«Salvate i fratelli di Eolo dai pirati degli abissi»

«Salvate i fratelli di Eolo dai pirati degli abissi» Gli archeologi subacquei: «I mari italiani abbondano di tesori, ma lo Stato non sa difenderli» «Salvate i fratelli di Eolo dai pirati degli abissi» ROMA. Bello e malconcio Eolo è ricoverato a Mazara del Vallo. Il luogo dovrebbe essergli famigliare e può considerarsi fortunato. Ci è mancato poco che finisse in una città straniera di cui non sospetta l'esistenza, Washington. Per anni il «barbaro» Robert Ballard l'ha braccato e l'ultimo tentativo dell'Indiana Jones del «Titanio» e della «Bismarck» risale all'estate, quando il suo sottomarino Nrl fu intravisto davanti alla Sicilia orientale, generando rabbiose proteste contro il saccheggio dei fondali. «Appena qualche settimana prima era stata ripescata una gamba del dio ed è difficile non immaginare che fosse sulle sue tracce», dice Piero Alfredo Gianfrotta, professore di archeologia subacquea dell'università della Tuscia, a Viterbo. «Approfittava del fatto che il Mare Nostrum si è degradato a mare di tutti, pirati compresi». Basta entrare in un bar di Civitavecchia o Porto Santo Stefano: vicino al juke box c'è spesso un'anfora, rimasuglio di meraviglie che dalle reti sono scivolate nel mercato clandestino. Peggio della Roma dei secoli bui, i mari d'Italia sono una miniera di tesori da rubare, anzi ha scritto lo studioso francese Salomon Reinach - «il museo d'antichità più ricco del mondo». Museo senza controlli, disseminato di migliaia di relitti, fenici, punici, greci, romani, bizantini, veneziani, genovesi, turchi, spagnoli, francesi. Eolo è un assaggio, come i bronzi di Riace, l'Apollo trovato davanti a Piombino nel 1895 e finito al Louvre, il presunto Atleta di Lisippo emerso 30 anni fa al largo di Sinigaglia e catturato dal Paul Getty Museum di Malibu. «Per ogni statua che riappare si deve supporre che ce ne siano decine nello stesso punto, appartenenti al medesimo carico», spiega Gianfrotta. «I romani impazzivano per marmi e bronzi e - si sa - non si facevano scrupoli a portarseli a casa da tutto l'impero». Rubavano i romani e oggi si derubano i loro bottini, in una situazione «da scatafascio alla Paolo Rossi», accusa Giuhano Volpe, docente all'università di Bari e promotore dell'Associazione archeologi subacquei. «Ritardi, provincialismo, inefficienze, burocrazia», s'indigna, puntando il dito contro il niinistero dei Beni culturali e il suo braccio sottomarino, lo Stas. «L'Italia non dispone neanche di una nave-laboratorio. Eppure 20 anni fa ne avevamo due!». La crisi comincia nel '77, quando Nino Lamboglia, il padre dell'archeologia subacquea italiana, annega nel porto di Genova. Ai superstiziosi può sembrare la vendetta del capriccioso dio del mare Poseidone, infastidito dalle spedizioni nel suo regno e, se di maledizione si tratta, perseguita anche i successori, visto che non smettono di litigare e la ricerca langue. Così, a fare i ritrovamenti da «scoop» sono quasi sempre anonimi pescatori. «Non esiste un censimento dei fondali, quando basterebbe seguire il modello della Carta dei Relitti francese, che ogni anno si arricchisce di una trentina di scoperte, e non si riesce nemmeno a concludere uno scavo. Prevale l'incursione: dopo due campagne ci si interrompe e si salta altrove», sottolinea Volpe. «E, perdipiù, le immersioni scientifiche non sono regolamentate: il disegno di legge è bloccato e di recente la cornmissione cultura l'ha ripreso solo per eliminare il fondamentale articolo sull'istituzione della figura dell'archeologo subacqueo professionale. Peggio di così è impossibile». L'episodio dei bronzi di Brindisi, nel '92, è famoso: «Ci si è limitati al recupero spettacolare di centinaia di pezzi di statue, sotto i riflettori dei media, senza che sia stata compiuta un'anali- si sistematica del sito». Come dire che in mare la filosofia è ancora quella famigerata dei Borboni a Pompei: arraffare l'arraffabile e ignorare il resto, magari distruggendolo. «Dieci anni fa il ministero dei Beni culturali non era neanche in grado di mettere la testa sott'acqua e ora sta per firmare un'importante convenzione con la Marina militare: le sue unità collaboreranno con le soprintendenze per programmi estesi di rilevazione», ribatte Claudio Mocchegiani Carpano, direttore dello Stas, il Servizio tecnico per l'archeologia subacquea dello Stato, e professore all'università di Ravenna. «Abbiamo già formato i primi 70 esperti», anche se si ammette che per lo più si tratta di topografi, restauratori e - perfino - di custodi (degli abissi, evidentemente). Gli archeologi con licenza d'immersione sono 15 per 8600 chilometri di coste. In Calabria, Regione che scoppia di reperti, non è stato spedito nessuno e quando si vorrà andare in missione bisognerà chiedere in prestito oltre ai mezzi an- che gli uomini. In queste condizioni è evidente che i fantascientifici mezzi alla Ballard suscitino l'invidia dello Stas di Mocchegiani e dell'Associazione di Volpe. Per una volta gli avversari sono d'accordo. Il sogno è un futuro attrezzato di sommergi¬ bili tascabili, robot teleguidati, sonar oscillanti, lungo rotte millenarie, nel Canale di Sicilia, nello Stretto di Messina, nelle Bocche di Bonifacio, nell'Arcipelago Toscano, nel Mar Ligure e in quello Adriatico, davanti ai porti di Ostia, Pozzuoli, Anzio, Baia: là sotto ci sono di certo relitti stracolmi di veneri, efebi, mosaici, colonne, armi, gioielli, molti simili per opulenza di capolavori alla nave rinvenuta nel 1913 a Mahdia, sulla costa tunisina, e attribuita ai legati di Siila che nell'86 a. C. depredarono i fantastici tesori di Apollo a Delfi, di Asclepio a Epidauro e di Zeus a Olimpia. «O ci dotiamo come Ballard e Mei Fisher, che ha recuperato gli ori del galeone Nuestra Seriora de Atocha, al largo della Florida, oppure saranno loro gli archeologi del XXI secolo», ammonisce Volpe e per questo - aggiunge Gianfrotta - si deve rivoluzionare la legislazione che limita i diritti degli Stati costieri alla fascia delle 24 miglia, «ideando un piano di salvaguardia non solo italiano, ma esteso a tutto il Mediterraneo. Agiamo subito ammonisce -, perché il nostro patrimonio è in pericolo». Distrutto, depredato, deportato. E' davvero la maledizione di Poseidone, che beffardamente continua a riprendersi ciò che regala: gli studiosi non hanno mai smesso di piangere i sei bellissimi scafi di Caligola che Mussolini strappò al Lago di Nemi. Rimasero esposti per pochi anni, poi nel 1944 si dissolsero nel rogo appiccato dalle truppe tedesche in fuga. Gabriele Beccaria «Gli Indiana Jones alla Ballard dispongono di mezzi miliardari per individuare i relitti più preziosi» «Non si censiscono i fondali e manca una legge che regoli le immersioni a scopo scientifico» «Si deve cambiare la legislazione che limita i diritti di scavo alla fascia delle 24 miglia» OTRANTO (Puglia} Cimitero di navi da trasporto romane, the facevano la spola con fa Grecia CAPO COLONNA (Calabria) Navi romane cariche di marmi ALBENOA (Liguria) Nave romana del I secolo a.C. carica di anfore vinarie OLBIA (Sardegna) Numerosi relitti, dall'età J ellenistica al tardo Medioevo BAIA (Campania) Punta Epitaffio ffó Navi romane _J > e resti del porto VINTOTI NE (Lazio! Anfore e statue, provenienti dalle residenze imperiali ;: MERAVIGLIE DEI FONDALI EGADI (Sicilia) Navi da guerra romane e puniche, affondate durante una battaglia navale OELA (Sicilia) Nave del VI secolo a.C. CANALE DI SICILIA 5 navi romane da trasporto di età imperiale Statua del dio Eolo La statua del dio Eolo, risalente al V-VI secolo a. C. e riportata alla luce dai pescatori di Mazara del Vallo