D'Alema: il pm ha sbagliato ma il processo è un errore di Giovanni Bianconi

D'Alema: il pm ha sbagliato ma il processo è un errore D'Alema: il pm ha sbagliato ma il processo è un errore LA QUERCIA E LE TOGHE ROMA. Dunque l'azione disciplinare del ministro della Giustizia contro Gherardo Colombo è arrivata, puntuale ma non gradita a tutti, nemmeno tra i critici del pm di Mani pulite. A cominciare da Massimo D'Alema, il quale giudica «pericolose e profondamente sbagliate» le tesi del magistrato milanese, «tipiche dell'estremismo di sinistra», e però non vede di buon occhio l'iniziativa del ministro Flick. Il segretario del pds e presidente della Bicamerale - l'obiettivo che molti hanno intravisto fra le righe dell'intervista di Colombo al Corriere - spiega dalle colonne dell'Unità che prese di posizione come quelle del pm milanese finiscono per coincidere con quelle qua'unquiste e conservatrici di certa destra. «Non è un caso - conclude che la Bicamerale sia attaccata da Cossiga e da Colombo». Fin qui le esternazioni ufficiali del leader pidiessino, ma dal palazzo delle Botteghe Oscure filtra anche l'opinione di D'Alema contraria all'azione disciplinare. Secondo il segretario della Quercia, infatti, un conto sono le violazioni di segreti istruttori o le dichiarazioni dei magistrati su procedimenti in corso, per i quali l'inchiesta amministrativa e il «processo» davanti al Csm sarebbero del tutto legittimi e necessari; un altro, invece, sono le espressioni di opinioni politiche, criticabili quanto si vuole ma pur sempre opinioni. E questo sarebbe 0 caso di Colombo. Ma per Flick, l'azione disciplinare nei confronti del pm milanese è stata quasi un fatto automatico. Ci ha pensato nella giornata di domenica, e ieri ha messo nero su bianco il capo d'incolpazione. Una telefonata al vice-presidente del Csm Grosso ha preannunciato l'avvio della pratica, e a metà pomeriggio la notizia è stata diffusa alle agenzie di stampa. Poco più di ventiquattr'ore per arrivare a una decisione che appariva scontata, viste le regole che lo stesso Flick si è dato un anno e mezzo fa sulle violazioni deontologiche da perseguire. Fra queste ci sono le dichiarazioni «idonee a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste», come quelle di governo e Parlamento che Flick ha visto messe in pericolo dalle parole di Colombo. Lui le ha giudicate «gravi e ^ammissibili», i presidenti di Camera e Senato «devastanti». Di qui l'azione disciplinare, che evidentemente è condivisa dall'intero esecutivo se il vice-presidente del Consiglio Veltroni, ieri mattina, ha dichiarato: «Sul punto si è già espresso, a nome del governo, il ministro Flick». Tutt'altra reazione da quella che si raccoglie dentro il maggior partito che sostiene il governo, dove è forte il timore che spostando la questione dal merito delle opinioni di Colombo al suo diritto di esprimerle o meno, l'iniziativa di Flick si trasformi in un boomerang. Pietro Folena, responsabile della Quercia per le questioni della giustizia, ribadisce soltanto che le tesi del pm di Mani Pulite «hanno inferto un grave danno politico, che non è riparabile». Sull'azione disciplinare non fa commenti, ma a Botteghe oscure si ricorda che in passato sono state tollerate prese di posizione di magistrati ben più gravi, e dunque non si capisce perché prendersela, adesso, con Colombo. Folena, e con lui il capogruppo della Sinistra democratica al Senato Cesare Salvi, hanno messo da parte anche l'idea - prospettata domenica - di un procedimento penale per calunnia da promuovere contro il magistrato milanese, proprio per non avvelenare ulteriormente il clima che s'è creato tra la sinistra di governo e 0 pool di Mani Pulite. Del resto i timori dell'effetto boomerang vengono confermati dalle prime reazioni di Colombo e dei suoi colleghi all'azione disciplinare. «Sono disposto a farmi cacciare dalla magistratrura purché le mie opinioni vengano rispettate», dice l'interessato. Ilda Boccassini s'è di fatto autodenunciata al ministro, e Borrelli saluta con favore «l'occasione per affrontare finahnente il problema dei limiti, per un magistra¬ to, di esprimere le proprie opinioni, quel diritto di parola e di pensiero sancito dalla Costituzione». E' lo stesso tema proposto da Giovanni Fiandaca, componente del Csm voluto dal pds, il quale da un lato dice che Colombo, «se prendesse sul serio quello che sostiene», dovrebbe abbandonare la toga, ma dall'altro avverte: «Il discorso sui limiti della libertà di pensiero del magistrato va oggi approfondito». Dentro la maggioranza di governo l'iniziativa di Flick non piace nemmeno ai Verdi, che con Manccni, Dalla Chiesa e Cento considerano l'azione disciplinare «grave, pericolosa e controproducente». Un giudizio che sembra condiviso anche da altri esponenti della «sinistra giudiziaria»; Elena Paciotti, presidente dell'Anni ed esponente di Magistratura democratica, è tra i maggiori critici di Colombo, ma fin dall'inizio di questa querelle ha precisato: «Si tratta della legittima opinione di un cittadino, non credo ci siano gli estremi per un'azione disciplinare». Giovanni Bianconi Il presidente della Bicamerale Massimo D'Alema

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