Quei prof delle scuole a rischio di Liliana Madeo

Quei prof delle scuole a rischio Un particolare riconoscimento a chi insegna nelle zone difficili Quei prof delle scuole a rischio SNAPOLI I profila il riconoscimento di un «credito professionale» a favore degli insegnanti che accettano di lavorare - e si impegnano a farlo per alcuni anni in quelle scuole da dove tutti sperano solo di poter scappare al più presto, le scuole dove i ragazzi sono particolarmente turbolenti, dove ci sono vandalismi, magari armi, magari minacce per chi sta in cattedra. La direzione scuola di Cgil, Cisl, Uil ha approvato nei giorni scorsi un'ipotesi di piattaforma che nelle prossime settimane verrà discussa in 4400 assemblee, in vista del rinnovo contrattuale e mentre si annuncia una radicale riforma dell'intero ordinamento scolastico. Si prevedono insomma interventi specifici per chi opera nelle «zone a rischio educativo» come le chiama il Censis, che ogni anno ne stende la lista, che comprende intere province - come ad esempio Nuoro - nelle quali alto è il tasso degli insuccessi scolastici e dell'abbandono della scuola d'obbligo, e più basso della media nazionale si fa il tasso delle iscrizioni alle superiori e il numero dei diplomati. Ne parla a Napoli il segretario generale della Cgil scuola Enrico Panini, in margine al convegno - «Pianeta giovani e strategie sindacali» - organizzato dal suo sindacato. Dice: «Prevediamo che si investano particolari risorse per valorizzare il lavoro che si fa in certe classi, in certe zone. Quel lavoro, proprio per gli effetti positivi che l'intera società ne trae, ha un valore aggiunto cui va dato un riconoscimento positivo sia dal punto di vista economico sia da quello giuridico. Un riconoscimento che si può chiamare di credito professionale. All'insegnante che vive quella esperienza si garantisce - oltre alla carriera che di diritto normalmente può compiere - anche una definizione di specifica professionalità e competenza. Che può aprire sbocchi imprevisti di carriera, il passaggio ad altri ruoli educativi, una potenzialità in più rispetto alle occupazioni che la nuova scuola e la nuova società possono introdurre, magari - ma di questo non siamo noi, in questo momento, a definire le dimensioni - un computo agevolato dell'anzianità a fini pensionistici». Qui al convegno si parla dei due protagonisti del processo di cambiamento che sta per investire la scuola italiana, i giovani e gli insegnanti. «La scuola non dà nessun contributo per aiutare gli adolescenti a definire la propria identità. Non si fa carico del processo di responsabilizzazione e autonomia dei giovani, che invece le compete» accusa Anna Maria Avello, docente di Psicologia all'Università di Roma. «Il problema del disagio - non solo giovanile, in questo tempo - è la mancanza di un grande progetto, un'utopia, un'idea di come possa svilupparsi in futuro la nostra società, cui la progettualità individuale possa agganciarsi, per contrasto o adesione» dice Antonio de Lillo, docente di Sociologia all'Università di Milano. Si parla - al convegno - anche del nuovo regolamento sull'autonomia della scuola. Dello Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti che sta per essere approvato, in sostituzione del Regio Decreto del '25. Del gap con cui il nostro Paese si presenta all'appuntamento con l'Europa (56% i ragazzi italiani diplomati rispetto ai coetanei europei, diplomati per il 75100%). «Il tempo ha una dimensione di grande importanza. Bisogna agire rapidamente» dice Panini. Per questo non spende tante parole su Berlinguer, che oggi sarà a Napoli e si misurerà con una platea di studenti e sindacalisti. Quale voto il sindacato dà al ministro e al governo, per il lavoro fatto in questo anno e mezzo? «Sufficiente, per gli impegni presi. Meno positivo, più critico, per quello che fa. E' grosso il divario fra impegni e realizzazioni» taglia corto. Liliana Madeo Il ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer

Persone citate: Anna Maria Avello, Antonio De Lillo, Berlinguer, Enrico Panini, Luigi Berlinguer, Panini

Luoghi citati: Milano, Napoli, Nuoro