«Per me resta lui il colpevole» di Flavia Amabile

«Per me resta lui il colpevole» LA RABBIA DEL PAPA' m CRISTINA «Per me resta lui il colpevole» «Un processo vergognoso, per coprire la verità» AVEZZANO DAL NOSTRO INVIATO E' in ospedale Giuseppe Capoccitti. Lavora come infermiere, e i turni non prevedono deroghe anche se in un'aula di tribunale si sta riscrivendo la storia del delitto di sua figlia, Cristina, uccisa a sei anni la sera del 23 agosto del 1990. Dopo tre gradi di giudizio la giustizia aveva condannato all'ergastolo Michele Perruzza per l'omicidio. Ma la giustizia non ha paura di fare marcia indietro: a quasi otto anni di distanza un pubbbco ministero sta mettendo in discussione tre sentenze e ponendo le basi per rimettere in libertà Michele Perruzza. Giuseppe Capoccitti non ci sta e non ha paura ad affermarlo. «E' stato un processo vergognoso, pilotato. Il pm è stato il sesto avvocato della difesa. E mancava del tutto la parte civile. Il tribunale ha sempre favorito Michele Perruzza e la moglie. Lo dico e me ne assumo la piena responsabilità, ha sempre fatto ciò che la difesa ha sostenuto e qualche volte è persino andato oltre». Quando? «Il presidente del tribunale ha fatto eseguire un falso sopralluogo il 23 agosto del '97 e per questo qualche giorno dopo sporsi anche denuncia». Che cosa intende per falso sopralluogo? «Un sopralluogo basato sulla parola di un assassino. Questo presidente non sapeva che la sera dell'omicidio Perruzza aveva addosso una camicia bianca con qualche disegno rosso. Gli ha chiesto come era vestito. Perruzza ha risposto: con una camicia rossa. Tanto è bastato per falsare il sopralluogo e per far concludere che a quell'ora a stento si distinguevano le sagome delle persone. Si vedeva molto bene inveceperché lui aveva addosso una camicia bianca e a quell'ora non è anco-Giusepp ra del tutto buio. D'altra parte, bastava osservare l'interrogatorio di Mauro per rendersi conto da quale parte stessero tutti. Doveva essere un confronto e invece si è finito per mettere sotto torchio l'unica persona che ha avuto il coraggio di parlare». Come mai secondo lei si è deciso di non far parlare Michele Perruzza? «Non lo so, ma vorrei tanto saperlo. E' così evidente che da un confronto effettivo tra padre, figlio e madre verrebbe fuori finalmente la verità che tutti sono d'accordo sulla necessità di farlo. Poi, quando si tratta di venire al dunque, per un motivo o per un altro si preferisce evitarlo». Chi preferisce evitarlo? «Michele Perruzza e la moglie. E il tribunale li appoggia in modo vergognoso. Ma è troppo facile non apparire colpevoli quando si è assenti, come la moglie, o quando a parlare è una schiera di legali, come Michele Perruzza. Ed è anche più facile confondersi, sbagliare, essere in difficoltà quando si è sottoposti a tre ore di interrogatorio su fatti accaduti tanto tempo fa e che la memoria tende a cancellare». Nel processo di Sulmona sono apparsi anche elementi obiettivi a discolpa di Michele Perruzza, come il Dna sugli slip macchiati di sangue. «Non vuol dire nulla. Innanzitutto non è un test attendibile. Parecchi periti hanno avuto da ridire su come è stato compiuto. Poi, anche negli Stati Uniti il test del Dna è solo una prova ulteriore, non quella principale. Non ci si può basare su quest'esame quando esistono prove schiaccianti contro Perruzza. Quell'uomo non ha alibi. Continua a dire sono innocente, ma senza mai spiegare in che modo. Ci sono i capelli di Cristina ritrovati sulla sua cannottiera. Ci sono le prime testimonianze della moglie, quel "Cristina è morta" urlato quando nessuno poteva ancora saperlo se non l'assassino. Tutto questo non può essere cancellato da un test del Dna». Lei accusa anche la moglie di Perruzza, sua sorella... «La accuso perché è la regista di tutto. Conosce la verità ma non ha mai avuto il coraggio di venire da me». Non vi siete mai più visti? «No. Tre giorni fa le ho anche inviato una lettera aperta, ma non ho ricevuto né una telefonata, né un qualsiasi cenno. Soltanto il silenzio. Quella donna conferma di essere cinica e calcolatrice, di non avere una coscienza. Fin dalla prima sera ci ha raccontato un sacco di bugie cercando di sviare le indagini». Tra il fratello e il marito ha scelto il marito? «Sì, anche perché penso che il marito la ricatti. Secondo me ha avuto un ruolo nell'occultamento e quindi il marito la tiene in pugno impedendole di accusarlo. Lei non lo accusa, ma non riesce nemmeno a reggere alcun confronto. A Sulmona non è mai venuta, giustificata da questo tribunale con motivazioni assurde. In realtà perché non è in grado di affrontare né il figlio né le telecamere». Dopo questo processo esiste un'eventualità: Michele Perruzza potrebbe tornare in libertà. «Non voglio nemmeno prenderla in considerazione». Flavia Amabile 66 Basterebbe un confronto a tre tra madre, padre e figlio per far saltarefuori finalmente la verità: ma nessuno lo vuole ■■ Giuseppe Capoccitti, il padre di Cristina

Luoghi citati: Avezzano, Cristina, Stati Uniti, Sulmona