La battaglia del basilico

La battaglia del basilico I produttori liguri chiedono la Dop per battere i pirati del pesto La battaglia del basilico SE chiedete ad un genovese vi dirà di scegliere quello di Prà, ma il vostro mentore potrà essere contraddetto da un tifoso degli orti di Albenga. Su una cosa, comunque, in Liguria sono tutti d'accordo: se volte fare il pesto dovete usare basilico che respiri aria di mare, Mar Ligure, naturalmente. In momenti come questi, in cui l'agricoltura è sotto pressione, le «nicchie» diventano fortini e la battaglia del pesto, che si combatte sui campi di basilico, è in pieno svolgimento. Se la Liguria serra compatta le file attorno al suo prodotto agroalimentare più intemazionale non è una questione di campanile, ma di qualità e tradizione, oltreché, s'intende, di mercato. Un mercato che, secondo gli operatori, supera di molto i 70 miliardi che gli attribuiscono le cifre ufficiali, peraltro, pare, non troppo aggiornate. Un mercato comunque in forte espansione: Usa, Australia, America del Sud, ovunque un ligure ha navigato o è emigrato, sospirando con nostalgia le strofe di «Ma se ghe pensu», è arrivato il pesto. E oggi, al traino del Macie in Italy e della dieta mediterranea, questa salsa al basilico ha un posto sulle tavole dei migliori intenditori. Il problema è che proprio questo successo ha innescato una concorrenza massiccia ai produttori liguri e, di conseguenza, agli orticoltori che producono il famoso basilico. La soluzione? Una sola e invocata da tempo a gran voce: l'attribuzione della certificazione Dop da parte dell'Unione Europea. Un primo passo in questa direzione è stato fatto l'estate scorsa con l'attribuzio¬ ne al basilico ligure di un numero di codice europeo, che è un po' l'anticamera della Denominazione d'origine protetta, ma, secondo i produttori, pur soddisfatti, occorre completare il percorso al più presto. Sì, perché la precarietà innescata dalla concorrenza selvaggia crea molti problemi: «Il fatto di non avere a che fare con un prodotto protetto è causa di difficoltà di approvvigionamento», spiegano Mario Torre de Bottis ed Elisabetta Poggio, amministratori della Lasa, un'azienda che produce pesto lavorando esclusivamente sul «fresco». Il problema viene dai costi di riscaldamento delle serre, che, d'inverno, mandano alle stelle il prezzo del basilico: «Si passa dalle 5-6 mila lire il chilo delle quotazioni estive alle 40 mila d'inverno e tutto questo si riflette sul prezzo del pesto», spiegano alla Lasa. E allora molti orticoltori, d'inverno, interrompono la coltivazione per dedicarsi ad ortaggi meno sensibili al freddo: insomma occorre stabilizzare la produzione e la Dop è un passaggio chiave per riuscirci. «Invece - dice Torre de Bottis - oggi circola pesto fatto con basilico che viene da varie latitudini, dall'Argentina ad Israele, e capita anche che venga spacciato come prodotto ligure». Quindi c'è bisogno di chiarezza, soprattutto verso i consumatori: deve essere certificata, oltre la qualità, anche la salubrità sotto il profilo delle ricadute di pesticidi. «Finora, però - conclude Elisabetta Poggio - è mancata al volontà politica, basti pensare che i maggiori produttori di pesto non sono in Liguria». [v. cor.)

Persone citate: Elisabetta Poggio, Mario Torre, Torre De Bottis

Luoghi citati: Albenga, America Del Sud, Argentina, Australia, Israele, Liguria, Usa