An, la cultura che non cambia

An, la cultura che non cambia An, la cultura che non cambia E' ancora lontana la «svolta liberale» ASPETTANDO VERONA PROMA RIMA di tutto l'ostilità al vituperato «pensiero unico» liberista, al superdominio del mercato e all'asserita onnipotenza della finanza. Poi sentitissimi e ripetuti omaggi a Ernst Jùnger, paginom sull'opera di uno scrittore sulfureo come Louis-Ferdinand Celine, dissertazioni sull'attualità di Martin Heidegger, curiosità su D'Annunzio, investigazioni sui «creativi Anni Trenta». Dicono che Fini avesse intenzione di celebrare a Verona, da venerdì 27 febbraio a domenica 1° marzo, una radicale «svolta thatcheriana», addirittura una rivoluzione liberale. Ma se si prende la collezione del Secolo d'Italia e si decide di sottoporre le pagine culturali del quotidino di An a una minuziosa analisi del sangue, sarà facile scoprire che in uno dei luoghi dove più è curata, coltivata e custodita l'identità culturale profonda del partito di Fini, la cultura liberale non è propriamente di casa e che di «svolte», nel lessico e nella bibliografia di chi distilla l'essenza ideologica di Allenza nazionale, non è decisamente il caso di parlare. Meglio così: la cultura non è riducibile alla politica e un'identità politica che cambia non deve necessariamente implicare la sconfessione di libri amati e autori frequentati. Peggio così: perché se Alleanza nazionale ha un bisogno vitale di scrollarsi di dosso un'immagine di partito ancora psicologicamente avvinto al passato, nulla più della sua vetrina culturale, quella che si esibisce nella pagina «Idee e immagini» del Secolo d'Italia, consente ai suoi avversari di dire che nel passaporto culturale del partito di Fini la parola «liberale» non è scritta da nessuna parte e che anzi ciò che sul terreno politico tende ad essere smorzato e attenuato, su quello culturale risulta più spiccato ed evidente. Senza contare che il direttore del Secolo d'Italia. Gennaro Malgieri, è un politico-intellettuale che cura con attenzione particolare le «sue» pagine culturali. In passato Malgieri ha frequentato il mondo ereticale della «Nuova Destra» ed è stato lui a convincere Fini a includere il nome di Antonio Gramsci tra i padri nobili di Alleanza nazionale nel grande lavacro di Fiuggi. Oggi Malgieri dirige anche una nuova rivista della cultura di destra, Percorsi, e dunque ciò che viene pubblicato nelle pagine del Secolo è tutt'altro che casuale e privo di significato. Dunque, analisi del sangue culturale di An attraverso la vetrina di «Idee e immagini» del Secolo di gennaio e febbraio alla vigilia di Verona. Risulta anche a una superficiale indagine un'attenzione spiccata al mondo cattolico e in particolare al mondo del conservatorismo cattolico, comprese le sue componenti più tradizionaliste e ostili al mondo moderno. Ecco una lunga ed entusiastica recensione al libro di un campione del tradizionalismo cattolico come Piero Vassallo in cui si sferza il «pensiero nichilistico» che insidia la modernità. E poi un'apologia dei «santi nazional-popolari» vessilliferi di un «sentimento religioso come forma rivoluzionaria». Grande risalto al «nuovo numero di Cristianità, organo ufficiale di Alleanza Cattolica» incentrato sul tema del «conser- vatorismo tradizionalista». Un accenno all'ultimo libro di Sebastiano Vassalli per parlare della «religione come mio dei più potenti moventi dell'agire umano». E poi un titolo squillante, «Attacco alla cristianità», per parlare della guerra civile spagnola come manifestazione di un «odio» mai visto «per la religione e per i suoi uomini». Infine un pensatore cattolico-liberale, Antonio Rosmini, di cui però viene totalmente espunta la parte liberale per concentrarsi esclusivamente sul «filosofo cattolico» (e pensare che il volume in questione compare in una collana dell'editore Rubbet¬ tino sui «Grandi liberali» curata da un liberale come Dario Antiseri). Notevole spazio nella pagina degli spettacoli per annunciare, per il prossimo Festival di Pasqua, «un inno alla cristianità». Poi c'è il fascismo, punto dolente. Ridotta al minimo la componente più scopertamente nostalgico-apologetica. Giusto un accemio al «ritrovamento della giacca di Mussolini»: «Ricordate la giacca del Duce, quella grigia coi galloni rossi da squadrista e il grado di primo caporale d'onore della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale che il capo del fascismo indossava più spesso delle altre divise?». E poi uno sconsiderato paragone in una recensione del sindaco di Latina, Ajmone Finestra, dove viene detto che con la bonifica delle paludi pontine il Duce è riuscito dove sono falliti i «vani tentativi di Appio Claudio Cieco, di Augusto, Nerone, Domiziano, Nerva, Traiano, Bonifacio VIII, Leone X, Sisto V, Pio VI, Napoleone, Pio VII, Pio IX». Per il resto viene ribadita un'attenzione costante a temi e personaggi della cultura fascista, possibilmente dimenticati e messi ai margini dallo stesso fascismo. Ecco allora il piacere per una mostra in cui vengano messi in luca i «creativi Anni Trenta», di Sironi e Carrà. La rabbia per un'antologia della letteratura italiana in cui al «Politecnico» di Vittorini viene dato più spazio che all'«Universale» del fascista eretico Berto Ricci e a «Primato» di Bottai (dove si formarono i giovani intellettuali fascisti che nel dopoguerra passarono con il pei). I iipetuti omaggi al «selvaggio» Mino Maccari. La rivalutazione della «riforma Gentile» della scuola contrapposta a quella di Luigi Berlinguer. Il grande rilievo dato a «un inedito di Curzio Malaparte» in cui veniva riscoperto il «valore del sacri¬ ficio per il Paese». Passione immutata per i grandi della cultura di destra. Pagine di lutto per la morte di Jùnger, «poeta e guerriero, nazionalbolscevico tra i nazionalsocialisti, scienziato tra i narratori, esteta tra i politici, aristocratico tra i populisti». Inviti alla lettura di Martin Heidegger e della «rivoluzione conservatrice». Omaggio a Domenico Fisichella perché con il suo ultimo libro, Le ragioni del torto, ha permesso una «rivisitazione del pensiero conservatore e controrivoluzionario» a cominciare da quello di De Maistre. Riferimenti commossi al Poeta-Vate: «Torna a nuova vita il Vittoriale di D'Annunzio». Spazio alle biografie di Celine. Una copertina dedicata a Isaiah Berlin, liberale doc, ma soprattutto autore di un saggio su Hamann, anti-illuminista e caratterizzato da una forma di «empirismo reazionario». Naturalmente non viene tralasciata una forte impronta polemica nella ricostruzione storica dell'Italia del Novecento. Spicca il tentativo di «smantellare il mito di Ferruccio Parri» e viene dato grande rilievo alla pubblicazione di un carteggio tra Ernesto Rossi e Riccardo Bauer. Forse per una rivisitazione di «Giustizia e Libertà»? No, per capire come i due grandi si fossero accorti «fin dai primi momenti di vita della Repubblica, della tendenza alla disonestà nella pubblica amministrazione». Sintomo di una memoria non riconciliata con la storia della democrazia repubblicana. Anche se appare evidente la grande simpatia per le tesi del Governatore Antonio Fazio, fautore di un «mercato etico». Già, perché liberiste le pagme culturali del Secolo non vogliono diventarlo. Magari esaltando la «critica radicale all'utilitarismo» dei francesi Alain Caillé e Serge Latouche (che tra l'altro piacciono moltissimo a quel che resta della sinistra anticapitalistica). Oppure scaghandosi contro il «pensiero unico» della famigerata «globalizzazione» e contro «l'impero della Borsa» e la «sudditanza ai diktat delle Banche centrali» dimostrata dai governi europei. Le pagine culturali del Secolo d'Italia non fanno la «svolta thatcheriana». Una ragione di più per non attendersi a Verona folgoranti conversioni liberiste di una Destra che non vuole recidere i legami con la sua cultura più profonda. Per le svolte traumatiche, le è sufficiente il ricordo di Fiuggi. Pierluigi Battista Sul «Secolo d'Italia» trionfa il pensiero tradizionale della destra: dal «Vate» ad Heidegger, da Celine a Maccari Esaltazione di Jùnger «aristocratico fra populisti» E per la scuola nostalgia della «riforma Gentile» A sinistra: Gennaro Malgieri direttore del «Secolo d'Italia» Sopra: Ernst Jùnger «poeta e guerriero» Nella foto grande: Gianfranco Fini Sopra (dall'alto): Martin Heidegger e Louis-Ferdinand Celine Sopra: il pensatore cattolico-liberale Antonio Rosmini A sinistra: Gabriele D'Annunzio il «Poeta Vate»