso. Ho imprecato. Ho tirato un calcio alla macchina. Ho visto un uomo che si teneva la faccia, l'ho chiamato. Poi sono tornato alla macchina, ho rivisto Letizia, l'ho chiamata. Ma era impossibile sentire la sua voce. Poi ho visto la moglie dell'uomo della Seat, poi è arrivata un'altra persona, che mi ha detto "cosa è successo?" e gli ho risposto "è morta mia moglie". Sono andato verso il cavalcavia, ho incontrato un uomo, il signor Giacobone, che aveva una torcia in mano, abbiamo fatto un centinaio di metri, io guardavo anche la mia macchina, mia moglie era lì». «Ha notato qualcosa sul cavalcavia?». «No». «Ha chiamato la polizia?». «No, era già stato fatto. Ho chiamato gli amici di Torino, ho detto "hanno ammazzato Letizia", il mio amico ha detto "vengo lì"». «Ha visto la pietra in macchina?». «No, l'ho vista il giorno dopo alla Polizia. L'ho trovata sul sedile. Subito non l'ho vista». «Quando è successo, stava parlando con Letizia?». «No, era un attimo di silenzio. Stavamo ascoltando la musica, lo ricordo benissimo, c'era una canzone che le piaceva, mi aveva chiesto di star zitto». Poi Bossini si è seduto accanto al suo avvocato, vicino alla cognata Maria Rosa, che ha pianto per tutto il suo racconto. Ha guardato le cinque facce di pietra degli miputati, ha visto svenire un ragazzo, tra il pubblico, per l'emozione. Ha ascoltato le altre testimonianze. Quella del medico che ha constatato la morte. Quella di Raffaele Macera (sua la Seat rossa, parabrezza sfondato da mia pietra, lui, la moglie e il figlioletto feriti leggermente). Quella di Mauro Giacobone, che vide «delle ombre sul cavalcavia». Quella di Luigi Riccardi, anche lui parabrezza sfondato e leggere ferite: «Sul ponte c'erano quattro o cinque ombre con le braccia alzate che gridavano, esultavano. E si sentivano ancora tonfi di pietre, sono sicurissimo. La sassaiola sarà durata mia decùia di minuti». Ma non solo: «Nella stradina laterale all'autostrada vidi due auto ferme, con i fari accese. Sembravano spettatori». Alla line ha sentito il sostituto procuratore Ferrando chiedere un nuovo sopralluogo sul cavalcavia, lunedì sera. Allora ha detto «questa udienza è stata mi secondo funerale», e «non posso perdonare chi ha ucciso per gioco». Si è infilato il cappotto scuro e se ne è andato. Brunella Giovara «Ho sentito un botto e l'aria fredda Ho visto mia moglie accasciata sul sedile mancava la parte sinistra della faccia C'era il cervello sulle ginocchia» «C'era tanto sangue Ho imprecato e tirato un calcio all'auto. Poi sono tornato indietro ho chiamato Letizia ma era impossibile sentire la sua voce» Un altro testimone «Sul ponte c'erano 4 o 5 ombre, esultavano con le braccia alzate» Tre immagini di Lorenzo Bossini durante la deposizione di ieri al processo di Alessandria. In basso, la moglie Maria Letizia Berdini, uccisa da un sasso la sera del 27 dicembre del 1996

Luoghi citati: Alessandria, Brescia, Piacenza, Torino, Tortona, Travagliato