La Madonna umiliata di Algeri

La Madonna umiliata di Algeri Immortalata da una foto come simbolo del dolore, ora vive spregiata in un basso maleodorante La Madonna umiliata di Algeri Tra le vittime del paese dell'odio ALGERI DAL NOSTRO INVIATO NEL '94, in un villaggio della regione di Tiaret, un contadino raccontò a un giornalista di Al Watan lo scivolare dei propri figli e di molti vicini di casa nella violenza del fanatismo islamico, e diede la sua spiegazione: «Due potenze si contendono il terreno e si disputano i miei figli, come due Stati sovrani: da una parte Houkoumet EHI e dall'altra Houkoumet En'har, da una parte lo Stato della Notte e dall'altra lo Stato del Giorno, senza tregua». Houkoumet EHI pretende di parlare in nome di Dio, offre in olocausto i presunti miscredenti pronunciando le sue teologiche fatwa, «e non si limita a decapitare gli infedeli ma taglia le gole, brucia le teste o le ficca in sacchi di plastica per abbandonarli - massimo insulto - all'ingresso delle scuole. Houkoumet En'har è lo Stato del Giorno, lo stato di normalità, ma di notte non puoi assolutamente contare su di lui, di notte la forza del Giorno è del tutto assente». La popolazione civile combatte da anni in Algeria, per far prevalere il Giorno sul regno della Notte. Resiste da sola, come durante la guerra d'indipendenza e in principio non ebbe neppure il potere pubblico al proprio fianco. Il potere pubblico negoziava sottobanco con i fanatici dell'Islam politico, nella speranza di conservare il potere e consegnava loro segmenti essenziali della Res Publica musulmana: le moschee, le scuole, la televisione di Stato. In principio fu la società a resistere, in completa solitudine. Combatteva ogni cittadino, contro il pensiero totalitario degli integralisti, a cominciare dalle donne che erano bersaglio principe della loro teologia anti-individualista. E ogni mossa vitale era una forma di resistenza. Era resistenza il modo di vestirsi delle ragazze e le feste per i matrimoni o i funerali, proibite dagli integralisti. Erano forme di resistenza la musica e l'arte, la difesa di una vita privata inviolabile dall'emiro locale e l'insegnamento ancora laico nelle scuole. Erano forme di resistenza le attività dei giornalisti, spesso censurati dal regime e sempre minacciati dal terrorismo (sono morti 70 giornalisti, per mano integralista). Erano simboli di resistenza le antenne paraboliche, che per il fanatismo algerino o iraniano sono arnesi satanici imposti dall'Occidente e che per anni son state oggetto di attentati. La paura ha cominciato a svanire proprio lì, sui tetti o sui terrazzini di Algeri e dei più minuscoli villaggi berberi, arabi: tutti affollati oggi da quei grandi dischi argentei, grazie ai quali gli algerini si sentono meno abbandonati nel mondo, fieri di combattere una loro seconda, singolare guerra di libertà, di indipendenza. Nella cittadina berbera di L'Arba Nath Irathen - ex Forte Napoleone - non lontano da Tizi Ouzu, un giovane mi racconta che le paraboliche si sono moltiplicate in concomitanza con i primi crimini: «Fu perché ci sentivamo soli - dice -. Fu per vedere cosa il mondo diceva di noi e delle violenza che pativamo». Ma l'atto più forte di resistenza è quello delle donne, che oggi celebrano un loro ennesimo 8 Marzo di disobbedienza all'integralismo e che hanno pagato assieme ai loro figli - nati o non nati - il prezzo più alto nei massacri. Non è solamente battaglia femminista: è battaglia in difesa dell'individuo, questo concetto che fatica a entrare nelle società musulmane. E' battaglia per la separazione tra religione e politica, tra diritti della vita privata e responsabilità della vita pubblica, tra fede e norme fossilizzate della teologia musulmana.' E' battaglia contro le complicità tra ex partito unico Fin e Islam politico, quale si rivela nel repressivo codice della famiglia adottato nell'84. La riforma dell'Islam che sta nascendo con forcipe sanguinoso in Algeria ha al proprio centro la questione della donna, il che vuol dire in queste terre: la questione dell'individuo responsabile, adulto, che può fare a meno di tutori politici, religiosi. Mi ha detto il Muftì di Marsiglia, Soheib Bencheik, che ho incontrato vicino a Algeri al congresso del partito laico di Said Sadi e di Khalida Messaoudi (RcdRaggruppamento per la Cultura e la Democrazia): «Sono i credenti che devono chiedere con estrema urgenza la laicità, perché la fusione tra religione e politica ha sempre danneggiato la fede, e avvantaggiato i politici. Sono le donne che devono riscoprire la sacralità del Corano, ma dopo aver desacralizzato le leggi sorpassate elaborate dai teologi nel XII secolo. Il velo stesso, che gli integralisti vogliono imporre, ha nei libri sacri un senso preciso: il suo fine è di proteggere la donna, ed è questo fine che bisogna salvaguardare, più del mezzo. Il mezzo non può più essere un ipocrita pezzo di stoffa. Oggi il velo che protegge la donna è la scuola, è l'istruzione». Questa resistenza della società civile ha rafforzato i modernizzatori del potere, i colonnelli repubblicani che da tempo erano in conflitto con l'immobilità spesso complice dei generali e sta provocando sommovimenti importanti nell'Islam ufficiale. Una prima svolta avvenne nel '95, quando Zeroual convocò le presidenziali e la società sfidò in massa gli integralisti che avevano promesso: ogni urna sarà un sepolcro. La seconda svolta avviene in questi giorni, sempre grazie alla società: è il regime che ammette per la prima volta di aver abusivamente torturato, imprigionato, nella lunga lotta al terrorismo. E' il potere che nomina un liberale, alla testa dell'Alto Consiglio Islamico incaricato di verificare la compatibilità fra leggi parlamentari e coraniche. Ex ministro, intellettuale, Abdelmadjid Meziane è la prima autorità del mondo musulmano che non solo denuncia la violenza degli integralisti come hanno già fatto lo sceicco Mohammed Tantaoui del- l'università di Al Azhar al Cairo, o lo sceicco Ali-elBouty dell'università di Damasco - ma parla esplicitamente di crimini contro l'umanità. Parte da lui l'idea di pronunciare una sentenza una fatwa - che consenta alle donne violentate dai terroristi di abortire. Iniziativa rivoluzionaria per i musulmani, che il Papa ha inspiegabil¬ mente mancato di prendere, nel caso delle cristiano bosniache stuprate dai serbi. «Una fatwa simile si rivela necessaria perché le circostanze sono eccezionali - mi dice Meziane -. Sono eccezionali perché ci troviamo di fronte a azioni che offendono la coscienza musulmana e la coscienza universale. Azioni cui occorre dare il nome di crimine - imprescrittibile contro l'umanità. La cosa tremenda è che tutto questo avviene in nome di Dio. Che in nome della religione si compiono gesti mai accaduti nell'Islam. Si sventrano donne, si tagliano a fette bambini, si gettano feti nei l'orni. Di questi eventi bisogna testimoniare, parlare, perché tutti sappiano: guardate come la religione può esser malmenata, in terra d'Islam o di altre grandi fedi religiose». Difficile essere europei, ascoltando Meziane. Difficile non provare vergogna, per la maniera in cui l'Internazionale Socialista o Sant'Egidio hanno chiesto infami dialoghi con l'integralismo musulmano, che Zeroual ha già tentato e che Meziane oggi condanna. La cosa più tremenda che possa capitare a un europeo sono le domande, che ti fanno in Algeria. Perché questa insistenza sul dialogo, quando lo rifiutate se i terroristi colpiscono uno di voi nei vostri Paesi. Perché volete disarmare i gruppi di autodifesa nei villaggi, che ci proteggono dal male. Perché avete aspettato gli americani, per aprire un poco gli occhi. Perché vi ostinate a parlare di colpo di Stato antidemocratico nel '91'92, quando gli islamici vinsero il primo turno e le legislative furono interrotte. Sono in tanti a ricordarmi come l'interruzione fu domandata da manifestazioni, da sindacalisti non solo affiliati al regime, da giornalisti indipendenti, da associazioni e partiti democratici. Solo il partito Ffs di Ait Ahmed parla ancora di democrazia violata, oggi. I più parlano di salvezza della nazione: salvezza di cui gli europei non furono capaci, nel '33 di fronte a Hitler. Difficile essere europei, di fronte all'immagine ormai famosa della Madonna di Benthala. 11 suo volto di dolore ci si accampa davanti, e non sopporta confusioni blasfeme tra repressioni del regime e crimini imprescrittibili. La Madonna elei massacro di Bombala vive oggi in un seminterrato maleodorante, a Ben Moussa. I vicini le gridano dietro: «Madonna!» - e non pensano alla Vergine ma a Madonna la cantante. Le ha portato male rappresentare il dolore, esporre il volto nudo a sguardi occidentali che non capiscono, e non sanno vedere il ritorno di Auschwitz nel crimine teologico. Le ha portato male aver perso non già otto figli, come narra la leggenda della France Presse, ma fratelli e nipoti. La France Presse vuol salvare la leggenda della Madre-Vergine e Madonna è doppiamente abbandonata: nessuno la soccorre, come se davvero avesse perso tutti i figli, Anche questa battaglia deve fare l'Algeria, oggi: contro le menzogne che ci inteneriscono di fronte a un'icona e che induriscono i cuori quando dall'icona si passa alla persona reale. La Madonna di Benthala è sulla nostra coscienza, e una parte dei ricchi premi andati alla foto potrebbe forse aiutare lei, e gli otto figli che apparentemente non ha ancora perduto. Barbara Spinelli (1-continua) Tutto serve per resistere: le feste la musica e l'arte Pure le paraboliche «un modo per sentirsi meno soli» Il regime per la prima volta mette un liberale alla testa dell'Alto consiglio islamico Tutti chiedono agli europei «Ma perché non volete capire?» «Perché vi ostinate a parlare di golpe quando fermarono il Fis?» m ilill, HI ìli Due immagini della tragedia delle donne algerine che piangono le vittime dei massacri fondamentalisti Sequestrate, sgozzate, costrette a portare il velo sono un bersaglio chiave per i killer di Allah