Mecenate rosso per lo Struzzo di Pierluigi Battista

Mecenate rosso per lo Struzzo Come il pei finanziava l'Einaudi: un libro svela il ruolo di Eugenio Reale, ambasciatore di Togliatti nel mondo dell'editoria Mecenate rosso per lo Struzzo Fu espulso dal partito dopo ifatti d'Ungheria Dirigente di primo piano, dopo la rottura combatté una solitaria battaglia anticomunista wriN partito attento alle raI gioni della cultura e, ancor più, dell'organizzazioI I ne culturale. Un partito I che coltiva con attenzione e sciamolo ammirevole le ragioni dell'«egemonia» raccomandata da Antonio Gramsci come leva per la conquista delle «casematte» della società civile. Un partito che sa parlare agli intellettuali e sa costruire una «controsocietà» che li metta al riparo dagli effetti perniciosi della guerra fredda. Un partito che, all'occorrenza, sa intrattenere addirittura rapporti di mecenatismo con case editrici e intellettuali della sinistra. E che spingeva alcuni tra i suoi più autorevoli dirigenti come Eugenio Reale a interessarsi con molta partecipazione alle sorti della casa editrice di Giulio Einaudi. C'è un capitolo finale, nel libro appena pubblicato dalle edizioni di Liberal con il titolo Eugenio Reale, l'uomo che sfidò Togliatti e curato da Antonio Carioti, che presenta alcune lettere inedite in grado di gettare altra luce sui rapporti tra il pei e l'editoria di sinistra. Il libro restituisce scritti e testimonianze di una figura che la cultura italiana e i cultori di storia politica italiana hanno gradualmente dimenticato. Eugenio Reale, appunto: fiero antifascista nella clandestinità, comunista condannato nel 1932 a dieci anni di carcere, nel dopoguerra dirigente di primo piano del pei, collaboratore strettissimo di Palmiro Togliatti che però nel 1956, dopo i fatti d'Ungheria, rompe violentemente con il partito-chiesa, viene raggiunto da una sequenza impressionante di accuse e invettive da parte degli ex compagni scatenati contro l'apostata, fonda su posizioni decisamente anticomuniste un settimanale (che in seguito diventerà mensile) che si chiama Corrispondenza socialista cui collaborano, tra gli altri, Emmanuele Rocco (futuro notista politico del Tg2 nel frattempo riawicinatosi al pei) e Antonio Ghirelli, Tommaso Smith e Aldo Garosci, Marco Cesarmi Sforza e Michele Pel¬ licani ma anche gli stranieri Milovan Gilas e David Rousset, Robert Conquest e Daniel Bell, Margarete Buber Neumann e Adam Ulam. Oltre all'attività culturale e giornalistica, Reale non abbandona l'impegno più strettamente politico e di partito ma dopo aver fondato un raggruppamento denominate «Alleanza socialista» e tentato una deludente esperienza nel psdi di Giuseppe Saragat, Reale si ritroverà sempre più isolato e ai margini. Il merito del libro curato da Carioti è quello di ricostruire dettagliatamente il percorso umano e politico di un dirigente della sinistra che incarna in forme quasi esemplari il paradigma del comunista che rompe con il suo partito ma prosegue una solitaria battaglia politica hi nome dell'anticomunismo. Ma un altro merito è anche quello di farci comprendere come in un intellettuale, in un uomo colto che, come scrisse una volta lo stesso Reale, «aderì al comunismo negli anni bui del fascismo, quando la lotta contro il fascismo era fatta soprattutto dai comunisti ed erano questi a rappresentare ai nostri occhi l'esigenza insopprimibile della libertà», anche nelle condizioni di massimo impegno di partito non venne mai meno la passione per la cultura. Fu così che Reale si prodigò per la famosa mostra romana di Picasso nel 1953. Fu così che Reale decise di giocare un ruolo non secondario per le sorti finanziarie di una casa editrice importante e prestigiosa come l'Einaudi. Si tratta, ovviamente, di un capitolo molto delicato nella storia culturale italiana, perché più volte Einaudi ha spiegato come fosse difficile per lo Struzzo mantenere un equilibrio tra la collocazione apertamente a sinistra della casa editrice e un'esigenza altrettanto forte di «autonomia» (e anche di «autonomia» finanziaria) di un editore aperto a una pluralità di apporti culturali diversificati. In questo capitolo, si apprende dalla documentazione inedita raccolta nel volu- me curato da Carioti, Reale chiese nel 1951 a Giangiacomo Feltrinelli, che all'epoca non aveva ancora inaugurato la sua casa editrice, di sopperire con adeguati prestiti alle difficoltà finanziarie dell'Einaudi. Si legge per esempio, in una delle lettere allegate dell'archivio Reale, il seguente passaggio di Feltrinelli a Einau¬ di: «Ed è soprattutto per il diretto intervento di Eugenio che io ti accorderei una dilazione se attualmente ne avessi la materiale possibilità». E ancora: «Parimenti devo insistere perché le scadenze di marzo vengano rispettate. Solo verso la metà di quest'anno, e se le cose si svolgeranno secondo i miei piani, potrò eventualmente discutere con te per riaprire un'altra operazione di finanziamento». Risposta di Einaudi a Feltrinelli del 5 gennaio 1951: «Comprendo le ragioni che impediscono di accedere al desiderio di Reale e mio e non insisto, come non avrei insistito qualora non avessi intravisto una prospettiva favorevole. Tu hai ragione nel ricordare i miei impegni, che tengo come sempre a rispettare, a meno che il secondo contraente non sia d'accordo nel mutarne i termini». Negli anni successivi, però, Reale si interesserà affinché il pei provvedesse in prima persona all'aiuto finanziario dell'Einaudi. Come attesta la lettera di Giulio Einaudi a Reale del dicembre del '53 a proposito del debito contratto dall'editore con il pei: «Mio caro Eugenio, ho viva speranza che quel supplemento extra di 20 milioni venga autorizzato, e che la data sia non oltre il 10/15 gennaio. Mi affido a te. Comunque puoi aspettare fino a quel momento la presentazione di quell'assegno in data 7 gennaio? Mi è proprio necessario. Ti ringrazio molto». E anche la lettera del maggio successivo in cui Einaudi parla di Egisto Cappellini, allora amministratore centrale del pei: «Ti informo di aver scritto ad Egisto affinché veda se gli è possibile ripristinare a 30 milioni il fido, che in questi mesi è sceso a 24. Continuerei regolarmente a pagare un milione e mezzo al mese. Spero non ci siano difficoltà, che ti pregherei di smuovere con la tua amichevole parola. Molto cordialmente tuo Giulio». Pierluigi Battista Giangiacomo Feltrinelli | A sinistra un'immagine dei fatti d'Ungheria, che nel '56 spinsero molti intellettuali ad abbandonare il pei. Sopra Eugenio Reale, a destra l'editore Giulio Einaudi Nel 1951 chiese a Feltrinelli di sopperire con adeguati prestiti alle difficoltà della casa torinese

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