Bruxelles, cade il veto sul debito pubblico di Stefano Lepri

Bruxelles, cade il veto sul debito pubblico Bruxelles, cade il veto sul debito pubblico ROMA. Cade l'ultimo ostacolo sulla strada per l'euro. Nel «rapporto di convergenza» dell'Istituto monetario europeo di Francoforte, precursore della Banca centrale, quasi certamente mancherà quella che avrebbe potuto essere una condizione-capestro per l'Italia: il «60% in 10 anni». Si sarebbe trattato di portare il debito pubblico accumulato dall'attuale 121,6% del prodotto interno lordo al 60% in dieci anni; mentre il Tesoro prevede che, nella più rosea ipotesi, ci si possa arrivare in una dozzina. «Ma dove sta scritto, dieci anni?» avevano chiesto i rappresentanti italiani quando era giunta la prima bozza del rapporto dell'Ime. «Se ne è parlato al consiglio dell'Ime» era stata la risposta di Francoforte: cioè, nella riunione dei 15 governatori delle Banche centrali dell'Unione europea. A smentire questa tesi è servita la lettera inviata una decina di giorni fa dalla Banca d'Italia all'I¬ me: Antonio Fazio non era minimamente consenziente. Una protesta simile è giunta dal Belgio, Paese che ha un debito analogo a quello italiano e che per ridurlo ha preparato un «piano Maystadt» quasi uguale al nostro «piano Ciampi». Ma è stata soprattutto la commissione europea di Bruxelles a bocciare i dieci anni. «Il trattato di Maastricht non prevede nessun limite di tempo per la riduzione del debito» hanno confermato ieri all'agenzia Radiocor i collaboratori del commissario agli affari monetari, Yves-Thibault de Silguy. Il trattato parla di «sostenibilità» dei risultati raggiunti: ma per valutarla, si dice ancora a Bruxelles, «non esiste alcuna formula magica». In ogni caso la decisione sarà politica: «La presentazione della lista dei Paesi che hanno raggiunto un grado di convergenza durevole compete esclusivamente alla commissione europea, non all'Ime». Già nella visita a Roma venerdì scorso, de Silguy era parso piuttosto irritato della questione. Ora del rapporto Ime esiste una seconda bozza dove il riferimento al 60% in dieci anni è scomparso. O meglio, nel capitolo debito esiste un vuoto che dovrà essere riempito in una riunione martedì prossimo; con la forte probabilità che di dieci anni non si parli più. Secondo alcuni, si trattava di un gioco delle parti inevitabile, data la convinzione di Wim Duisenberg, presidente dell'Ime, che la «credibilità» della futura banca centrale debba essere costruita ex novo, dando un'immagine di grande durezza. L'Ime è andato fino al punto di farsi accusare di eccesso di zelo o di schematismo anche in Germania. La Deutsche Bank, maggiore dei tre grandi istituti di credito tedeschi, in un rapporto pubblicato ieri mette in rilievo che il concetto di «sostenibilità» è «nebuloso» e altamente di- screzionale; con il sottinteso che tentare di ancorarlo a cifre precise rischia di scatenare un vespaio. Per esempio, il debito sommerso del sistema previdenziale, non considerato nei parametri di Maastricht, è più ampio in Germania che in altri Paesi, Italia compresa. A ruota dell'Ime, sulla «convergenza» dei Paesi candidati all'euro si esprimerà anche la Bundesbank. Il governo italiano non ha chiesto a Bankitalia nulla di simile, ma lo ha ottenuto di fatto ieri. Il Bollettino semestrale della Banca d'Italia, si osserva al Tesoro, ritiene sostenibile nel tempo il risanamento italiano, respingendo anche alcune critiche giunte dall'estero: per esempio sulle una tantum. «Nella riduzione del deficit '97 rispetto al '96,4 punti sul pil - spiega Ù capo del Servizio studi della Banca d'Italia, Giancarlo Morcaldo - un punto su 4 è dovuto a misure temporanee. Nel '98 questa componente si riduce allo 0,3% del pil». Certo, una pecca c'è: «L'incidenza della spesa previdenziale dovrebbe crescere di circa mezzo pianto tra il 1997 e il 2010». Ma, sempre secondo Morcaldo, si tratta di un problema «di lungo periodo» che potrebbe essere risolto anche con tagli ad altre componenti della spesa corrente. Casomai l'incertezza sul '98, si dice in Banca d'Italia, è se si possa raggiungere un deficit inferiore al 2,8% dei piani ufficiali. Cautamente, si fa capire che non sarà impossibile un 2,6%, specie se la crescita sarà del 2,5% come ritiene il Tesoro. «Non ci sarà nessuna manovra aggiuntiva - conferma Prodi dal Brasile - pur se non si può abbassare la guardia a causa del debito». Sembra che tutt'al più saranno prese misure amministrative per rinviare alcune spese. Stefano Lepri

Persone citate: Antonio Fazio, Ciampi, Giancarlo Morcaldo, Maystadt, Morcaldo, Thibault, Wim Duisenberg