Di Bella, conflitto di poteri giudici-governo di Maria Grazia Bruzzone

Di Bella, conflitto di poteri giudici-governo Il ministro contro il Tar. D'Alema: non è bello strumentalizzare il dolore, chi soffre non fa cortei Di Bella, conflitto di poteri giudici-governo Sentenza inappellabile, la Binai ricorre ROMA. Rosy Bindi non ci sta. Dopo aver definito «eversiva» l'ordinanza del Tar del Lazio che impone la somministrazione gratuita del cocktail Di Bella ai malati terminali, il ministro della Sanità - che ha ricevuto la solidarietà di tutti gli esponenti della maggioranza, da Massimo D'Alema («Non è bello strumentalizzare il dolore. Chi soffre non fa cortei» ha detto il leader del pds) a Rifondazione, dal Ppi a Rinnovamento e persino dai sindacati confederali - ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato per ottenerne la sospensione. Una mossa di dubbia efficacia, dal momento che il provvedimento dell'altro ieri non fa altro che intimare l'applicazione della prima ordinanza emessa un mese fa dallo stesso Tar laziale contro la quale il ministero della Sanità aveva già fatto ricorso al Consiglio di Stato. Per questo, fanno notare i giudici del tribunale amministrativo, l'ultima è una sentenza «inappellabile», che va solo eseguita. Tanto che il Tar, che si è mosso sollecitato dall'associazione consumatori Codacons, ha nominato persino un «commissario ad acta», nella persona del direttore dell'Istituto Superiore di Sanità. Al ministero della Sanità fervono le consultazioni fra giuristi sul da farsi. Un'ipotesi che si prospetta è che il decreto che è alla base del ricorso al Tar daparte del Codacons sta per essere modificato (proprio ieri la com- missione Sanità del Senato ha approvato i primi tre emendamenti). Un'altra ipotesi più estrema prevede che il Consiglio dei ministri arrivi a sollevare un conflitto di competenza col Tar davanti alla Corte Costituzionale, in quanto il Tar avrebbe esautorato un ministro, nominando un commissario e intimandogli delle azioni in violazione di una legge vigente. Ufficialmente nessuna conferma arriva dal ministero. «Parleremo solo con i fatti», si limitano a dire. Ma della possibilità di un ricorso alla Consulta, peraltro legittimo, secondo il parere di autorevoli ex presidenti della stessa Corte come Ettore Gallo e Livio Paladin, il ministro Bindi avrebbe parlato già l'altro ieri sera a Romano Prodi. «Gli estremi ci sono», ammette il sottosegretario alla Sanità Monica Bettoni mentre esce dal Senato, e sottolinea la contraddizione della sentenza del Tar «che rappresenta un riconoscimento di efficacia di una terapia sulla quale è appena stata avviata una sperimentazione, che è il metodo valido in tutto il mondo per determinare la validazione di una qualsiasi cura». Rosy Bindi, invece, glissa. «Faremo tanti e tanti ricorsi che avrete di cui parlare» ironizza. La Bindi si sforza di mantere l'aplomb ministeriale, malgrado il continuo precipitare dei fatti. E fa di tutto per mantenere aperto il dialogo col professor Luigi Di Bella. Anche ieri gli ha scritto per illustrargli i cinque punti sui quali il governo e la maggioranza «raccogliendo gli elementi di disagio», sono pronti a modificare il decreto. Ma i portavoce del professore Ivano Componeschi fanno sapere che non sono sufficienti: «Si dice che il medico può prescrivere il farmaco in modo diverso dalle indicazioni del foglietto di accompagnamento, ma solo nell'ambito della sperimentazione e in campo oncologico, ma questo ripropone un limi¬ te alla libertà di coscienza del medico». Di certo c'è che una decisione sul ricorso alla Consulta deve essere presa dal Consiglio del ministri, e non è una scelta facile, dal punto di vista delle conseguenze politiche e di immagine. Se da una parte infatti il governo vuol mantere ferma la sua posizione di principio, dall'altra l'opinione pubblica è sempre più favorevole a Di Bella, come rivela anche un sondaggio della rivista Bina Psicosomatica secondo il quale l'83% degli italiani ha dichiarato che, se fosse malato di cancro, sceglierebbe la cura del professore modenese. In compenso, l'81% dei medici (il 61% dei quali ha ammesso che «le scelte della medicina sono condizionate da interessi economici») ha dichiarato di conoscere solo vagamente gli effetti della somatostatina e solo il 15% ha detto di conoscere il farmaco. Maria Grazia Bruzzone

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