Del Turco: «Su Giorgianni decida Prodi»
Del Turco: «Su Giorgianni decida Prodi» L'Antimafia ha deciso di inviare gli atti sulla vicenda del viceministro al presidente del Consiglio Del Turco: «Su Giorgianni decida Prodi» Esplode il caso Messina ROMA. Un conto sono le parole, un altro i toni. Ecco, ieri mattina quando Ottaviano Del Turco, con faccia scurissima, ha interrotto i lavori dell'Antimafia sul caso-Messina per comunicare alla stampa che «la Commissione sta mandando gli atti al presidente del Consiglio perché valuti se sussistono le condizioni per un rapporto di fiducia», il messaggio era chiaro: la commissione Antimafia intende sfiduciare simbolicamente il sottosegretario all'Interno Angelo Giorgianni. Ma siccome «non è la commissione che dà o toglie la fiducia», sono sempre le parole di Del Turco, la questione è formalmente affidata a Prodi. Giorgianni si difende annunciando querele: sono falsità messe in giro dai miei ex inquisiti. «Invierò - esordisce Del Turco - al presidente del Consiglio tutti i testi delle audizioni perché è giusto che Prodi non legga sui giornali cosa sta accadendo, ma che lo sappia direttamente dalla commissione. La nostra decisione non contiene alcun invito. Ognuno si prenda la propria responsabilità». Il presidente dell'Antimafia ci tiene a ribadire di essere un garantista. Che per questo è stato anche attaccato e calunniato. «Detto questo, penso che ci vogliano gesti esemplari. Messina è una realtà drammatica. Bisogna mandare segnali ai messinesi onesti». La documentazione - che per la verità non è affatto di dominio pubblico, essendo state tutte le audizioni a porte chiuse sarà inviata anche a Giovanni Maria Flick (Grazia e Giustizia), Luigi Berlinguer (Università), Giorgio Napolitano (Interno). Ma le ultime audizioni, unite a quelle dei giorni scorsi, devono offrire un panorama davvero univoco e agghiacciante se è un coro di parlamentari di maggioranza come di opposizione, da Filippo Mancuso (FI) a Saro Pettinato (verdi), da Pietro Folena (pds) a Euprepio Curto (an), a parlare di «quadro impressionante». Dice Niki Vendola, vicepresidente dell'Antimafia, il primo a denunciare lo scandalo: «Se la vicenda si concludesse semplicemente con la perdita dell'incarico da parte di Giorgianni, la commissione avrebbe fatto soltanto un'opera di igiene politico-istituzionale. In realtà sta risultando una trama di attività criminali più o meno coperte, di interessi, di sinergie perverse nei luoghi del potere a Messina. L'università e la procura sono i luoghi simbolo di quello che ho più volte definito un verminaio». Vendola denuncia che Giorgianni, per precisare che la sua frequentazione con il costruttore Domenico Mollica non era grave, gli avrebbe det¬ to: «Questi Mollica non sono quello che si dice. Sono amici di tanti. Anche di ministri. Ministri compagni». Ebbene per Vendola queste parole sono «fastidiose chiamate di correità». Il senatore Pietro Milio, radicale vicino a Forza Italia, avvocato siciliano, intanto, chiede di essere ascoltato dalla commissione Antimafia proprio in merito al caso-Giorgianni: «Qualche giorno fa, in un'aula di giustizia, ho avuto uno scontro con il pm Sangermano, amico di Giorgianni. Pochi giorni dopo sono stato chiamato dal sottosegretario, che ha cercato di convincermi a non dare seguito all'accaduto. In cambio di lasciar perdere, e non presentare interrogazioni, Giorgianni mi ha promesso un pacchetto di voti alle prossime elezioni amministrative di Capo d'Orlando». [fra. gri.] Nella foto grande Angelo Giorgianni all'epoca in cui venne eletto nella lista Din; A fianco, il presidente della commissione Antimafia Ottaviano Del Turco
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