«Quanto sei brutta Roma» di Paolo Guzzanti

«Quanto sei brutta Roma» Nel film «Simpatici e antipatici» Funari recita Previti «Quanto sei brutta Roma» NULLA che aiuti a vedere, e anche a odiare, la città-ricotta di Pasolini. ( jò che il film mette in mostra è dunque una galleria di luoghi comuni e personaggi scontati. Quanto a Christian De Sica, è sempre incerto si rifare il verso a suo padre, con la sua elegante svagatezza da impunito, o all'Alberto Sordi in bianco e nero ( he finge di sapere il francese. Ma il pezzo forte della volgare polpetta romanesca è un Gianfranco Funari che presta le sue credibili sembianze a Cesare Previti, illustrato come un boss da circolo canottieri satrapo del pessimo gusto, un ovvio malavitoso che finisce in galera. Il film ha comunque questa innegabile qualità: di riproporre la questione romana nei termini inversi rispetto a quelli risorgimentali. Roma non più come agognata capitale, ma come container di rifiuti da abbandonare. 11 punto però è: esiste davvero una Roma tanto bieca, ignorante, sadica, grottesca, reazionaria, volgare e violenta? Risposta di un romano quale io sono: sì, quella Roma esiste. Soltanto a Roma alligna una classe equestre che dà il tono e il lustro a una genìa di persone terribili e potenti anche nella loro volgarità, clic è fatta di sfrontatezza e non di ignoranza delle buone maniere. Questo genere di uomini e donne, detti nel loro insieme «il generone romano», non hanno nulla, ma proprio nulla a che vedere con i personaggi del film, che rifa semmai il verso a certi nuovi ricchi da circoIo canottieri (e il film si muove tutto sul setring di uno di questi circoli, che funziona come il Grand Hotel della narrazione futile, gente che va, gente che viene), o a un proletariato di subalterni e di camerieri che come viene banalmente narrato - si spacciano per il padrone e seducono la top model americana. Quanto al generone autentico, salvo Federico Fellini con la Dolce Vita, nessuno è stato in grado di nominarlo e riprodurlo perché la sua natura grandiosa e piccina, materialista e ipercattolica, superstiziosa e danarosa, richiederebbe o la penna del Belli, o del Porta, o la mano del Goya dei «caprichos». Qui invece siamo da Cencio alla Parolaccia, locale abbondantemente citato, dove le mezze calze in vena di trasgressione pagano per sentirsi dare del frocio e le loro signore delle mignotte. La Roma e i romani di questo cinema sono piccole maschere e collaudati cliché: dalla mantenuta ricattrice (a chi si allude, se quell'altro è un falso Previti?) al chirurgo canaglia, dal palazzinaro cinico all'amante di scherzi crudeli. Insomma, tutto il territorio già arato dal genere «Amici miei»). Quanto al Previti alluso da Funari, è di cartapesta: mussolineggia e chissà perché conclude le sue frasi con uno stentoreo «firmato Badoglio». Ma, come si dice, funziona. Funziona tutto perché questa mediocrità periferica prodotta a tavolino (la realtà è grandiosamente peggiore) corrisponde non già al vero, ma a ciò che un pubblico addestrato chiede di sentirsi dire: che il romanismo è un trionfo di allusioni triviali, un porcaio di piccola gente senza storia e senza identità. Il generone, quello vero, non è sfiorato da questa riesumazione della commedia all'italiana saccheggiata dagli Anni Cinquanta. Il generone infatti non usa il turpiloquio, ma lo aborre. Non si esibisce, ma si chiude in recinti invalicabili. Il generone è gelido, compera le medicine soltanto alla farmacopea vaticana, parla un suo francese testardo e fuori moda, abita case lugubri e bugnate, fa e disfa matrimoni e capitali, si comporta come una aristocrazia nera, benché sia in prevalenza borghese. Un membro del generone non smania per diventare presidente del circolo canottieri. Un tratto felice del film, tuttavia, è rappresentato dalla scelta delle tre figlie del protagonista: obese, pigre, pelose, di collo corto come la mente, illustrano al meglio le fanciulle che a Roma sono chiamate «panzonette»: creature ipernutrite e destinate alla riproduzione di bortegari di periferia. E costituiscono l'unico documento autentico di un mondo romano mai estinto. Paolo Guzzanti Una galleria di luoghi comuni e personaggi scontati ispirati alla volgarità del «generone» De Sica e Funari (foto) sono i protagonisti di «Simpatici e antipatici»

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