«Non potrei vivere»

«Non potrei vivere» «Non potrei vivere» Il papà in tribunale «Assurde quelle accuse» FOGGIA. «Se avessi ammazzato mia figlia mi sarei impiccato»: Rocco, o Rudzia secondo i documenti, o Ambron e Gagà, stando ai vari nomi che volta per volta si è inventato, cosi ha risposto al gip del tribunale di Perugia che lo ha interrogato il 9 dicembre scorso, qualche giorno dopo che da Foggia gli era giunta l'ordinanza di custodia cautelare per l'omicidio della figlia. Ma ha poco da difendersi quell'uomo scuro, massiccio, con lo sguardo sempre sfuggente. Ad accusarlo, oltre ai figli Boris e Yasmina, c'è anche una donna, un'italiana. Rocco la conobbe a San Severo, quando si fermò con la roulotte e i tre bambini al seguito nelle campagne circostanti il paese. Rimasero lì, facendo accattonaggio, per alcuni mesi: «L'ho frequentato per quattro mesi ha detto la donna agli investigatori - e ricordo la violenza inaudita con cui picchiava i bambini». La più tartassata era proprio Idranka: minuta, con un grande casco di capelli e un visetto simpatico: «La afferrava per le ciocche - ha detto la donna - e poi la sbatteva per terra. Ai maschi spegneva la cicche di sigarette addosso. Una volta mi hanno anche detto che, quando la mamma era viva, non voleva che parlassero con lei». La donna, originaria di Apricena, dal rapporto con il trentenne slavo era rimasta incinta: «Quando lo seppe ha raccontato fra le lacrime - mi ha legata con una corda stretta alle mani e ai piedi, poi mi ha picchiata e mentre mi schiaffeggiava, urlava: "Questo figlio te lo faccio uscire dalla bocca!"». 11 racconto delle atrocità di cui sarebbe capace l'uomo rinchiuso in carcere si arricchisce di altri particolari: la convivente ha anche raccontato che l'uomo era spesso ubriaco e che se la prendeva con lei, come aveva fatto prima con la moglie, colpendola con bottiglie di vetro e bastoni in testa. Contro queste accuse si è mossa l'Opera nomadi, che con un lungo comunicato, intitolato significativamente «Fantascienza zingara a Foggia», ha rigettato quelli che vengono considerati come tentativi di «crimmalizzare la comunità di rom macedoni» e respinge «la favola dello zingaro cannibale». «Le solerti magistrate foggiane, Mancini e Capuozzo - ha detto Massimo Converso, segretario nazionale dell'Associazione - non hanno minimamente valutato che la bambina da loro portata all'incidente probatorio fosse eh madre lingua "Romani", per cui era indispensabile un mediatore linguistico appartenente alla stessa etnia. Di fronte a questo gravissimo abuso nei confronti del popolo Rom, l'Opera nomadi interporrà immediato ricorso, chiedendo la convocazione del mediatore Rom, Mirko Goman (regolarmente riconosciuto dal ministero di Grazia e Giustizia) per ristabilire la verità dei fatti. Nel frattempo - ha aggiunto - va detto che nella comunità di Foggia in questi anni è stato avviato un intenso programma di scolarizzazione dei bambini e di assistenza medica, in piena collaborazione fra scuole, usi, Opera nomadi e Comune di Foggia». L'Opera nomadi in campo contro «la favola» del mangiatore di bambini «Un tentativo di criminalizzarci» Anna Langone L'Opera nomadi in campo contro «la favola» del mangiatore di bambini «Un tentativo di criminalizzarci»

Persone citate: Anna Langone, Capuozzo, Mancini, Massimo Converso, Mirko Goman, Yasmina

Luoghi citati: Apricena, Comune Di Foggia, Foggia, Perugia, Rudzia, San Severo